Allargamenti della Parola /4

di:

neripr

Quando Luca mette mano alla stesura di Atti, l’esistenza di comunità composte da gentili nate dalla predicazione itinerante di Paolo è un dato di fatto con cui la sua narrazione della Chiesa nascente deve confrontarsi.

Non si tratta tanto di istruire la legittimità di queste Chiese delle genti, quanto piuttosto di raccordarne l’esistenza con quel principio generativo della comunità messianica del Risorto che Luca colloca a Gerusalemme.

Ebrei e gentili: il comune nella Chiesa nascente

Si tratta, quindi, di individuare narrativamente il comune a forme di discepolato di Gesù, riconosciuto come il Messia atteso da Israele, tra comunità che stanno dentro e fuori la discendenza ebraica della fede. Infatti, il mandato affidato alla prima comunità apostolica, quello di testimoniare “fino ai confini della terra” (At 1,8), sembra eccedere già da sé la possibilità di corrispondervi con una comunità basata unicamente su un criterio etnico-religioso.

A questo problema delle origini, dopo aver introdotto la vocazione di Paolo al riconoscimento messianico di Gesù, Luca dedica i capitoli che portano Pietro, portavoce e figura rappresentativa della comunità di Gerusalemme, da quest’ultima a Cesarea – passando per Lidda e poi Giaffa (At 9,32-42) – per l’incontro con Cornelio: “centurione della coorte detta Italica. Religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia” (At 10,2).

Il movimento che allontana Pietro dalla sua comunità originaria è anche quello che, nell’intenzione di Luca, apre le porte all’allargamento decisivo dei destinatari della Parola e, al tempo stesso, cuce la trama di ciò che accomuna il nucleo comunitario di Gerusalemme con la dispersione paolina delle prime comunità cristiane dalle nazioni.

Il disturbatore

Già la prima inserzione dell’attività di Paolo nei territori abituali per il ministero della comunità di Gerusalemme crea delle tensioni e ne disturba l’accomodamento che essa sembrava avere trovato all’interno del giudaismo della città (cf. At 9, 26-30). Pur del tutto coerente a quel ministero, che rimarrà uno dei tratti tipici del Paolo lucano, è come se il suo essere destinato “alle nazioni” scompigli l’equilibrio di una Chiesa nascente che si pensava destinata a rimanere dentro un orizzonte familiare e ben circoscritto.

Non senza ironia, Luca fa notare che l’allontanamento strategico di Paolo da Gerusalemme consegna la Chiesa a una condizione di “pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria” (At 9,31). Se la pace è certo un dono messianico del Risorto, risuona qui una sua declinazione che si approssima più a quella di una condizione di tranquillità: senza Paolo, e senza la sua destinazione ai gentili, si vive senza problemi e la Chiesa nascente può acquietarsi in uno stato di comodità.

Da questo stato essa viene però fatta uscire per mano dello stesso Pietro, messosi per strada a compiere quella che potremmo chiamare una visita apostolica alle comunità della regione (cf. At 9,31-42). È in questa regione che Pietro, e con lui la comunità di Gerusalemme, vengono strappati dalla comodità di aver trovato un modo di accomodarsi in quegli spazi e in quelle relazione senza troppi disturbi.

Pietro e la Chiesa in uscita

Il capitolo 10 di Atti è la narrazione di come la Parola e la sua destinazione impediscano alla Chiesa di pensare la tranquillità e l’accomodamento religioso-culturale come paradigmi che la definiscano nella sua missione. La doppia visione, che inizia a istruire le coordinate dell’incontro fra Pietro e Cornelio, è lo strumento letterario mediante il quale Luca costruisce ciò che accomuna la destinazione alle nazioni di Paolo con l’autorevolezza originaria della comunità di Gerusalemme. Non senza che questo nesso generi poi tensioni e conflitti all’interno di quest’ultima, per la cui soluzione Pietro dovrà spendere il meglio delle sue abilità e del rilievo del suo ruolo in essa (cf. At 11,1-18).

Uscire dalla comodità di un quadro abituale e di una condizione assodata non è stato facile fin dal principio – e, quindi, non dovrebbe sorprenderci più di tanto che anche oggi sia impresa impegnativa, davanti alla quale le resistenze hanno le loro buone e sacrosante ragioni da addurre.

Ma resistere agli allargamenti della Parola, opporsi alla sorpresa di suoi destinatari che avremmo pensato essere per sempre quelli di fuori, significa cercare ragioni religiose e devote per contrastare l’incontrollabilità dei movimenti dello Spirito e opporsi al riconoscimento dell’azione di Dio nei vissuti umani fino alle frontiere del mondo.

