3. Rivoluzione mancata? Pratiche e stile

di:

Al dibattito aperto da Marco Marzano sulla mancanza strutturale nel tentativo di riforma della Chiesa da parte di papa Francesco, dopo l’intervento di Andrea Grillo, si aggiunge il contributo di Brunetto Salvarani che articola le ragioni per una compresione stilistica del ministero dell’attuale vescovo di Roma (sempre di B. Salvarani si veda la recensione al volume di Marzano qui).

La Chiesa immobile

Il libro di Marco Marzano La chiesa immobile (Laterza 2018) sta producendo un certo dibattito, e di questo non posso che rallegrarmi sinceramente. Credo sia un segno, fra gli altri, della possibilità di un confronto, anche fra posizioni assai diversificate, su temi ecclesiali e teologici di cui il discorso pubblico italiano ha grande bisogno.

Dunque, bene così, anche se, stando alla replica alla mia e ad altre letture del testo da parte dello stesso Marzano comparsa su Settimana News il 5 luglio scorso, ho l’impressione che non facciamo particolari passi in avanti, e grosso modo si resti sulle proprie posizioni. Comprensibile, del resto. Così, anche qui, nel sottolineare felicemente la dimensione civile e rispettosa del dibattito (rara avis, di questi tempi), riprenderò di fatto alcuni aspetti già emersi in maniera più o meno rilevante.

Un’architettura della giustizia

«Non ho niente contro Dio, è il suo fan club che mi spaventa…», sostiene Woody Allen. In realtà, a ben vedere, oggi il senso di Dio (inteso come percezione diffusa di una rilevanza vitale della sua presenza o assenza) si mantiene, con rare eccezioni, del tutto esterno alla scena culturale contemporanea. Al contrario, ben più percepibile, vivace e socialmente preoccupante è la questione delle conseguenze del comportamento collettivo dei fedeli legati alle diverse religioni (del loro fan club, sorriderebbe Woody).

A dispetto di tanti tragici conflitti che le hanno viste in qualche misura protagoniste o ispiratrici, in un passato più o meno lontano ma anche di recente, le tradizioni religiose stentano a incontrarsi, a ospitarsi reciprocamente: probabilmente perché difettano di una speranza e una responsabilità corali. Infatti, con ogni evidenza, esse si mostrano quanto meno carenti di esperienze della forza generatrice di comunione universale di quel Dio che pure ogni giorno, più volte al giorno, pregano, sperano e proclamano (lo ha notato, e bene, Roberto Mancini nel suo La nonviolenza della fede, Queriniana, Brescia 2015).

Ecco, qui papa Francesco si sta spendendo molto, e lo sta facendo in maniera strategica, come una responsabilità planetaria di cui gli appaiono evidenti i contorni. Se, su questo piano, i risultati della sua azione sono inferiori all’attesa è anche e soprattutto perché gli mancano gli interlocutori, o si pongono, come molti degli attuali protagonisti della politica mondiale e nazionale, su posizioni diametralmente opposte alle sue (le ultime vicende legate alla questione dei migranti lo mostrano ampiamente). Il che non fa arretrare di un passo Bergoglio, anzi.

A mio parere, senza questo sfondo integratore, senza la consapevolezza – che il papa ha – di stare giocando una partita decisiva su scala planetaria, ogni interpretazione del suo papato rischia di mancare il bersaglio. Mi domando, e domando a Marzano: se non ci fosse oggi il vescovo di Roma a difendere, mondialmente, i diritti e le ragioni dei disgraziati e dei diseredati, quali sarebbero le prospettive non della sinistra, ma di chi ha a cuore la giustizia sociale, l’uguaglianza e la solidarietà?

Terreno libero per la teologia

In seconda battuta, e qui non posso che concordare con la riflessione offerta nella sua replica da Andrea Grillo, sempre su Settimana News, il 6 luglio, per capire a fondo la Chiesa e le sue dinamiche occorrono certo le scienze umane, ma non si possono trascurare quelle teologiche. Come decide di fare Marzano, di fatto; e, si badi, legittimamente, dal suo punto di vista di sociologo.

Assai meno, dal mio: visto che cerco di fare il teologo, ma mi sforzo di non trascurare le letture delle scienze umane, tutte. In questa chiave, non posso che tornare a evidenziare come il clima complessivo, per i teologi, sia oggi assai diverso, e clamorosamente migliorato, rispetto a quanto accadeva solo fino a un lustro fa.

Penso, per fare solo un esempio fra i più scottanti, a un dossier quanto mai delicato all’epoca di Benedetto XVI, quello sulla teologia del pluralismo religioso, su cui qualche anno fa è uscito un volume illuminante (J. Dupuis, Perché non sono eretico. Teologia del pluralismo religioso: le accuse, la mia difesa, a cura di W.R. Burrows, EMI, Bologna 2014) che raccoglie materiali del teologo belga gesuita Jacques Dupuis, autore del libro molto contestato dalla Congregazione per la dottrina della fede Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso.

Che ha invece raccolto una recensione decisamente incoraggiante da parte di Avvenire, il 4/12/2014, a firma Roberto Timossi, che si conclude così: «…il messaggio conclusivo che Dupuis lancia ai suoi confratelli teologi è chiaro: affinché il messaggio cristiano mantenga la sua credibilità nel mondo multiculturale e multireligioso di oggi, è necessario fare un salto di qualità nella teologia cristiana e cattolica delle religioni verso un atteggiamento concreto più aperto alle altre credenze».

Gli esempi potrebbero essere anche altri, ma in ogni caso è difficile non attribuire al cambiamento di clima già avvenuto, e al di là delle recenti sostituzioni al vertice della Congregazione, la sensazione di una libertà teologica sinora sconosciuta nel post-concilio. Non è una questione da poco. Non so se si tratti di una riforma strutturale, secondo la terminologia cara a Marzano, ma è qualcosa che sta già oggi trasformando, in modo inedito, il rapporto centro/periferia (altra questione giustamente cara al sociologo torinese).

Francesco… l’uomo non è poi così ingenuo

Come la sta cambiando, in maniera significativa, sul versante ecumenico, come hanno confermato una volta di più i recenti appuntamenti a Ginevra e Bari, e su quello interreligioso. Temi cruciali, e tutt’altro che secondari nello scenario mondiale.

Terza considerazione, ancora sulle riforme mancate, senza riprendere le considerazioni legate all’importanza di iniziare processi, già da me proposte nell’intervento precedente. Può darsi, realisticamente, che papa Francesco, all’inizio del suo pontificato, immaginasse che il cambiamento (della curia, ma non solo) fosse più agevole. Io, però, personalmente, non lo credo; e ritengo anzi che alla fine una critica del genere finisca per essere assimilabile a quelle, non poche e non rare e caldissime soprattutto sui social, che dall’interno della Chiesa cattolica tendono a ridurre Bergoglio a una sorta di buon selvaggio, ingenuo e degno figlio di un Terzo Mondo ecclesiale incapace di produrre teologia in maniera autonoma, e per questo facile preda di una curia tanto scafata quanto refrattaria a ogni cambio di passo.

Da parte mia, continuo invece a ritenere che ingenuo sia piuttosto chi pensi che un’istituzione complessa come la Chiesa cattolica si possa trasformare magicamente in pochi colpi di bacchetta magica; e che, stavolta insieme a Marzano come egli ammette in conclusione alla sua replica, l’impronta bergogliana è così forte che è destinata a durare anche senza Bergoglio. Perché i processi avviatisi, e – insisto – il suo stile (C. Theobald), ben difficilmente potranno essere banalizzati o trascurati dai suoi successori.

D’altra parte, come amava sottolineare il vescovo don Tonino Bello, «una Chiesa che non sogna non è una Chiesa, è solo un apparato: non può recare lieti annunzi chi non viene dal futuro». E il papa argentino è un realista ma anche un ba’al chazon, un uomo di sogni (e di speranza).

 

 

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto