Madre di Dio: “Ti benedica il Signore”

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Inizio

All’inizio di un nuovo anno civile tutti poniamo i nostri cari e i nostri amici sotto il segno dell’augurio di ogni bene per i giorni a venire sotto la luce del sole. Sono auguri lanciati dal profondo del cuore, con tutto l’affetto di cui disponiamo. Auguriamo il meglio con tutte le nostre forze, le potenze d’amore nascoste nelle pieghe del cuore, della volontà, dell’affetto.

Anche i discepoli di Gesù, i figli di Dio, pongono sotto lo sguardo dell’amore i giorni del vivere umano sotto il sole. Rafforzano e fondano il loro augurio su una forza che scende dall’alto dei cieli, dal profondo di una storia di salvezza fra YHWH e il suo popolo amato. Sono coscienti della bontà ma anche della pochezza e della fragilità delle loro parole e dei loro affetti. Per cui mettono tutto il futuro proprio e quello dei loro cari nel cuore di Dio Padre, YHWH Salvatore e Signore dei giorni e della storia.

L’anno nuovo inizia sotto il segno della benevolenza di Dio, che tutti abbraccia, senza abbandonare nessuno alla solitudine del proprio cammino.

Attorno al santuario

Tutto è pronto nell’accampamento di Israele per la partenza verso il deserto della libertà. Israele però non è solo un accampamento militare. Seguendo le indicazioni proposte nel suo commentario dal puntiglioso esegeta Innocenzo Cardellini, contempliamo Israele come un popolo radunato attorno al santuario (cf. Nm 2,3-31). Chiamato 56 volte ’ōhel mô‘ēd nel libro dei Numeri, la “tenda convegno” sta in mezzo all’accampamento secondo la maggioranza delle attestazioni (cf. Nm 2,17), mentre, secondo la tradizione epica, viene eretta fuori dall’accampamento, con funzioni oracolari per ricercare la volontà di Dio (Es 33,7; Nm 11,16-17.24-26; 12,4-8), che qui si manifesta nella colonna di nube (Es 33,9-10; Nm 11,17.25; 12,5.10).

Nel libro dei Numeri si trovano quattro volte la designazione ’ōhel hā‘ēdût (= tenda della testimonianza”) e quattro volte la designazione miškān hā‘ēdût (= “dimora della testimonianza”).

Il contenuto della ‘ēdût cambia secondo la tradizione deuteronomistica e quella sacerdotale. Per le elaborazioni deuteronomistiche, la testimonianza consiste nelle tavole della legge deposte nell’arca (cf. Es 31,18; Dt 9,9.15); nel pensiero sacerdotale, davanti alla testimonianza vengono deposti i bastoni dei capi delle dodici tribù (Nm 17,19.25), i recipienti contenenti la manna (Es 16,34), parte degli aromi ridotti in polvere (Es 30,36).

Quadrato sacerdotale

L’arca, simbolo potente e prestigioso, passa progressivamente a indicare l’insieme del santuario, che diventa “tenda della testimonianza/santuario della testimonianza”. «Quando dalla “tenda del convegno” si passa alla “tenda/dimora della testimonianza”, l’interesse religioso si è trasformato e il santuario in cui Israele incontrava il proprio Dio (Es 29,42-46) è diventato un luogo contenente un preziosissimo e santissimo reliquiario, posto nella parte più sacra e più interna, inavvicinabile e intoccabile, quasi una giustificazione della necessità in Israele del sacerdozio, del culto e dell’apparato sacrificale, cioè della vita del tempio» (Cardellini, p. 72).

Immediatamente a est della tenda della testimonianza vi sono i sacerdoti, a sud i leviti kehariti, a ovest i leviti ghershoniti, a nord i leviti merariti.

Più al largo, nel quadrato, vi sono acquartierate le dodici tribù: Issachar, Giuda e Zabulon a est; Gad, Ruben e Simeone a sud; Beniamino, Efraim e Manasse a ovest; Asher, Dan e Neftali a nord.

Se ad ’elep si dà il valore di mille, il totale degli uomini registrati è di 603.550 in Nm 1,20-46 o 601.730 in Nm 26,5-51. Se ad ’elep si dà il senso di manipolo, termine usato correntemente in caso di arruolamento militare, si arriva a 5.500 uomini registrati in Nm 1,20-46 e 5.730 in Nm 26,5-51. È preferibile la seconda interpretazione.

Israele è, in ogni caso, il popolo di Dio che cammina sotto la guida dei sacerdoti, al cui controllo non deve sfuggire nulla perché il popolo sia puro, esente da difetti e da realtà negative che impediscano a YHWH di marciare in mezzo ad esso. Per questo motivo vengono qui raccolti materiali di svariata provenienza e di natura diversa, ma che intendono tutti illustrare lo statuto particolare di Israele, popolo consacrato a YHWH, popolo che cammina perseguendo la santità dei suoi membri, sotto la guida del Santo di Israele.

Le disposizioni

Il breve brano delle benedizioni di Aronne si situa nel più ampio contesto della prima parte del libro dei Numeri (1,1–10,10).

Nei cc. 1–4 si ricordano l’attuazione del censimento e i preparativi per la partenza dal Sinai (censimento delle tribù d’Israele per il servizio di leva; l’organizzazione dell’accampamento e ordine di marcia; resoconto sulla tribù di Levi).

Nei cc- 5–6 sono riportate varie normative divine (espulsione degli impuri dall’accampamento, disposizioni sul risarcimento dei danni arrecati, “Offerta della gelosia”, istruzioni sul voto del nazireato, le benedizioni di Aronne).

Nei cc. 7,1–10,10 sono attestati resoconti vari che si riferiscono sempre alla vita liturgica ordinata del popolo di Israele, sotto la guida dei sacerdoti e dei leviti: offerte dei capi delle dodici tribù di Israele, resoconto sul lampadario e sulle lampade, resoconto dell’insediamento dei leviti, relazione sulla mansione dei leviti e la sua durata, notifica delle istruzioni per una seconda celebrazione della Pasqua, resoconto sul segnale teofanico di marcia e di sosta nel deserto – la nube di fuoco –, disposizioni sulle due trombe d’argento.

A questo punto, in Nm 10,11, l’autore del libro dei Numeri può ricordare la data della partenza del popolo per il cammino di liberazione nel deserto, quando la nube della gloria di YHWH si alzò da sopra la Dimora della Testimonianza. Un popolo santo si incammina, sotto la guida del Dio della Gloria.

KH1 e KH2

Nel 1979, durante gli scavi a sud-ovest del Monte Sion, su una collina presso la Chiesa di sant’Andrea, che dà sulla Valle di Hinnom (da cui “Ketef/Spalla di Hinnom”), sono state rinvenute due lamine d’argento, con un foro posto nel mezzo (denominate da allora “Le lamine di Ketef Hinnom”): KH1 e KH2. Munite di legacci, esse venivano legate attorno al collo come amuleti personali, a scopo apotropaico. La seconda misura 11,5 mm con un diametro di 5,5 mm. Srotolata, KH2 misura 39 x 11 mm. Essa è stata trovata in fondo ad una cella mortuaria.

Ecco il testo, posto su 12 righe (delle 15 totali originali): «Ti benedica YHWH, egli ti protegga, possa far brillare YH w]h il suo volto su] di te e conceda a te pace». Una strabiliante somiglianza col testo di Nm 6,22-26, indice di un comune ambito sacerdotale di provenienza.

Il contenuto della benedizione evoca benedizioni similari presenti nella cultura ugaritica e in quella accadica.

Il Signore ti benedica

Da parte di YHWH, secondo l’ordine impartito a Mosè, Aronne e i suoi figli dovevano impartire agli israeliti una stupenda benedizione, composta di vari elementi. Una benedizione discendente da YHWH. Una benedizione con una parola performativa che realizza ciò che dice, non per virtù propria – magica – inerente alle parole stesse, quanto perché proveniente dal Dio della vita e del bene, YHWH liberatore del suo popolo. Un augurio ben fondato, una certezza (Ti benedica/Ti benedirà) che proviene da una lunga storia di amore che lega YHWH al suo popolo. Un popolo “santo” nella visione sacerdotale delle cose, tutto relativo al suo Dio circonfuso di santità e di grazia.

Luce e grazia

Oltre alla benedizione (brk), viene augurata con forte convinzione una sua prima esplicitazione concreta: la protezione (šmr) che custodisce con cura.

La terza espressione – «faccia risplendere YHWH il suo volto» – è una frase idiomatica semitica molto usata. Nell’AT è presente sette volte: Sal 31,17; 67,2; 80,4.8.20; 119,135; Dn 9,17ab. Con la luce (’ûr) del volto di YHWH sono spesso associate la salvezza (Sal 31 e 80), l’insegnamento della legge del Signore (Sal 119) e la benevola concessione a ristrutturare il santuario devastato (Dn 9).

