Centro Astalli: grido di allarme sui migranti

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camillo ripamontiLunedì 9 aprile è stato presentato a Roma il Rapporto Annuale 2018 del Centro Astalli, una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2017 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Riprendiamo di seguito il testo dell’intervento di p. Camillo Ripamonti, gesuita, presidente del Centro Astalli. Tra i dati preoccupanti rilevati dal Rapporto si segnala l’aumento del numero di persone traumatizzate dal viaggio e soprattutto dalla detenzione nei centri in Libia: un crescendo di eventi traumatici che avvengono sempre più spesso lungo il percorso migratorio e colpiscono soprattutto le donne, con una profonda influenza sulle condizioni psicofisiche dei richiedenti asilo. L’intero rapporto (e una sua sintesi) sono scaricabili sul sito web istituzionale del Centro Astalli (qui).

Presentiamo oggi la diciassettesima edizione del Rapporto annuale del Centro Astalli, che vuole essere il racconto di un anno vissuto cercando di concretizzare le indicazioni che papa Francesco ha consegnato nel messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato 2018, riassunte da quattro azioni: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Esse sono determinanti in un momento storico in cui si torna a confidare nei muri di separazione e a costruirne, piuttosto che credere nella forza generativa del dialogo e dell’incontro. Dall’anno 2000 circa 10.000 km di cemento e filo spinato sono stati utilizzati per dividere popoli e nazioni con investimenti di milioni di euro.

Nel Rapporto, proprio in questa prospettiva, troverete un inserto fotografico in cui abbiamo voluto raccogliere alcune immagini di street art. Attraverso l’arte, i colori, la fantasia, il muro diventa luogo creativo che apre gli orizzonti, ridisegna la topografia delle nostre città. Da qui la copertina del Rapporto annuale, un particolare di uno di queste opere: il volto di una bambina che scruta l’orizzonte, guarda lontano; un omaggio alle giovani generazioni perché più di noi sappiano guardare al futuro con coraggio, creatività e rispetto delle diversità.

Concludono il rapporto i testi degli interventi del Colloquio sulle Migrazioni realizzato in occasione della Giornata del rifugiato 2017 tra il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, e Ferruccio De Bortoli, con la moderazione di p. Federico Lombardi. Si tratta di un ulteriore contributo di riflessione sulla situazione nazionale e internazionale.

Astalli in cifre

Nel mondo sono oltre 65 milioni i richiedenti asilo e i rifugiati, il trend è rallentato (Global Trends. Forced displacement 2016) così come gli arrivi in Europa: 171.000, meno della metà di quelli del 2016 che furono 362.753. In Italia al 31 dicembre 2017 erano 119.369.

Il Centro Astalli, nelle sue diverse sedi territoriali (Catania, Palermo, Grumo Nevano-Napoli, Vicenza, Padova e Trento) ha risposto ai bisogni di circa 30 mila persone, 14 mila delle quali a Roma, con numeri che si mantengono pressoché costanti nonostante la flessione degli arrivi. Le nostre strutture di accoglienza con diverse modalità hanno ospitato circa 900 persone, di cui circa 300 a Roma. I progetti avviati o conclusi nel 2017 sono stati 13. Anche quest’anno abbiamo avuto un’attenzione particolare per le persone più vulnerabili: donne sole, vittime di tortura e di violenza intenzionale, nuclei familiari con particolare riguardo a quelli monoparentali, persone con problemi di salute e problemi psichici o che si trovano a vivere per strada.

Preoccupati del crescente clima di intolleranza, più che in passato abbiamo curato i giovani studenti e la loro formazione, come racconta una specifica sezione del rapporto. I progetti nelle scuole, infatti, hanno raggiunto 28.335 studenti, con un incremento del 7% rispetto al 2016 che già aveva visto un incremento di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. È questo il segno di un bisogno da parte di insegnanti e studenti di conoscere e informarsi su ciò che sentono essere parte del loro presente e del futuro e di imparare un modo critico di affrontare il fenomeno migratorio.

I volontari coinvolti nei diversi servizi sono stati 687, 20 i giovani impegnati nel servizio civile e oltre 100 sono ormai gli operatori professionali in tutto il territorio. I costi sostenuti dal Centro Astalli per garantire questa rete di servizi e progetti, pareggiati da corrispondenti entrate, ammontano a circa 3.200.000 euro nella sola sede di Roma, come dettagliato nella sezione «Finanziamenti e risorse».

