Amoris lætitia: a Washington una conferma

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Mentre sembrano placarsi i venti delle critiche, continuano a spirare senza sosta quelli della condivisione nei confronti dell’esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco.

Dopo intere conferenze episcopali, è la volta di una diocesi americana che, se non è certamente una delle maggiori dal punto di vista dei numeri (sfiora solo i 700 mila cattolici in 139 parrocchie), è comunque altamente significativa, sia perché si tratta della capitale federale degli Stati Uniti, Washington D.C., sia perché guidata da un arcivescovo come il card. Donald Wuerl, che ha partecipato ai due Sinodi sulla famiglia ed è stato membro della commissione incaricata di raccogliere i contributi in vista della Relatio finalis.

Dire che le sue “Riflessioni sull’Amoris laetitia” (per curiosità scritto all’inglese tutto in maiuscolo «Amoris Laetitia») «per condividere la gioia dell’amore» – pubblicate domenica 4 marzo a cura dell’Ufficio diocesano vocazioni e indirizzato a tutti i fedeli, compresi quanti si preparano al sacerdozio e al futuro servizio alle famiglie – rappresentino una condivisione potrebbe apparire quantomeno riduttivo in quanto i 5 capitoli e le 22 pagine del documento di attualizzazione pastorale appaiono una vera e propria sponsorizzazione entusiasta dello spirito autentico dello scritto post-sinodale.

E dire che in terra americana non è davvero una novità: certo, hanno fatto più notizia le “frenate” del card. Chaput a Philadelphia e, ancor più, i famosi dubia firmati anche dall’americano Burke (tanto che il quotidiano Washington Post il 16 marzo parla di «un documento controverso»), ma negli Stati Uniti sono ben note (e hanno scavalcato i confini nazionali) sia la catechesi del card. Cupich a Chicago sia il sinodo diocesano sull’Amoris laetitia che si è svolto a San Diego.

«per condividere la gioia dell’amore»

“The Joy of Love” un documento fondamentale

Con un linguaggio accattivante e leggibilissimo, praticamente quasi privo dell’ingombro di citazioni di qualsiasi natura (le poche sono a parte), 16 fotografie a colori e un’impaginazione decisamente stile aziendale l’attualizzazione pastorale dell’arcivescovo Wuerl riconosce che The Joy of Love” si configura come «un documento di fondamentale importanza per comprendere e trasmettere la visione della Chiesa sul matrimonio e la vita di famiglia e la sua applicazione pastorale nella società e nella cultura contemporanee». Frutto di un’ampia consultazione sinodale in linea con le acquisizioni del Concilio e in ideale continuità con il magistero dei predecessori, esso rappresenta «un autentico dono per la Chiesa» e, in particolare, per tutti gli operatori di pastorale familiare.

Il mistero del matrimonio e della famiglia può essere pienamente compreso solo alla luce dell’infinito amore del Padre che rivolge il medesimo sguardo anche verso quanti non riflettono esattamente l’insegnamento della Chiesa. Punto di partenza è sempre lo sguardo misericordioso di Dio, eliminando il rischio di una dottrina arida e priva di vita per seguire piuttosto la legge della gradualità (cf. AL 295), in quanto il compito della Chiesa non è mai quello di condannare, bensì di sostenere e di guidare le persone nel loro cammino di fede, nella convinzione che ciascuno – non importa dove si trovi –, con l’aiuto di un accompagnamento fraterno, può riavvicinarsi al Signore e la grazia di Dio farà il resto.

Studi alla Gregoriana con dottorato sulla teologia di san Tommaso, membro dal 2012 della Congregazione per la dottrina della fede, il card. Wuerl ha partecipato ai sinodi dei vescovi a partire da quello del 1990 sulla formazione dei preti, e poi nel 1997 sulla Chiesa in America, nel 2005 sull’eucaristia, nel 2008 sulla parola di Dio, nel 2012 sulla Nuova evangelizzazione, di cui era stato anche relatore generale fino agli ultimi due con un incarico di sintesi finale. Un’esperienza formidabile – accompagnata a quella didattico-pastorale – che emerge nello stile dello scritto e soprattutto nell’impianto che si rivela sistematico e propositivo.

La sfida della sinodalità

In quest’ottica, che possiamo definire didattica, non è casuale che l’intero primo capitolo sia dedicato a quello che viene definito “Lo sviluppo storico dei sinodi e della sinodalità” («nata per intuizione di papa Paolo VI»). Un tema cui l’arcivescovo Wuerl sembra tenere molto nell’intento anche di sottolineare la collegialità delle scelte sinodali. Una conferma la ritroviamo nell’appendice dove sono indicati alcuni interventi/interviste di padri sinodali (come la presentazione del cardinale di Vienna, Christoph Schönborn) da seguire accedendo ai link dal sito diocesano. «La sinodalità – scrive Wuerl – rappresenta una particolare espressione di quella legittima partecipazione delle Chiese locali alla governance della Chiesa universale, attraverso una consultazione».

Significativa pure la sottolineatura della data di pubblicazione: «Il 19 marzo, festa di san Giuseppe, patrono della nostra famiglia spirituale, la Chiesa».

Il richiamo alla continuità

L’attuale contesto secolarizzato della società americana («che ha letteralmente spazzato via consolidate certezze») viene richiamato attraverso le parole pronunciate dai due papi che hanno fatto visita di recente alla Chiesa oltreoceano: Benedetto XVI nel 2008 e Francesco nel 2015.

Se il capitolo terzo era dedicato al consenso che ha accompagnato l’uscita dell’esortazione post-sinodale, un testo che ha ricevuto «l’approvazione di oltre i due terzi dei padri sinodali», il quarto intende mettere un ulteriore punto fermo: la continuità con il magistero precedente, in particolare le scelte conciliari (e quindi Giovanni XXIII e Paolo VI) e i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ed è proprio nella continuità che si spiega l’amplissimo consenso.

«Al centro del vangelo del matrimonio e della famiglia c’è l’amore del Padre e il suo sguardo sull’amore umano e questo costituisce il punto di partenza per ogni azione pastorale, da parte di operatori adeguatamente formati».

L’approccio di misericordia

Nel quinto capitolo sulle “Applicazioni pastorali” si ribadisce la necessità della progettazione di seri cammini di preparazione, fin dagli anni dell’adolescenza, di un accompagnamento discreto e costante dei fidanzati e delle giovani coppie (con l’imprescindibile collaborazione degli operatori laici) e di una ri-evangelizzazione dei nubendi.

Ma il card. Wuerl non si limita a questo e affronta, senza alcun timore, la questione di quel capitolo VIII su cui si sono concentrate le critiche. La risposta è tanto immediata quanto significativa: accompagnando fidanzati e famiglie, accade che gli operatori incontrino frequentemente quanti si discostano in vario modo dal disegno d’amore originario, ma ricordiamoci tutti quanti che «nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!».

A rimarcare il concetto un’ampia citazione (a intera pagina) da John Grabowski, docente di teologia morale alla Catholic University of America, laico e coniugato (5 figli e 2 nipoti) che, insieme alla moglie Claire, è stato membro del Pontificio consiglio per la famiglia e anche uditore agli ultimi Sinodi. In sintesi: «L’insegnamento morale prima del Vaticano II era appesantito da un eccessivo concentrarsi sui singoli atti, su norme e peccati, ma i Padri conciliari hanno chiesto un contatto più vivo con il mistero di Cristo e la storia della salvezza, sul primato della grazia rispetto alla legge e l’Amoris laetitia invita a imitare lo sguardo misericordioso di Gesù».

Non è più il tempo – continua Wuerl – di predicare norme rigide (alla lettera, «cementificate»), per imboccare piuttosto la via della misericordia indicata da papa Bergoglio: accompagnare le persone attraverso un processo individuale di discernimento delle coscienze nella consapevolezza che ciascuno può avvicinarsi a Dio in modi e tempi diversi e, non da ultimo, che il giudizio finale spetta solo a Dio (cf. AL 300).

L’«Amoris laetitia – spiega l’arcivescovo di Washinton – non costituisce una lista di risposte ad ogni singolo problema umano, ma rappresenta «un appello per un approccio pastorale all’insegna della misericordia». In continuità con i suoi predecessori, l’invito di papa Francesco è nella direzione di una nuova evangelizzazione. Il segno distintivo del suo pontificato – «la voce del pastore che parla al suo gregge» – è l’accento sulla Chiesa in uscita così da offrire alle persone la bellezza del Vangelo e lo stupore dell’incontro con Gesù («contro la tentazione di predicare semplicemente una dottrina»).

Quindi, la chiusura: «Nessuno di noi può pretendere di essere perfetto, com’è perfetto il Padre dei Cieli, ma dobbiamo essere tutti consapevoli di aver bisogno della sua grazia. Mentre ci assumiamo ciascuno le nostre responsabilità pastorali, ringraziamo innanzitutto Dio per la nostra vocazione e per la guida della santa Chiesa e del santo padre Francesco».

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