Abusi: l’incontro e le decisioni

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Tre i guadagni più evidenti dell’Incontro sugli abusi: la Chiesa diventa un agente rilevante nella lotta mondiale alle violenze sui minori; si fa credibile la richiesta di normative etiche per il web; si stabiliscono atteggiamenti, mezzi e procedure condivisi in tutte le Chiese locali.

papa abusi

Tre i guadagni più evidenti dell’Incontro sulla protezione dei minori nella Chiesa (Roma, 21-24 febbraio 2019): la comunità cristiana diventa un agente rilevante nella lotta mondiale alle violenze sui minori; credibile nella richiesta di disciplina nel mondo del web rispetto alla produzione pornografica; consapevole dei mezzi e delle procedure con cui agire in futuro. Dopo il tempo del silenzio, dello scandalo, della paura, del complotto anti-cristiano, della «parola a prestito» (dai giornalisti ai magistrati) è iniziato il tempo di declinare la denuncia della deformatio (deformazione) con il rafforzamento della domanda di reformatio (riforma) della Chiesa. La disumanità delle violenze sui bambini «diventa ancora più grave e più scandalosa nella Chiesa, perché in contrasto con la sua autorità morale e la sua credibilità etica». Il prete che abusa è «strumento di satana», funzionale al mistero del male. La rabbia della gente è, in questo caso, «riflesso dell’ira di Dio» (Francesco).

Convocato il 23 novembre 2018 l’incontro si è giovato dei lavoro del Comitato organizzativo (card. Blase Cupich di Chicago, card. Oswald Gracias di Bombay, mons. Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione della dottrina della fede, p. Hans Zollner, membro della pontificia commissione per la tutela dei minori) con la collaborazione di Gabriella Gambino e Linda Ghisoni (sottosegretarie nei dicastero per i laici) e del moderatore di aula p. Federico Lombardi. Una sorta di «sinodo anomalo» a cui erano presenti i presidenti della conferenze episcopali, rappresentanti dei religiosi e religiose, i capi delle Chiese cattoliche orientali, alcuni prefetti dei dicasteri romani, la pontificia commissione per la tutela dei minori, alcune vittime di abusi: circa 200 persone.

Abisso di male

Tre giorni intensi di lavoro con nove relazioni (card. Luis Tagle, mons. Charles Scicluna, card. Ruben Gómez, card. Oswald Gracias, card. Blasé Cupich, dott.ssa Linda Ghisoni, sr. Veronica Openibo, card. Reihnard Marx, dott.ssa Valentina Alazraki), 12 ore di lavoro di gruppo, ascolto delle testimonianze, preghiera, liturgia penitenziale e celebrazione eucaristica finale (domenica mattina) con l’intervento conclusivo di papa Francesco.

Il discorso del santo padre apre in forma propositiva e non difensiva su contesto mondiale: «la piaga degli abusi sui minori è un fenomeno storicamente diffuso in tutte le culture e le società». Assai scarsi gli studi affidabili in merito, ma le tracce indicate dagli organismi internazionali e accademici sono molto preoccupanti. L’organizzazione mondiale della sanità parla di un miliardo di minori sottoposti a violenze. Per l’Unicef gli abusi sessuali riguarderebbero almeno 120 milioni di bambine. Per l’ONU in 38 paesi a basso reddito 17 milioni di donne testimoniano di una violenza sessuale nell’infanzia ecc. Gli abusatori sono molto spesso le figure familiari: genitori, parenti, allenatori, educatori ecc.

Un abisso di male che ha trovato alimento nello sviluppo del web. I siti pornografici sono oltre 4 milioni e il business connesso raggiunge livelli inimmaginabili. «La piaga della pornografia ha assunto dimensioni spaventose, con effetti deleteri sulla psiche e sulle relazioni fra uomo e donna, e tra loro e i bambini». Il più grande portale specializzato (PornHub) vanta 81 milioni di visitatori al giorno. Sono 3 milioni i «turisti sessuali».

Coerenti gli otto impegni che il papa prende a nome della Chiesa: tutela dei bambini (proteggere i piccoli e difendere la vittime); serietà impeccabile (consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti); purificazione (impegno nella santità dei pastori); formazione (esclusione dal ministero delle personalità problematiche); verifica delle linee guida della conferenze episcopali; accompagnare gli abusati (ascolto, sostegno, guarigione);  mondo digitale (consapevolezza per gli ecclesiastici e richiesta ai paesi e autorità internazionali di nuova disciplina); turismo sessuale (da denunciare).

Le resistenze svaporano

Crollano le resistenze, i dubbi e le critiche che hanno accompagnato gli ultimi anni dell’azione della Santa Sede e in particolare il progetto dell’incontro. Pur con forze ridotte e in tempi molto stretti, anche grazie al lavoro delle singole conferenze episcopali (in particolare quella canadese) l’evento si è presentato organico e con un progetto per il futuro. L’ammissione della colpa, l’attenzione alle vittime, lo scandalo dei fedeli sono entrati nella consapevolezza ecclesiale anche nei contesti più lontani dai luoghi delle denuncie.

Di notevole rilievo l’aiuto del mondo dei religiosi e delle religiose. La dichiarazione del 19 febbraio scorso dei superiori e superiore maggiori ha liberato il campo dall’idea che gli abusi fossero un problema occidentale.

Mostra tutta la sua inconsistenza la pretesa di mettere all’ordine del giorno l’omosessualità, ignorando il tema specifico e nella pretesa di legittimarla o di farne l’antemurale dell’ortodossia. Vi è ormai una linea del magistero coerente e non rimuovibile, i cui capisaldi sono: la lettera di Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda (19 marzo 2010), la lettera di papa Francesco ai cattolici cileni (31 maggio 2018), la lettera di papa Francesco al popolo di Dio (20 agosto 2018), la lettera ai vescovi statunitensi (1 gennaio 2019) e il discorso finale dell’incontro romano. A questo si aggiungano tutte le decisioni operative che riguardano le linee guida dei singoli episcopati, delle famiglie religiose, e l’attività giuridica dei tribunali ecclesiastici e civili.

Le piaghe

Delle relazioni, guidate dalla scansione di «responsabilità», «accountability» (rendere conto) e «trasparenza», riprendo solo alcuni tratti caratteristici.

L’invito del card. Tagle ai cristiani che vivono della contemplazione e dell’invito a toccare le piaghe del Risorto a non «chiudere gli occhi davanti alle piaghe delle persone abusate». Le piaghe di Cristo «portano la memoria della sofferenza degli innocenti, ma anche quella della nostra debolezza e del nostro peccato». «Dobbiamo abbandonare ogni esitazione e avvicinarci alle ferite senza paura di rimanerne feriti a nostra volta». Fra le vittime e gli abusanti, pur nella totale diversità di responsabilità, la Chiesa è chiamata a sostenere e gli uni e gli altri.

Mons. Scicluna ha declinato in maniera dettagliata le differenti tappe e processi per affrontare gli abusi: dalla segnalazione, all’istruzione, alla sanzione, all’applicazione, alla prevenzione. Le comunità cristiane hanno un ruolo preciso nella segnalazione e nella denuncia. I procedimenti devono essere all’insegna della  collegialità. Le vittime vanno ascoltate e coinvolte nei processi. Le domande di risarcimento vanno prese sul serio e la collaborazione con l’autorità civili va messa in esecuzione.

Sulla responsabilità del vescovo insiste il card. Gómez: «Sappiamo già come procedere, ma sembra auspicabile che al vescovo venga offerto un Codice di condotta che, in armonia con il Direttorio per i vescovi, mostri chiaramente quale debba essere la condotta del vescovo in questa crisi».

Il metropolita

Il secondo giorno, dedicato al «render conto» (Accountability). Per il card. Gracias i vescovi devono imparare dagli errori compiuti e, in rapporto positivo con Roma, costruire collegialmente una risposta. Anzitutto rendendo giustizia alle vittime, offrendo percorsi di guarigione agli attori e invitando l’intero popolo di Dio a un cammino di conversione.

Di ascolto, collaborazione, collegialità e accompagnamento ha parlato anche il card. Cupich che ha affrontato il delicato tema dei vescovi abusatori o correi, evidenziando il ruolo del metropolita: stabilire degli standard per le indagini dei vescovi, segnalare le accuse, compiere i passi procedurali (attenzioni alle vittime, trasparenza, nessuna ritorsione, collaborazione coi laici, ricorso del metropolita alla Santa Sede).

Ghisoni conclude la sua relazione con alcuni spunti di attuazioni pratiche: – conoscenza delle buone pratiche; – una procedura ordinaria di verifica per vescovi e superiori religiosi; – commissioni consultive indipendenti; – un ufficio nazionale per sollecitare e verificare; – superare l’attuale normativa del segreto pontificio; – affinare i criteri per la comunicazione corretta. A quanti lamentano una eccessiva insistenza sugli abusi risponde: «Dico che prendere coscienza del fenomeno e rendere conto della propria responsabilità non è una fissazione, non è un’azione inquisitoria accessoria per soddisfare mere esigenze sociali, bensì un’esigenza scaturente dalla natura stessa della Chiesa come mistero di comunione fondato nella Trinità, come popolo di Dio in cammino».

Procedure

La terza parte dell’Incontro è legata alla «trasparenza». Della relazione di sr. V. Openibo raccolgo due suggestioni. Anzitutto ha ricordato ad asiatici e africani che la questione riguarda tutti i paesi: «Il fatto che vi siano grandi problemi di povertà, malattia, guerra e violenza in alcuni paesi del Sud del mondo non significa che il tema degli abusi sessuali debba essere sminuito o ignorato».

In secondo luogo: «Lo studio dello sviluppo umano deve suscitare un serio interrogativo sull’esistenza dei seminari minori». Una rigorosa difesa delle procedure e della cura amministrativa è stata proposta dal card. Marx. La correttezza documentata dei procedimenti evita dimenticanze, consente affidabilità, mantiene una visione generale, sanziona le violazioni. L’amministrazione può essere usata male quando si distruggono i dossier coi nomi dei responsabili, quando le procedure sono disattese, quando i diritti delle vittime sono calpestati. «Non esistono alternative alla tracciabilità e alla trasparenza», anche riformando il segreto pontificio. Una procedura chiaramente definita «permette di riabilitare la reputazione di una persona falsamente accusata».

Una informazione proattiva e non reattiva è quella auspicata è auspicata da V. Alazraki che invita a non temere i giornalisti, favorendo la figura chiave del portavoce e una informazione puntuale. E suggerisce che davanti all’incipiente scandalo sulle suore  e sulle religiose vittime di abusi la «Chiesa giochi in attacco e non in difesa».

Ascoltate le nostre voci

Parte integrante del percorso sono state le testimonianze. Ogni volta un pugno nello stomaco. Cito solo il grido finale di una di queste: «Come fare a superare la rabbia e non allontanarsi dalla Chiesa dopo un’esperienza del genere soprattutto di fronte alla gravissima incoerenza di quanto predicato e quanto agito dal mio abusatore, ma anche da chi, di fronte a questi crimini, ha minimizzato, nascosto, messo a tacere, o ancor peggio non ha difeso i piccoli, limitandosi meschinamente a spostare i sacerdoti a nuocere da altre parti? Di fronte a questo, noi vittime innocenti, sentiamo amplificato il dolore che ci ha ucciso». «Ho avuto bisogno di 40 anni per trovare la forza della denuncia. Volevo rompere il silenzio di cui si nutre ogni forma di abuso; volevo ripartire da un atto di verità, scoprendo poi che con questo atto offrivo un’opportunità anche a chi aveva abusato di me».

In una dichiarazione finale il moderatore, p. Lombardi ha indicato le iniziative concrete da far partire: un nuovo motu proprio del papa per rafforzare la prevenzione e il contrasto contro gli abusi, la pubblicazione di un Vademecum che aiutare i vescovi a comprendere doveri e compiti, la creazione di una task forces di persone competenti per aiutare le conferenze episcopali e i vescovi in difficoltà. Dopo il disorientamento e la paura è il tempo della decisione e della responsabilità. Così concludeva la preghiera suggerita da Benedetto XVI ai cattolici d’Irlanda: «Possano la nostra tristezza e le nostre lacrime, il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato, il nostro fermo proposito di correzione, portare frutti abbondanti di grazia per l’approfondimento della fede nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e associazioni».

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  1. Marco 31 marzo 2024

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