Oltre a convenzioni e progetti finanziati dall’UE, dal ministero dell’Interno, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, anche per il 2017 circa un quarto dei finanziamenti si deve alla generosità di donatori privati. Spesso si tratta di piccoli donatori che riconoscendo la qualità del servizio e identificandosi nei nostri ideali contribuiscono per quanto possono. Questo ci dà la misura anche del desiderio di condividere quanto si ha per costruire un mondo diverso. Un grazie particolare va poi alla Conferenza Episcopale Italiana, alla Elemosineria del Santo Padre, alla Fondazione Migrantes, alla Federazione Chiese Evangeliche, alla Fondazione BNL e BNL Paribas, a UBI Banca e al Segretariato Sociale RAI.

Europa: preoccupazioni che divengono realtà

Prima di entrare nel merito della situazione più locale, vorrei fare solo due considerazioni circa l’Europa:

La prima, di cui siamo testimoni indiretti ormai da anni attraverso il racconto di tante persone. Proprio durante la presentazione del Rapporto annuale del 2017 esprimevamo la nostra profonda contrarietà all’accordo con la Turchia che impedisce, di fatto, l’accesso in Europa soprattutto ai siriani in fuga da una guerra che dura ormai da 7 anni e manifestavamo la nostra preoccupazione per accordi simili che avrebbero potuto interessare altri Paesi. La nostra preoccupazione si è puntualmente realizzata. L’accordo con la Libia è stato stipulato a luglio 2017. Esso ha ridotto notevolmente il numero degli arrivi in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, ma il prezzo che viene pagato in termini di violenza sulle persone è inimmaginabile. Quello che viene salutato come un successo, è per noi una grande sconfitta dell’Italia e dell’Europa intera, confermata nei giorni scorsi dalla notizia che la Corte penale dell’Aja sta indagando per crimini internazionali perpetrati contro i migranti in Libia.

La seconda considerazione la traggo dal nostro lavoro di advocacy a livello della rete europea del JRS, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati e dal lavoro al Tavolo Nazionale Asilo. La proposta di revisione del Sistema europeo di asilo sta portando verso un suo snaturamento: definizione dei concetti di paese terzo sicuro, paese di primo asilo, paese di origine sicuro, procedure accelerate, ritiro implicito della domanda sono solo alcuni degli esempi verso cui ci stiamo muovendo e che parlano di un’Europa in difficoltà proprio su quei diritti che stanno alla base della sua nascita.

Vorrei a questo punto indicare tre direttrici che mi sembra riassumano quanto abbiamo vissuto.

Precarietà

1.1 Vite precarie

Lo scorso 18 dicembre abbiamo inaugurato i nuovi locali ristrutturati della mensa di via degli Astalli 14a. In quella occasione ho avuto modo di sottolineare l’importanza di quel luogo dove il Centro Astalli è nato e dove sono posti i semi di un futuro di speranza che darà i frutti a suo tempo: perché lì si risanano le ferite di un’umanità in cammino grazie al lavoro di tanti; lì come in altri luoghi si custodisce il senso di umanità che piano piano rischiamo di smarrire; lì ci si sente a casa, come molte persone raccontano. Eppure nelle nostre città si percepisce per i migranti un senso crescente di precarietà spesso indotta da procedure burocratico–amministrative farraginose e da un clima generale sempre più spesso impaurito.

Anche quest’anno sono stati circa 60 mila i pasti distribuiti, una media di 220 al giorno oltre a un centinaio di colazioni che si distribuiscono nei mesi invernali e estivi durante il piano freddo e il piano caldo. Nonostante la flessione degli arrivi in Italia (oltre il 30% nel 2017), Roma mantiene la sua forza attrattiva sui migranti.

Arrivano sempre più numerose nella Capitale in cerca di soluzioni, persone per le quali il percorso di riconoscimento della protezione internazionale si è interrotto per qualche motivo e che quindi si trovano in una situazione di precarietà che diventa esistenziale, senza garanzie e con un futuro incerto. Per esempio coloro che lasciano un Centro di Accoglienza Straordinario (CAS) di un altro territorio non possono più essere accolti né nel territorio di provenienza né in quello di arrivo e questo spesso impedisce il proseguimento della procedura di asilo. Tali persone vivono in genere per strada. Aumenta il numero di coloro che, ottenuto un diniego anche dopo il ricorso, rimangono sul territorio in una condizione di irregolarità.

Sono queste tipologie di persone quelle che il servizio legale ormai vede con più frequenza, ma per le quali non risulta facile offrire soluzioni o prospettive. A Roma poi la Delibera della Giunta Capitolina del marzo 2017 che ha revocato a storiche associazioni di volontariato la possibilità di concedere la residenza ai senza dimora, ben lungi dall’aver garantito più diritti, ha aperto un ulteriore vulnus nella esigibilità di quelli che in passato erano dati per acquisiti. Uno su tutti, pensiamo ai ricongiungimenti familiari per titolari di protezione internazionale che sistematicamente non vengono accordati perché non viene riconosciuto come valido l’indirizzo virtuale (a Roma, via Modesta Valenti).

In alcuni momenti del 2017 la mensa di via degli Astalli è stata, poi, luogo di passaggio e punto di riferimento per transitanti o persone sgomberate da insediamenti informali.

1.2 Percorso migratorio e marginalità nel Paese di arrivo incidono sempre più sullo stato di salute dei migranti forzati

Anche nel corso del 2017 per il Centro Astalli è stata una grande sfida l’attenzione alla salute dei migranti che nel SaMiFo, divenuto centro a valenza regionale ormai inserito nell’organigramma della ASL Roma 1, trova un innovativo esempio di collaborazione tra pubblico e privato sociale (oltre 6.000 visite e oltre 2.000 utenti).

In questo ambito quello che ci preoccupa – lo abbiamo detto tante volte, ma è sempre bene ricordarlo – non è l’impatto che la salute di chi arriva ha sulla collettività (in genere chi arriva è giovane e ha un buono stato di salute), ma piuttosto che questa condizione si mantenga, fatto non sempre scontato. La situazione di marginalità e di povertà favorisce l’insorgere di patologie e l’aumento della precarietà di vita di molti richiedenti e titolari di protezione internazionale, come ho cercato di spiegare sopra, ha ripercussioni importanti sulla loro salute. Di tutto questo siamo testimoni nell’ambulatorio di via degli Astalli, dove molti medici e farmacisti volontari prestano con dedizione e competenza il loro servizio a chi, il più delle volte vive per strada (quasi 2.700 visite nel 2017). Un dato interessante è che in questo servizio la nazionalità maggiormente rappresentata è quella afgana.

Un altro dato preoccupante nel corso del 2017 è stato l’aumento del numero di persone traumatizzate dal viaggio e soprattutto dalla detenzione nei centri in Libia. In questa prospettiva abbiamo accolto con favore la pubblicazione nel corso del 2017 delle Linee guida per il riconoscimento e la presa in carico di vittime di violenza intenzionale e di tortura il cui «obiettivo prioritario è quello di tutelare il richiedente protezione internazionale in condizioni di particolare vulnerabilità (…) affinché le vittime di eventi altamente traumatici possano effettivamente accedere alle procedure previste dalla norma e la loro condizione possa essere adeguatamente tutelata». Tali eventi traumatici costatiamo sempre più frequentemente avvengono lungo il percorso migratorio soprattutto per le donne e hanno una profonda influenza sulle condizioni psicofisiche dei richiedenti asilo.

Integrazione

Lo scorso settembre il Ministero dell’Interno ha pubblicato il Piano integrazione per i titolari di protezione internazionale, un testo importante con indicazioni chiare per una società inclusiva. Negli obiettivi è previsto per i rifugiati un percorso che va dall’accoglienza alla piena autonomia. Un percorso che da anni è uno dei capisaldi del Centro Astalli.

L’obiettivo di un sistema di accoglienza unico è ancora lontano, ma la via per raggiungerlo è quella progressivamente di adottare anche nei CAS standard quantitativi e qualitativi simili a quello degli SPRAR per rendere possibili, attuabili e più semplici passaggi da un percorso all’altro.

Il 2017 ha visto la conclusione del triennio 2014-2016 con proroga al primo semestre 2017 del progetto SPRAR di accoglienza e l’avvio del nuovo triennio 2017-2019. Tutte le sedi territoriali del Centro Astalli sono impegnate nell’accoglienza prevalentemente nel circuito SPRAR (494 persone accolte nel 2017, 255 solo a Roma) ma anche dove, come nelle sedi di Vicenza e Trento, si offre un’accoglienza nei CAS, gli standard sono quelli dell’accoglienza diffusa e non di centri con un numero elevato di persone.

Il triennio 2014 – primo semestre 2017 si è chiuso con un bilancio positivo per quanto riguarda il lavoro di accompagnamento delle persone (un dato su tutti: solo nell’ultimo anno, delle 18 famiglie accolte dal Centro Pedro Arrupe, 10 sono uscite dal progetto ottenendo un’autonomia alloggiativa o proseguendo in percorsi di semi-autonomia) ma anche per quanto riguarda la collaborazione con l’Ente pubblico, Ministero dell’Interno ed Ente locale. Stima reciproca e comuni obiettivi con il Servizio Centrale dello SPRAR hanno visto in più occasioni una collaborazione diretta. Anche la collaborazione con Roma Capitale, in particolare con gli uffici preposti all’accoglienza e all’inclusione, è stata proficua, anche se non priva di qualche difficoltà. Per la creazione di comunità integrate la sinergia tra vari attori dell’accoglienza risulta fondamentale e auspichiamo per il futuro una assunzione di responsabilità, ognuno per la sua parte, ancora più efficace.

Non mancano tuttavia alcune criticità tra cui il fatto che stia diventando prassi consolidata (almeno per Roma) che gli SPRAR siano sempre più utilizzati per chi ha già un riconoscimento della protezione. Questo se da una parte mette al riparo da un’eccessiva dilatazione dei tempi di accoglienza, dall’altra esclude quasi del tutto i richiedenti asilo da questo tipo di percorso (con ripercussione sul loro inserimento nel nostro Paese). Inoltre i tempi per chi ha già un riconoscimento, ridotti di regola a sei mesi, possono risultare troppo ridotti per immaginare una reale integrazione.

Ancora sull’accoglienza, un dato che mi sembra significativo è che la sede di Roma del Centro Astalli ha dimostrato, smentendo ogni pretestuosa strumentalizzazione, di saper tenere degli standard alti di qualità, nello stile dell’accoglienza, senza sprechi, sia nel triennio 2014 – 2016 in cui venivano corrisposti dall’Ente Locale 28 euro al giorno come spesa (si prevedeva un cofinanziamento al progetto del 20%) sia nell’attuale triennio in cui vengono corrisposti 33 euro al giorno (il cofinanziamento è al 5%): tutte le risorse aggiuntive vengono destinate per una buona accoglienza e integrazione delle persone. Questo dimostra come non sia la quantità del finanziamento che determina lo stile dell’accoglienza, ma il porre le persone al centro. D’altro canto sostenere ideologicamente con sempre maggior frequenza che si spendono troppi soldi per l’accoglienza e giocare al ribasso, non favorisce altro che i mestieranti dell’accoglienza, cioè coloro che cercano grandi numeri e offrono bassi costi facendo economia di scala, ma non hanno come obiettivo l’integrazione delle persone.

Questo è dimostrato anche dal progetto comunità di ospitalità cioè posti in accoglienza messi a disposizione dalle congregazioni religiose che, senza costi aggiuntivi per l’Ente Pubblico, accompagnano le persone verso un’autonomia integrata.

Nel corso del 2017 si è registrato un aumento del 37% in questa tipologia di accoglienze, da 127 persone del 2016 a 161. 75 persone sono uscite da tali accoglienze nel corso del 2017, di cui 9 nuclei familiari e 46 singoli: di questi, 6 famiglie e 34 singoli hanno raggiunto una piena autonomia. Questi risultati sono incoraggianti e ci dicono come le persone, se accompagnate, riescono a diventare autonome. Nel corso dell’anno abbiamo avviato anche esperienze di cohousing tra italiani e rifugiati, proprio nella prospettiva della creazione di comunità integrate. Il lavoro continua a essere anche per i rifugiati una grande questione che ha bisogno della creatività di tutti oltre che della competenza di alcuni. Ogni giorno persone qualificate hanno aiutato i rifugiati a cercarlo. Il Centro Astalli ha iniziato poi su tale tema una riflessione interna e ha attivato una piattaforma che sarà sperimentata nel corso del 2018, il cui obiettivo è un maggiore coordinamento interno e un maggiore raccordo esterno con enti pubblici e aziende private.

Convivenza

Diceva papa Francesco: «Le forze centrifughe che vorrebbero dividere i popoli non sono da ricercarsi nelle loro differenze, ma nel fallimento nello stabilire un percorso di dialogo e di comprensione come il più efficace mezzo di risposta a tali sfide» (Discorso di Presentazione delle lettere credenziali degli ambasciatori di Yemen, Nuova Zelanda, Swaziland, Azerbaigian, Ciad, Liechtenstein e India, 14 dicembre 2017).

Ecco perché nel corso del 2017 abbiamo lavorato intensamente per abbattere muri e costruire ponti, soprattutto dal punto di vista della sensibilizzazione, per uscire dalla dicotomia noi-loro e essere sempre più comunità solidale. Lo abbiamo fatto con un impegno civile serio che abbiamo dimostrato come promotori della campagna Ero straniero. L’umanità che fa bene. Siamo convinti che il fenomeno migratorio è cambiato e anche l’assetto legislativo vada adeguato ai nuovi scenari, ma con un atteggiamento culturale che sappia essere aperto, inclusivo e rispettoso delle differenze.

Lo abbiamo fatto prendendoci cura dei giovani. I progetti nelle scuole hanno avuto, come già ho accennato, un ulteriore incremento: 200 istituti, 28.000 studenti, in tutta Italia che hanno partecipato al progetto Finestre-Storie di rifugiati e Incontri sul dialogo interreligioso. Lo abbiamo fatto grazie alla collaborazione di tanti volontari a cui va la mia più grande riconoscenza. Nelle varie sedi territoriali sono state 687 le persone che hanno condiviso con noi i nostri ideali con coraggio e anche non curanti di molti attacchi che nel corso del 2017 sono stati scagliati contro le organizzazioni umanitarie. Occuparsi con umanità dei migranti in alcuni momenti è stato considerato un atteggiamento di cui vergognarsi, aiutare è diventato sinonimo di malaffare e in alcuni frangenti ad alcune persone è stato imputato come reato.

Non dobbiamo vergognarci di quanto abbiamo fatto e di quanto facciamo ogni giorno per i nostri fratelli e sorelle migranti. Occorre continuare a farlo sempre meglio e andando avanti con un coraggio sempre maggiore. Non siamo poveracci che aiutano dei poveri, siamo uomini e donne che con senso di responsabilità civile non vogliono smarrire il proprio senso di umanità, perché credono nella dignità della persona e si impegnano a restituirla a coloro ai quali è stata tolta, con solidarietà, secondo il sentire della nostra Costituzione.

Conclusione

Prima di concludere vorrei rivolgere un grazie sincero a tutti coloro che a diverso titolo hanno collaborato in questo 2017, nessuno deve sentirsi escluso. Operatori la cui professionalità e umanità aumenta ogni anno; volontari senza il cui aiuto poca strada avremmo fatto; le ragazze e i ragazzi in servizio civile per i quali mi auguro che il passaggio da Astalli sia ogni giorno uno stimolo ad aprirvi al mondo; i benefattori che ogni giorno ci fanno sperimentare il senso vero della condivisione; le Istituzioni pubbliche con le quali ci confrontiamo sempre con grande spirito di collaborazione ma con altrettanta onestà intellettuale di chi ricorda sempre che il proprio mandato è essere dalla parte dei rifugiati; Enti di tutela, associazioni di volontariato e del privato sociale con le quali condividiamo ogni giorno l’inquietudine per la giustizia; la rete del JRS con la quale condividiamo con fedeltà l’intuizione di Padre Arrupe e la Compagnia di Gesù che sa l’importanza di questa missione perché è azione di riconciliazione, tanto centrale per ogni gesuita. E voi, carissimi rifugiati, lottatori di speranza come vi ha definito papa Francesco, non perdete mai questa speranza e insegnatela anche a noi.

Vorrei concludere ora, in questo anno che ci prepara al Sinodo dei Giovani che si celebrerà a ottobre, con alcune parole che papa Francesco ha consegnato a tutti i giovani del mondo a Cracovia nel 2016: «La vita di oggi ci dice che è molto facile fissare l’attenzione su quello che ci divide, su quello che ci separa. Vorrebbero farci credere che chiuderci è il miglior modo di proteggerci da ciò che ci fa male. Oggi noi adulti – noi, adulti! – abbiamo bisogno di voi, per insegnarci a convivere nella diversità, nel dialogo, nel condividere la multiculturalità non come una minaccia ma come un’opportunità. E voi siete un’opportunità per il futuro. Abbiate il coraggio di insegnarci, abbiate il coraggio di insegnare a noi che è più facile costruire ponti che innalzare muri! Abbiamo bisogno di imparare questo» (30.7.2016).

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