Testi e contesti. Scritti in onore di Innocenzo Cardellini

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Passaro-Merlo, CardelliniLa Festschrift in onore dei 70 anni del docente emerito di esegesi dell’AT alla Lateranense – a cura dell’Associazione Biblica Italiana di cui Cardellini è stato componente – intende onorare una figura a suo modo distintasi per il raccordo stabilito tra lo studio delle lingue antiche mesopotamiche e soprattutto i loro complessi normativi con le norme cultuali dell’AT che, in qualche modo, potevano trarre luce sulla loro attuazione e significazione complessiva proprio dal confronto culturale a largo raggio.

L’interesse di Cardellini è senz’altro di tipo storico-religioso, fondato saldamente sulla filologia e sul metodo storico-critico, ma lo scopo ultimo dei suoi studi e dei suoi confronti è sempre rimasto il rilevamento del significato religioso dei complessi rituali prescritti nell’antico Israele. Le sue tre monografie trattano, ad esempio, della legislazione riguardante gli schiavi e i loro diritti, le varie tipologie e i rituali celebrativi dei sacrifici, il rapporto tra i «leviti», l’esilio e il tempio. Cardellini ha curato il commentario a Nm 1,1–10,10 e non c’è ragione di dubitare che lo porterà a felice compimento. Elenchiamo alcune delle conclusioni raggiunte.

I contributi del volume

Dopo il profilo biografico e scientifico del festeggiato e la sua bibliografia (Merlo e Passaro, pp. 7-12.13-18), seguono dodici studi di tipo altamente specialistico, che intendono celebrare proprio l’acribia filologica e l’acutezza comparativistica di Cardellini. Si studia la retorica dell’iscrizione KAI 24 (Merlo, in tedesco), la tensione irrisolta nel libro di Giosuè tra Israele e la compresenza nella terra degli «abitanti della terra», una tensione storico-teologica tra compimento e non compimento (Passaro, in inglese).

Dopo alcune note filologiche e storiche su 1Sam 2,12-17 (Bianchi), si studia il Sal 95 (Bazyliński), di cui si dichiara il carattere unitario e la natura di inno liturgico che, invitando il popolo di YHWH alla lode e all’adorazione, «nel contempo commemora la grandezza e la potenza di YHWH-Re che si manifesta nella creazione del mondo e nel suo peculiare rapporto con il popolo» (p. 61). Si analizza il passaggio da Ez 37; 38-39; 40–48 agli scritti di Qumran (Nobile) e si propongono delle osservazioni sulle origini dello schema dei quattro regni in Dn 2 (Settembrini).

In tedesco anche l’articolo di Christhoph Dohmen sugli «Israeliti quali schiavi»: egli conclude dicendo come, proprio a partire dal rapporto del popolo col suo Signore, si comprende il come e il perché della legislazione dell’AT sugli schiavi e in quale contesto tale legislazione debba essere valutata e apprezzata nella sua originalità teologica nei confronti delle corrispettive legislazioni dell’Antico Oriente antico (cf. p. 93). Un studio apposito sulle leggi degli schiavi nel Pentateuco non poteva mancare e Paganini ne disegna il passaggio dall’esegesi alla teologia. Le tensioni, le differenze, le somigliane e le contraddizioni nei testi mostrano la valenza didattica intesa dai testi biblici. Le pagine sugli schiavi «non sono mai un tentativo di trasmettere precetti di carattere dogmatico e definitivo, piuttosto contengono e vogliono trasmettere una forza positiva che ancora oggi spinge e motiva a prendere decisioni consapevoli e indipendenti» (p. 108). Il lettore deve dialogare tra esegesi e teologia e Cardellini aveva messo in luce questo aspetto non solo diacronico ma anche teologico nella sua dissertazione sugli schiavi del 1981.

Uno studio di Prato è dedicato alla morte e all’oltretomba nell’antico Israele nell’ottica di una tanatologia cultuale, mentre Ognibeni riflette sui figli e la madre a partire da Is 62,5 e Gv 19,27. Penna studia l’assenza del temine «purificazione» nel vocabolario teologico di Paolo. La ragione del fatto che «Paolo eviti il linguaggio cultuale sta, doppiamente, sia nel fatto che la morte di Gesù non ebbe storicamente proprio nulla di rituale, sia nella preferenza paolina per il linguaggio di origine greca, non biblica, di una morte “per(noi”)» (p. 149). Cristo non è morto astrattamente per dei peccati, ma «per noi», «per voi», «per tutti», «per me», «per gli empi», «per il fratello»… Per Prato questo è «un fatto di inculturazione» (ivi), perché l’espressione morire per, «nel senso di un beneficio causato dalla morte, non è biblico. Invece esso è di origine greco-classica, ampiamente documentabile dalle tragedie di Euripide. Proprio questo pregnante esito soteriologico, il lessico della purificazione non era in grado di esprimerlo» (ivi).

Anche nell’ultimo contributo, a cura di Pulcinelli, ci si sofferma sulla morte di Gesù e sulla sua interpretazione sacrificale nel NT. Gesù non offre la sua morte in sacrificio a Dio. La formulazione soteriologica più frequente nel NT («per noi» ecc.) non implica di per sé valenza sacrificale. Per quanto riguarda Gesù, il «suo è essenzialmente un sacrificio esistenziale, la sua pro-esistenza culmina in un atto oblativo di solidarietà estrema con tutti gli uomini: egli dona se stesso per salvarli e introdurli nell’intimità con Dio» (p. 161). Libro tecnico, di studio, che rende onore a un benemerito esegeta italiano.

Paolo Merlo – Angelo Passaro (a cura di), Testi e contesti. Studi in onore di Innocenzo Cardellini nel suo 70° compleanno, Supplementi alla Rivista Biblica 60, EDB, Bologna 2016, pp. 168, € 18,00.

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