Se Cornelio, il gentile del mondo esteriore, non esita un momento davanti all’esperienza spirituale iscritta nella visione di cui fa esperienza (cf. At 10,1-8), Pietro oppone una resistenza decisa in nome di uno zelo religioso a protezione della tradizione e di ciò che si è sempre fatto (cf. At 10,9-20). Non sia mai che la destinazione della Parola si contamini con ciò che è profano, impuro, esteriore – ossia, sacralità, purezza e comunità chiusa in se stessa sono gli unici degni di riceverla. Detta altrimenti: certo noi, sicuramente non gli altri. La tentazione di sempre della Chiesa, di catturare la dignità della Parola nello spazio del nostro riconoscimento – senza lasciare alcun pertugio affinché essa possa andare anche altrove.

Ed è proprio il presentarsi alla sua porta della non esitazione di Cornelio che schioda Pietro dal voler murare la Parola nel recinto sicuro di una comunità cristiana sufficiente a se stessa (cf. At 10,21-23). Schiodato, ma ancora dubbioso; e, soprattutto, senza aver ancora bene afferrato il senso e il contenuto della visione a cui aveva opposto ogni resistenza possibile.

È la sollecitudine e la sollecitazione di quelli di fuori, dei pagani e gentili di ogni tempo, che permette alla Chiesa di andare là dove la Parola già è: imparando, così, che essa non può mai disporre sulle movenze, gli allargamenti, gli scarti sorprendenti che quella Parola non cessa mai di mettere in atto. L’unica possibilità ecclesiale di una giusta custodia della Parola evangelica è quella di correrle dietro nel suo essere già fuori, tra le genti e le nazioni, tra quelli che non sono dei nostri.

L’immagine di una Chiesa in uscita non è un’improvvisa invenzione di papa Francesco, ma una matrice originaria scritta a lettere di fuoco nel testo sacro della fede cristiana. L’adeguamento mondano non è il correre dietro alla Parola nelle sue divagazioni nel mondo esteriore, ma il pensare di averla tutta per sé una volta per tutte.

Almeno questo Pietro deve averlo capito se, un po’ controvoglia e non ancora pienamente convinto, si mette in movimento da Giaffa a Cesarea. Con la sua partenza, Pietro porta con sé una Chiesa che avrebbe preferito non uscire mai da se stessa – e non lo fa tanto per obbedienza, ma perché costretto da un annuncio che lo raggiunge da fuori, da un gentile, da uno straniero che sta nella massima esteriorità rispetto alla comunità cristiana nascente.

Un’autorità mai solitaria

Luca, in un tornante decisivo della Chiesa che sarà, fa sì che Pietro non sia solo, ma accompagnato da “alcuni fratelli di Giaffa” (At 10,23b). E lo fa perché l’inaudito allargamento della Parola, che accadrà di lì a breve, sia un’esperienza comunitaria e non sia la decisione di uno solo – per quanto alta possa essere la sua autorità. Quando si decide del destino della Chiesa, e della sua destinazione a venire, ci deve essere il popolo della fraternità ecclesiale.

E sarà proprio questo popolo a istruire la comprensione di quanto accaduto, così che la decisione di Pietro assume la forma di una constatazione davanti alla cui evidenza egli è stato posto proprio dal popolo della fraternità nella fede (cf. At 10,45-48).

Quello che qui vediamo in atto, è esattamente il principio sinodale come struttura fondamentale della Chiesa: è l’esperienza del popolo della fede che istruisce e legittima la decisione/costatazione di Pietro; è la sua capacità di decifrare quanto accade che decide della presa di posizione di Pietro, che rompe con ciò che era abituale, familiare, sacro, alla comunità così come essa era stata fino ad allora. Qui siamo ben oltre ogni semplice riforma: piuttosto, ci troviamo davanti a una riconfigurazione radicale di quello che la Chiesa è.

E questo è possibile perché, fin da principio, l’incontro fra Cornelio e Pietro è un incontro fra comunità. Tra Pietro e i suoi, costretti ad abbandonare quei riferimenti abituali intorno a cui avevano costruito la loro identità condivisa, e Cornelio con la sua famiglia e gli amici più cari, che sono in attesa della parola del Signore. Un incontro che Luca pone sulla soglia (cf. At 10, 25): luogo di transito e apertura, dove non è più possibile definire un dentro e un fuori, dove si sta tutti senza appartenenze che escludono.

