Geremia e i figli di Recab

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Una storia bene strana e intrigante quella narrata in Ger 35 e fatta oggetto della tesi di dottorato in Teologia biblica alla Gregoriana dall’attuale docente all’Auxilium di Roma.

Un piccolo clan di nomadi, i recabiti – nominati solo in questo passo all’interno dell’AT – si sono rifugiati temporaneamente all’interno di Gerusalemme nel contesto di un’imminente invasione da parte dei babilonesi e degli aramei. In ossequio ai comandi dati dal loro fondatore Recab e riproposti dal loro capo attuale, Ionadab figlio di Recab, essi non seminano nell’ambito di uno stile di vita agricola sedentaria, non piantano vigne, non bevono vino, vivono precariamente da nomadi e in qualità di stranieri-residenti (gārîm) nelle tende.

Geremia 35Il grande profeta Geremia, profeta “vero” e non “falso” (!), è inviato da YHWH presso i recabiti per farli venire nel tempio, luogo di incontro con Dio, e far bere loro del vino, trasgredendo in tal modo i comandi del loro antenato, disobbedendo platealmente ad essi.

Nel tempio, i membri del piccolo clan si rifiutano di obbedire all’ordine di Geremia – ma non direttamente ordine di YHWH –, riaffermando la loro obbedienza e fedeltà ai comandi dell’antenato. Essi ripetono per ben due volte le norme ricevute dal loro antenato, collegate alla promessa di sussistenza perenne: una prima volta come parole di comando, e una seconda come constatazione della perfetta osservanza a ogni singolo comando da parte del clan.

YHWH sfrutta questa disobbedienza del piccolo clan dei recabiti a un singolo comando di Geremia in ossequio a una fedeltà obbedienziale a una singola parola di un antenato umano detta nel passato per far risaltare il non ascolto e la disobbedienza, perpetrati dal grande popolo di Giuda e di Israele nei confronti della parola di YHWH incessantemente rivolta loro con premura lungo i secoli e ancora nel presente tramite i suoi profeti.

Tramite Geremia, YHWH, Dio delle schiere di Israele, si domanda se il popolo di Giuda prenderà dai recabiti la lezione (mûsār, v. 13). Lezione sapienziale nei libri sapienziali, mûsār diventa lezione-ammonimento nei libri profetici. La domanda di YHWH resta sospesa drammaticamente lungo tutto il racconto.

YHWH nota come i recabiti abbiano ascoltato e obbedito alle parole del loro antenato, mentre Israele non ha ascoltato e obbedito a lui, YHWH! Egli deve constatare amaramente come Israele non abbia teso l’orecchio alle sue parole rivolte loro incessantemente tramite i profeti, andando per altre strade e incappando nell’idolatria. Israele non ha ascoltato il forte invito di YHWH a ritornare (šûb) ciascuno dalle proprie strade sbagliate, a migliorare la propria condotta, non seguendo altri dèi per servire ad essi. Se lo facessero, potrebbero effettivamente abitare in modo rinnovato e degno la terra data ai padri.

A conclusione delle forti parole di rammarico di YHWH, egli pronuncia una minaccia di disastro (“tutto il male/kol-rā‘āh”, v. 17), che però non suona come castigo ineluttabile e sconfessione perpetua dell’alleanza.

Nel contempo, comunque, YHWH opera un rovesciamento e loda l’atteggiamento dei recabiti promettendo loro una persistenza perenne sulla terra («non ne mancherà nessuno», promessa fatta altrove alla discendenza davidica). YHWH stesso infatti è in attesa drammatica, una suspense vera e propria, se Israele prenderà o meno la lezione dai recabiti (v. 13).

Alla conclusione/risoluzione di rovesciamento dei destini (peripeteia) all’interno del racconto notata dall’analisi narrativa si unisce strettamente anche l’altro tipo di conclusione/risoluzione, quella di riconoscimento (anagnorisis): si viene a conoscere a fondo chi sono i recabiti.

L’autrice studia per la prima volta a livello mondiale Ger 35 con l’aiuto dell’analisi narrativa. Essa sottolinea l’intreccio del racconto, con l’esordio (v. 1), l’inciting moment o “detonatore” costituito dalla missione di Geremia (v. 2), l’esecuzione del comando (vv. 3-5), la “complicazione” costituita dal diniego dei recabiti di bere il vino (vv. 6-11), un capovolgimento inaspettato che spinge verso lo “scioglimento/risoluzione” (vv. 12-19). Questo comprende un secondo comando per Geremia (v. 12-13), le parole dei recabiti recuperate e riformulate da YHWH così da costituire un singolare caso di risoluzione di tipo peripeteia (vv. 14-16) e, infine, nel contrasto, delle conseguenze inattese (vv. 17-19): parole sferzanti per i chiamati all’ascolto/obbedienza (v. 17), parole di salvezza per i recabiti “disobbedienti” (vv. 18-19).

Dopo aver seguito passo passo la dinamica narrativa del racconto (pp. 21-88), l’autrice studia le ulteriori risorse narrative presenti in Ger 35 (pp. 89-138): le ripetizioni, il quadro spaziale, i personaggi e la loro caratterizzazione, Geremia quale personaggio dalle mille risorse (narratore e protagonista insieme, inviato fidato e insieme esecutore creativo), i recabiti o la loro “casa/clan (bait)”.

Il pregevole lavoro di Caiazza si conclude con l’analisi dei risvolti teologici conclusivi (pp. 139-164).

Il primo è costituito dal tema dei volti del contrasto tra ascolto e non ascolto (la parola profetica si situa all’incrocio tra parola divina e parola umana, che può venir accolta oppure rifiutata).

Il secondo è offerto dalla pedagogia seguita da YHWH. Egli non si arrende alla sordità ostinata di Israele nei confronti della sua parola, ma offre ad esso l’esempio di una fedeltà possibile, offerto da un piccolo clan marginale. Esso non viene proposto come esemplare per il suo stile di vita particolare, ma per l’obbedienza alla parola, che nel loro caso è quella di un semplice antenato umano.

Piccoli miglioramenti redazionali sono possibili: a p. 39 nella tabella manca la parola finale “dicendo/lē’mōr”; a p. 41 nella tabella leggi Ioiakîm; a p. 73 nell’ebraico a r. 3 leggi ûše; a pp. 51-52 non constato che nel testo venga detto esplicitamente che Geremia versa il vino nelle coppe; a p. 78 r -10 leggi wayyiqtol; a p. 79 r. 10 le parole ebraiche vanno invertite. Talvolta mancano le sigle degli stati americani.

Il lavoro di Caiazza è svolto in modo pregevole, con analisi convincente, serrata e documentata. Riporta in varie tabelle il testo ebraico e quello greco della traduzione dei LXX in modo sinottico con la traduzione in italiano, in modo che il lettore può seguire agevolmente la trattazione dell’autrice. Ella presenta un contributo originale di analisi narrativa di Ger 35 unico al mondo, offrendo, al contempo, la possibilità di gustare le risorse offerte dal metodo narrativo, che gode oggi sempre maggiori consensi.

Il volume si conclude con un’ampia bibliografia scientifica (pp. 165-182).

CECILIA CAIAZZA, Una fedeltà possibile. Lettura in chiave narrativa di Geremia 35 (Studi e ricerche s.n.), EDB, Bologna 2019, pp. 184, € 20,00, ISBN 978-88-10-21705-4.

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