Allargamenti della Parola /2

di:

neripr

Il battesimo dell’eunuco etiope (At 8, 26-40) è un racconto di soglia: tra Israele e le genti, tra la Samaria e la Giudea, tra ciò che nasce dall’originaria comunità di Gerusalemme e la svolta paolina. La Parola non sta ferma, non si lascia ancorare a un luogo o un gruppo, ma corre veloce anticipando le strategie di una comunità che nasce al plurale.

I discepoli e le discepole corrono dietro questa Parola che li spiazza e li precede, proprio come Filippo corre dietro al carro del funzionario di Candace. Mosso prima da un angelo e poi dallo Spirito: indice che gli ampliamenti della Parola e dei suoi destinatari sono voluti da Dio stesso.

Se questo funzionario senza nome, di lui sappiamo solo il ruolo e la condizione fisica, è molto probabilmente un proselito, non per niente si reca a Gerusalemme per il culto, appartiene a un popolo che non è Israele. Appunto, una soglia – un “tra” poroso che la Parola, nella sua corsa, attraverserà ben presto.

Sia ruolo che condizione sono aspetti importanti nella narrazione di Luca, più importanti del nome stesso. L’eunuco, appunto, è un funzionario prestigioso nel suo popolo: ne amministra i tesori, è responsabile del suo benessere e del suo futuro. Fa parte dell’élite, si potrebbe dire. Ed accoglie la Parola, si fa battezzare, entra nella comunità dei credenti: e così conferma e onora la Parola e la comunità in ragione del suo ruolo.

E come membro a pieno titolo della comunità discepolare continua, verso il termine della narrazione, il suo viaggio che lo riconduce verso casa. E porta con sé la Parola, che si affida a un destino anonimo di cui, noi lettori di Atti, non sappiamo più nulla.

Con lui, la Parola si allontana, si sottrae, demolendo ogni illusione di poterla controllare, di esserne in un qualche modo i padroni che possono disporre su di essa. Sappiamo però che la custodisce con ciò che Dio desidera per essa: la gioia.

Per la seconda volta, dopo la città della Samaria, la gioia è l’indice, meglio l’atmosfera, che circonda la Parola accolta, l’ingresso nella comunità delle discepole e dei discepoli del Signore. Una Parola che si fa portare verso terre lontane senza avere bisogno di essere accompagnata da un ruolo specifico nella comunità dei credenti: basta il battesimo perché la Parola dica dei suoi allargamenti avvenuti. Basta il battesimo per portarla con gioia nell’ignoto dei destini umani.

Ma, appunto, di un eunuco si tratta: una condizione fisica che non consentiva una piena appartenenza all’assemblea del popolo di Israele. In un qualche modo, uno messo ai margini della comunità – segnato nel corpo da uno stigma indelebile.

Gli allargamenti della Parola non sono solo geografici, quindi, ma anche esistenziali potremmo dire. Guardano ai margini della stessa comunità religiosa, e li raggiungono senza timore abitandoli con quella stessa gioia che essa genera nei cuori. Come accadde ai due di Emmaus – scena che risuona in questo passo di Atti.

Dopo l’introduzione al senso delle Scritture da parte di Filippo (cf. At 8, 35), esattamente come fa l’ignoto viandante sulla strada che scende verso Emmaus, l’eunuco comprende che la Parola/Gesù genera una comunità senza margini e senza emarginati: “cosa impedisce che io sia battezzato?” (At 8, 36). Nulla.

Ciò che prima lo poneva ai margini della comunità religiosa, impedendogli una piena appartenenza, non ha più alcun valore discriminatorio. Nessuno escluso: questa è la legge della Parola evangelica di Dio. E nell’acqua che benedice questo ingresso nel discepolato, scende anche Filippo – quasi a sigillare il sacramento della fraternità cristiana: non sarai mai solo, ovunque tu andrai sarai insieme alla moltitudine dei fratelli e delle sorelle nella fede. E noi non ti abbandoneremo mai, cammineremo con te sulle strade a noi sconosciute della tua città e del tuo popolo.

La sottrazione di Filippo, per opera dello Spirito, non è abbandono dell’eunuco a se stesso, ma inizio del suo cammino di portatore della Parola verso orizzonti ignoti, verso l’inatteso e l’inedito.

Perché è proprio qui che la Parola vuole andare, è qui che prende dimora per poi levarsi di nuovo verso altrove. Di allargamento in allargamento: fino a noi, oltre ogni condizione e stato.

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