Alla fatica di Pietro di allargare le maglie dell’ospitalità ecclesiale corrisponde la gioiosa disponibilità di Cornelio ad ospitare Pietro con la sua fatica. Pietro a cui Cornelio riconosce un’autorevolezza particolare, compiendo il gesto corporeo che aveva caratterizzato in precedenza la messa in comune dei beni all’interno della prima comunità di Gerusalemme. Ed è così l’estraneo che ricorda a Pietro stesso che sulla soglia ospitale non c’è più mio o tuo, ma solo il comune del nostro.

E se Pietro un tempo aveva ben accettato di essere onorato nella sua autorevolezza comunitaria, qui produce egli stesso uno scarto inaspettato: fa rialzare Cornelio come aveva alza Tabità proco prima, in nome di una fraternità umana che accomuna e non deve essere ferità da nessun principio di autorità. Un gesto, questo, con cui Pietro desacralizza il proprio ruolo e la propria autorità nella comunità cristiana e negli allargamenti della Parola: siamo tutti solo esseri umani, ciò che deve essere onorato come sacro sta altrove – e davanti a questo altrove ci inchineremo tutti insieme, dal primo degli Apostoli all’ultimo degli arrivati.

Apprendimenti della Parola

E Pietro fa questo perché inizia a comprendere che è grazie a Cornelio e alla sua comunità che egli impara il senso della sua destinazione e della sua stessa esperienza spirituale – che, nella visione, gli era rimasta ancora oscura. È Cornelio che mostra a Pietro che la separazione della comunità cristiana in nome della purezza e del sacro non è ciò che Dio vuole da essa; e così Pietro può riconoscere quanto Dio desidera da lui: “Dio mi ha mostrato che non si deve chiamare profano o impuro nessun uomo” (At 10,28b). Cornelio è l’evidenza del desiderio di Dio: per la sua Chiesa e per l’umanità tutta.

L’incipit del discorso di Pietro (At 10,34-43) è da brividi, perché è la confessione del fatto che egli impara letteralmente il Vangelo dalla “profanità del mondo”, da un gentile che sta fuori dei limiti costituiti della comunità di fede. L’annunciatore della Parola si rende conto che egli può essere effettivamente tale solo se se la fa mostrare in esercizio da quelli di fuori: i gesti delle nazioni evangelizzano la Chiesa e le permettono così di corrispondere alla sua destinazione. Così Pietro confessa la fede davanti a Cornelio e alla sua comunità. Il riconoscimento dell’allargamento dei destinatari della Parola consente a Pietro e alla sua comunità di essere là dove questa Parola è.

E questa esperienza delle origini deve diventare che inquieta, oggi e sempre, la Chiesa del Signore: dove è realmente la Parola che, sola, dà senso alla nostra missione? Finché la cercheremo tra noi, siamo sicuri di una cosa: non la troveremo.

Il discorso kerygmatico di Pietro viene improvvisamente interrotto dall’irruzione dello Spirito (At 10,44): i nuovi destinatari della Parola sono investiti dallo Spirito di Dio che discende su di essi – attestando il loro riconoscimento da parte di Dio quali ascoltatori della Parola. Il principio etnico e quello settario sono sbriciolati dall’agire di Dio, la Parola si disloca in maniera impensabile, le nazioni e le genti diventano annunciatori di quella Parola per tutti, fino alle frontiere della terra.

Il comune dello Spirito

E sono proprio i “credenti circoncisi” che accompagnano Pietro che per primi comprendono tutto questo – il popolo di Dio che si trova trasformato in altro da quello che era, senza per questo dover rinnegare se stesso. Voi come noi, senza nessuna distinzione o gerarchia di qualità. Voi come noi siete soggetti dell’esperienza dello Spirito, ecco cosa ci accomuna in tutte le differenze che ci distinguono. D’ora in avanti noi non potremo più essere noi stessi senza di voi.

Questo riconoscimento di popolo costringe Pietro alla constatazione del fatto che la Parola, a prescindere da ogni sua volontà, va ad abitare territori e vissuti altri – formulata come domanda retorica: “Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?” (At 10,47). Niente e nessuno.

Il battesimo di Cornelio e dei suoi è quindi il riconoscimento ecclesiale dell’azione di Dio oltre i confini della Chiesa, ben prima di essere un inclusione degli esterni nella comunità dei nostri. Ed è tale, solo perché amplia l’orizzonte della comunità cristiana dove quelli di fuori possono abitare, anche loro senza rinnegare loro stessi o la loro esteriorità.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto