Le tre apocalissi sinottiche

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Dupont, apocalissi sinotticheIl famoso esegeta domenicano (1916-1998), per anni priore della certosa Serra San Bruno, non ha mai avuto incarichi accademici fissi, ma ha sempre insegnato come professore invitato in tutto il mondo. «Un professore senza cattedra».

Il frutto di uno di questi inviti ha dato origine alla presente pubblicazione, edita per la prima volta in italiano dalle EDB nel 1987 nella collana “Studi Biblici”, e ora ripubblicata perché si sentiva nuovamente da tanti lettori il bisogno di avere tra le mani uno studio completo di testi non semplici dei tre vangeli sinottici.

Se Gesù parla diffusamente, ma genericamente, del regno di Dio (spesso servendosi di parabole), egli dedica ampi brani di insegnamento sugli eventi ultimi, escatologici, definitivi, gli eventi decisivi. E lo fa evidentemente servendosi del linguaggio più appropriato a questo tema disponibile al suo tempo: il linguaggio apocalittico.

Marco

Marco è il primo a raccogliere gli insegnamenti escatologici di Gesù nel c. 13. Mt e Lc seguiranno, con variazioni, il suo schema. L’occasione del discorso è la risposta alle domande di quattro discepoli sul momento e sul segno che farà intuire il compiersi dei tempi, accennati con la distruzione delle grandi costruzioni del tempio e di quanto è ad esso collegato.

Gesù risponde fuori del tempio, seduto sul monte degli Ulivi, di fronte all’imponente spianata templare. Prima, risponde sul segno e poi sul tempo. Dopo la messa in guardia contro gli impostori (vv 5b-6 e 21-23), risponde circa il segno (vv. 7-8 e 14-20): ci saranno segni premonitori, ma sono solo l’inizio dei dolori. Gesù accenna quindi ai cristiani in situazione di persecuzione (vv. 9-13), di fronte ai tribunali e all’ostilità universale. Parla chiaramente, con linguaggio apocalittico, della venuta de Figlio dell’uomo (vv. 24-27), ma circa la datazione Gesù è del tutto elusivo: c’è contemporaneamente la certezza che l’evento è imminente (vv. 28-31) e l’incertezza del momento preciso (vv. 32-37). L’appello ai discepoli è quindi quello di vegliare.

Matteo

Mt riprende lo schema arricchendolo. Anche qui, sul monte degli Ulivi, Gesù risponde alle domande di tutti i discepoli. Dapprima descrive l’inizio della fine (24,4-8.9-14: inizio dei dolori e dilagare dell’iniquità; la fine non verrà prima della diffusione universale dell’annuncio del vangelo). Gesù descrive quindi la grande tribolazione finale (24,15-22.23-25.26-28) con vari segni premonitori collegati al posizionamento di un abominio della desolazione nel luogo santo – come previsto da Dn 9,27 e 11,31 e realizzatosi col sacrilegio compiuto da Antioco Epifane IV nel 168 a.C. – e all’insorgenza di vari falsi cristi e falsi profeti.

Al centro del lungo discorso (24,29-31) finalmente si accenna all’apparizione del Figlio dell’uomo, con dimensione cosmica, descritta con i testi di Dn 7,13-14. In 24,32-35 si parla di imminenza della fine («non passerà questa generazione») per tener desta la fede di ogni generazione di cristiani, ma, di fatto, a prevalere è l’insegnamento circa l’incertezza sul giorno e sull’ora (24,36–25,30). Esso viene illustrato con esempi e parabole che sottolineano l’incertezza temporale dell’evento e la necessità conseguente di vegliare, essere maggiordomi fedeli del Signore, vergini sagge di opere buone e non vergini stolte, servi operosi che mettono a frutto i talenti affidati dal padrone ai suoi tre servi secondo le loro capacità. Il discorso escatologico si conclude con la descrizione del giudizio operato dal Figlio dell’uomo, giudizio universale e fondato sull’amore concreto dei bisognosi (in cui i cristiani sanno essere presente il Cristo…).

Luca

Lc 21 (a cui vanno aggiunti gli insegnamenti citati in 17,20-27) descrive gli eventi escatologici come un lungo cammino di liberazione. Nell’avvertimento preliminare (vv. 8-9) parla dei segni premonitori costituiti da falsi cristi e guerre varie, per poi descrivere con linguaggio apocalittico gli sconvolgimenti cosmici della fine (che vogliono esprimere la completa trasformazione della realtà attuale). Lc ricorda poi la persecuzione a cui saranno sottoposti i cristiani, anche dagli stessi familiari (vv. 12-19). L’appello lucano è doppio: fiducia e costanza.

Vengono descritti, quindi, i giorni del castigo di Gerusalemme (vv. 20-24) con allusioni precise all’immane catastrofe della sua distruzione nel 70 d.C. Per Luca la caduta di Gerusalemme è anche un evento teologico: è collegata al misconoscimento, rimpianto con calde lacrime da parte di Gesù, delle varie possibilità che portano alla pace che le erano state annunciate; essa non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata da Dio in Gesù (Lc 19,41-44). Lc 21,25-28 descrivono lo scenario della fine, con i consueti segni premonitori espressi in linguaggio apocalittico.

L’enorme novità propria di Luca, che esprime il significato del dramma per i credenti, è espressa al v. 28: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Il cammino verso l’escatologia è un lungo cammino verso la liberazione piena, un evento felice di incontro col Figlio dell’Uomo. La speranza cristiana è certa (vv. 29-33): vedi il paragone del germoglio delle piante e l’accenno alla validità dell’insegnamento per ogni generazione cristiana. L’avvertimento finale (vv. 34-36) è ancora sul vegliare per non essere sorpresi dagli eventi.

Tre discorsi simili, ma in parte anche diversi nelle loro accentuazioni. Sempre però discorsi non “terroristici” ma di piena speranza nella venuta del Figlio dell’uomo liberatore.

Jacques Dupont, Le tre apocalissi sinottiche. Marco 13, Matteo 24–25, Lc 21, Collana Reprint, EDB, Bologna 2016, pp. 160, € 13,00. 9788810216217

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