Galati: l’essenziale del Vangelo

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«Mein Keth von Bor», la mia Caterina, la mia sposa! Così Lutero chiamava la Lettera ai Galati, commentata più volte nel corso della sua vita che, insieme alla Lettera ai Romani, è all’origine del processo interiore che ne farà il “riformatore”. In direzione opposta l’esperienza di Heinrich Schlier, esegeta protestante che, dopo aver commentato la Lettera, si ritrova cattolico (pp. 13-14). Due vicende biografiche che esemplificano la forza trasformante di uno dei testi più commentati del Nuovo Testamento.

È la novità inafferrabile del Vangelo, su cui l’apostolo Paolo è stato il primo a riflettere nello sforzo di chiarirne l’esperienza spirituale, che «fa esplodere il linguaggio umano e nondimeno si lascia chiudere dentro quel linguaggio» (p. 174).

Nell’itinerario dell’Apostolo la Lettera ai Galati costituisce una strettoia «all’interno di un dramma personale, di un’intricatissima congiuntura pastorale, di un nodo teologico» (p. 31). È il dramma di ogni uomo che, da un lato, sente il bisogno angosciante di essere amato e, «dall’altro, la propensione fortissima ad amarsi da sé, a salvarsi da sé, a non dipendere: e non c’è dipendenza più completa che quella di lasciarsi amare» (p. 34).

Ma è anche un problema pastorale e teologico della Chiesa nascente, perché gli interlocutori di Paolo sono circuiti da alcuni missionari giudeocristiani, non meglio identificati, che insinuano nella coscienza dei Galati la necessità della circoncisione, con tutto il suo correlato di osservanze, gettando un’ombra sulla predicazione dell’Apostolo. Paolo è così costretto a trarre dal Vangelo le conseguenze esistenziali, per sé e per tutti.

La sua riflessione ci svela le coordinate interiori di un discernimento ecclesiale decisivo per la Chiesa delle origini: la fede in Gesù rende eredi della benedizione di Abramo e, nello stesso tempo, libera dai condizionamenti dell’identità ebraica – e anche da ogni condizionamento etnico o culturale – dischiudendo al cristianesimo l’orizzonte dell’universalità.

Il processo e l’esito di questo discernimento sono di perenne attualità: «A Dio non è bastato disciplinare le cose con la Legge – ha affermato papa Francesco intervenendo al sinodo sull’Amazzonia nel 2019 con allusione implicita alla Lettera –, «è dovuto ricorrere alla Grazia, che è un traboccamento» del suo agire, così la Chiesa non risolse le questioni “disciplinando” i pagani, ma «compì un “salto qualitativo”, un salto di traboccamento, aprendosi all’azione dello Spirito» (pp. 10-12).

La Lettera palpita dell’affetto appassionato dell’Apostolo per la sua comunità. Emergono così le esperienze che animano il credente di ogni tempo e di ogni latitudine: l’immediatezza del rapporto con Dio che ama per primo e rende capaci di amare; il discernimento quotidiano fra «carne e Spirito»; la guida interiore dello Spirito, propriamente l’esperienza della libertà cristiana come totale dipendenza da Dio che invera la fede nell’amore al prossimo; il senso della croce, mediante la quale Cristo ha “spaccato” la sua umanità permettendoci di entrare in essa e di incontrarvi il volto del Padre (p. 180).

Capitolo per capitolo, l’autore entra nel tessuto discorsivo di Paolo, ne seguelo svolgimento interiore attraverso un’argomentazione stringente, che procede secondo una logica deduttiva, raggiungendo profondità che scuotono l’ovvietà con cui usiamo – e abusiamo – del Vangelo per rivelarne, nell’intimo della coscienza, la forza radicale (pp. 93-95). È questo il pregio del commento. Non è dunque una lettura piana quella che viene proposta, ma un viaggio interiore che stana l’autosufficienza del cuore per trovare riposo nel primato di Dio.

Al curatore, già docente di Storia del Cristianesimo all’Università “La Sapienza” di Roma, membro del Collegio degli scrittori della rivista Civiltà Cattolica, di cui è vicedirettore, si deve la versione del testo di Paolo dal greco e l’ampia prefazione con alcune note biografiche sull’autore da cui traspare la grata amicizia di una vita.

Il commento di p. Corradino è frutto di studi e appunti cresciuti nel tempo, «segno di una vita dedicata alla scienza e al Signore […] fiducioso nel valore delle sue ricerche per coloro che ne avrebbero fruito»(p. 24).

Il Curatore, pubblicando postume alcune fatiche dell’autore – un saggio su Il potere nella Bibbia, e i commenti ai libri di Giuditta, Genesi 1–11, Apocalisse, Giona, La Sapienza –, realizza in qualche modo le parole dell’Apostolo in Galati 6,6: «Chi viene istruito dalla Parola renda partecipe di ogni proprio bene chi lo istruisce», poiché «il bene spirituale che si riceve, se è autentico, costa sempre molto a chi lo dà e, di conseguenza, chi lo riceve è tenuto a ricambiarlo» (p. 151). E, come ogni bene, quando è condiviso, si moltiplica.

  • Saverio Corradino, L’essenziale del Vangelo. La Lettera ai Galati, Giancarlo Pani (ed.), Pietro Vittorietti Edizioni, Palermo 2020, pp. 192, € 13,00.
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