Nella tradizione del sentire religioso tipico della letteratura deuteronomica-deuteronomistica ci sono accenni velati alla corrispondenza umana costituita dall’osservanza della legge.

Nelle benedizioni di Aronne, però, impera la grazia (hnn) immeritata e gratuita. Solo la luce del volto di YHWH può illuminare il volto del “tu” singolo e collettivo (il popolo di Israele nel suo insieme), facendolo splendere di vita, serenità, calore.

Shalom

Questa è la “grazia (hēn)” di YHWH, che si esplica nella “pace (šālôm)”, cioè nella pienezza dei beni di YHWH/Il Padre e di quelli messianici apportati dall’Inviato Definitivo/Il Figlio, la Luce (cf. Gv 8,12) e la vita in pienezza (cf. Gv 14,6 e 10,10). Il nome di YHWH, cioè la sua presenza, sarà così posto sull’intero popolo di Israele.

La posizione finale di queste benedizioni rispetto a tutte le norme e i resoconti fatti nei capitoli precedenti fa presupporre – perché non detto esplicitamente – che la parola di benedizione di YHWH si attuerà se il popolo accetterà e metterà in pratica le norme previste. Allora la benedizione diventerà efficace.

Le parole dei sacerdoti saranno rese efficaci da YHWH ogni volta che, in futuro, verranno pronunciate. È YHWH in persona che dice-bene del suo popolo, lo benedice. Questo è un effetto del patto che lo lega indissolubilmente ad esso.

Trovarono Maria

L’angelo del Signore aveva espresso ai pastori un annuncio di enorme portata, che avrebbe suscitato una grande gioia per tutto il popolo: «È stato partorito per voi oggi un Salvatore, che è Cristo Signore nella città di Davide» (Lc 2,11 lett.). Nella città del re Davide è nato un discendente regale, erede della promessa che sorregge da sempre la vita del popolo di Israele /cf. 2Sam 7). A nome di YHWH l’aveva annunciata a Davide il profeta Natan mille anni prima. A Betlemme è nato non solo un re, ma il Messia, l’Unto, il plenipotenziario di Dio per la salvezza integrale di tutto il popolo, e non di esso soltanto. «… e sulla terra pace agli uomini, che [Dio] ama» (Lc 2,14b), aveva proclamato una schiera di angeli in un inno che congiungeva in un bacio cielo e terra.

I pastori corrono in fretta al luogo della nascita del bambino salvatore, messia e Signore divino, e riferiscono ciò che è stato detto loro, suscitando un’onda riflessa di stupore fra i presenti nel ripostiglio degli animali. Essi trovano la “regina madre”, Giuseppe e il lattante. Riferiscono con esattezza l’annuncio angelico, e Maria “custodiva insieme/synetērei” “i fatti e le parole/ta rhēmata”, “proprio tutte queste/tauta”. Le “getta continuamente l’una accanto all’altra/symballousa” per farle compiere, nell’intelligenza amorosa del cuore – coscienza vigile e obbediente a Dio –, una reazione atomica rivelatrice.

Nel “cuore” entrano le parole dei pastori, la meraviglia dei presenti, la presenza premurosa di Giuseppe, il lattante sereno ma bisognoso di ogni cura, le parole dell’angelo Gabriele percepite mesi prima nella tranquillità di casa, a Nazaret: «Questi sarà grande e figlio dell’Altissimo sarà chiamato, e darà a lui il Signore Dio il trono di Davide suo padre (Lc 1,32 lett.), … e il suo regno non avrà fine… (Lc 1,33)… ciò che nascerà santo/santamente sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35 lett.).

La “regina madre” ospita il frutto dell’ombra potente dello Spirito di Dio. L’umile e “tapina” (cf. tapeinōsin in Lc 1,48), la ragazza di Nazaret è la madre di Dio nato nella carne umana. Riempita di Spirito Santo (Lc 1,41), la cugina Elisabetta lo percepisce nettamente: «Da dove [viene] a me questo, che venga la madre del mio Signore verso di me?» (Lc 1,43 lett.).

Tutte le madri di Israele, che contribuirono a “costruire” la casa di Israele convergono con gioia in quel ripostiglio.

Nasce il Davide nuovo, “il piccolo/haqqāôn”, anche lui.

La madre di Dio si guarda in giro timida e orgogliosa.

Le strade di Dio per Israele e per tutti i popoli portano a lei e al bambino.

Quel punto focale sarà gioia grande per gli uomini, che Dio ama.

Tutti!

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