Bologna: buone prassi civili ed evangeliche

di:

serrazanetti

Spesso la semina del vangelo coniugata con senso umano di responsabilità produce frutti in campi altri (non confessionali e non ecclesiali), portando frutti di cura dell’uomo, amicizia sociale ed originalità di intervento storico. In alcuni casi tale disseminazione è più riconoscibile: ci sembra che la storia recente dell’Istituzione per l’inclusione sociale don Paolo Serrazanetti del comune di Bologna sia uno di questi casi.

Quindici anni fa moriva don Paolo Serra Zanetti, amico dei poveri ma anche acuto studioso di filologia e esegesi del Nuovo Testamento e dei padri della Chiesa, nonché appassionato interprete dell’ecumenismo in città. Nel suo messale fu rinvenuto un foglietto, una sorta di testamento, in cui disponeva che i suoi beni «fossero utilizzati per sovvenire a qualche bisogno di persone povere». I familiari e gli amici, consultato un notaio che informava che, in questi casi, il destinatario del lascito era il Comune di Bologna, affidarono all’amministrazione del comune i beni di don Paolo.

Per onorare le sue indicazioni, il Comune ha costituito l’Istituzione per l’inclusione sociale e comunitaria a lui intitolata, con la «finalità principale di rafforzare la coesione ed il capitale sociale cittadino e di analizzare, contrastare e ridurre i fattori determinanti dell’esclusione sociale, attraverso politiche e strategie attive di promozione dei diritti di cittadinanza sociale», destinandovi il lascito complessivo pari a 700 mila euro, derivanti dalla vendita dell’immobile e dei mobili dove abitava don Paolo e dalla liquidazione di docente universitario.

In questi anni l’Istituzione ha sviluppato interventi rivolti a persone e famiglie a rischio o in condizione di esclusione sociale, tutti progettati e gestiti in raccordo con associazioni di volontariato e di promozione sociale ed enti del Terzo settore, per garantire che tali interventi fossero accompagnati da “una parola amica” verso i destinatari.

Dal lascito di don Paolo è nato il progetto “Alloggi di transizione”, destinati ad ospitare persone in situazione di fragilità. Oggi gli alloggi dedicati sono 63 e dal 2009 al 2018 sono state ospitate complessivamente 540 persone. Sempre per far fronte all’emergenza abitativa e agli sfratti di famiglie in difficolta economica, fra il 2013 e il 2018 sono state gestite dall’Istituzione 256 altre risorse abitative di diversa tipologia.

Dall’Istituzione nel 2013 è nata anche la coprogettazione per il Progetto Case Zanardi da cui sono sorti, oltre ad imprese e attività di innovazione sociale, gli Empori solidali per la distribuzione di beni alimentari e di prima necessità, raccolte e distribuite con modalità rispettose della dignità e dei bisogni delle persone, basate sul dono e sulla relazione d’aiuto (dal 2014 ad oggi hanno beneficiato dei 3 Empori 644 famiglie, per 2218 persone, di cui 1023 minori). Della Rete sono parte attiva anche la distribuzione di frutta e verdura di Villa Pallavicini, CIVIBO-Cucine Popolari, la Mensa dell’Antoniano di Bologna e il Banco di solidarietà di Bologna.

Sempre dal Progetto Case Zanardi è nata l’equipe lavoro, che affianca gli Empori e insieme ad altri realizza interventi di supporto al lavoro rivolti specificatamente a persone a rischio d’esclusione sociale.  A questi progetti si sono affiancati, con vari finanziamenti i Progetti “Oltre la strada”, rivolti alle persone che si prostituiscono e alle vittime di tratta, il “Piano di azione locale per le persone sinti e rom”, il “Progetto Salus space”, i progetti “Bologna accoglie” che ha organizzato attività di formazione e di volontariato per oltre 270 rifugiati e richiedenti asilo ed altri progetti tutti rivolti a persone escluse, tra cui detenuti e persone private della libertà personale.

Insieme all’Associazione costituita dagli amici di don Paolo, l’Istituzione ha anche promosso annualmente giornate di riflessione sul suo speciale impegno “amico” verso i poveri.

Una parola – di riconoscimento – va infine aggiunta sul fatto che la direzione dell’Istituzione non sarà più gestita da Dino Cocchianella, che ha curato il lascito di don Paolo, la costituzione dell’Istituzione e l’ha diretta con passione e intelligenza negli ultimi dieci anni. Anche la Chiesa di Bologna e le Chiese confinanti hanno beneficiato di tale lavoro – attento, originale e discreto – per il servizio diretto alle molte forme di povertà e fatica sociale, ma anche per il lavoro di raccordo, innovazione e riflessione su molti temi nel desiderio – come comunità cittadina e anche come Ecclesia – di continuare a «inventare con umana attenzione e dedizione qualcosa che aiuti a vivere, a respirare, a sperare» le persone povere.

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