L’autocritica nella Chiesa

di:

oliva

Questo libro nella sua sinteticità propone un percorso interessante, ma soprattutto cogente poiché affronta una delle tematiche più discusse nella Chiesa guidata dal 2013 da papa Francesco. Come può la comunità cattolica imparare l’autocritica? Come può uscire da schematismi autoreferenziali? Ogni battezzato è messo nella condizione di esprimersi in verità e con parresia?

Domande di questo tipo percorrono il contributo di Roberto Oliva che si prefigge l’obiettivo di coniugare l’esigenza dell’annuncio della “conversione” del cuore, ovvero della mentalità umana a favore della concretezza evangelica della liberazione integrale. Questo orientamento porta l’autore a vedere nell’esercizio delle beatitudini evangeliche lo scopo della comunità ecclesiale nella storia. Nella concretezza del tempo, la Chiesa propone a sé stessa un processo di purificazione in grado di consentire quella metanoia evangelica, come sottolinea la redazione marciana del Vangelo.

L’autocritica è quindi necessaria se i battezzati si lasciano “umanizzare” da Dio, aprendosi alla sua azione trinitaria senza creare divisioni o discrepanze. Il desiderio, ma anche la necessità di sentire l’autocritica come un fattore fondamentale della crescita umano-divina della Chiesa, vuol dire piena disponibilità alla missione affidata da Cristo ai suoi discepoli nel tempo, che rispondono realmente con generosità alla nuova logica dell’esistenza inaugurata dalla rivelazione nel tempo storico del Verbo di Dio divenuto carne umana.

L’esiguità quantitativa delle pagine del libro non sacrifica in nessun modo la densità contenutistica  della proposta, argomentata in quattro brevi capitoli, che strutturano l’agevole contributo, anticipati da una Prefazione di P. Gamberini dove, tra le altre considerazioni, il teologo gesuita sottolinea anche che «tutta la Chiesa è laicale. Il vero soggetto della Chiesa è il popolo di Dio e alla sua Chiesa lo Spirito dona carismi e ministeri, tra cui quello del celebrare l’eucaristia. Una Chiesa sempre più missionaria e in dialogo con il mondo è essenzialmente autocritica, anche delle proprie strutture. È una Chiesa non più preoccupata di se stessa, ma del Signore di cui è segno e riferimento» (p. 7).

Il filo rosso dell’autore è la continua necessità di riformare la Chiesa sempre (Ecclesia semper reformanda). Tale perno ecclesiologico e teologico pastorale è il Leitmotiv delle considerazioni di Oliva che contestualizza ulteriormente il suo lavoro all’interno della più ampia crisi e del profondo  disorientamento dovuti alla pandemia da Covid-19. Da criticità la pandemia è colta come sfida e opportunità, ritornando ad una prassi ecclesiale che decentralizza le attività del “Tempio” per incentivare la vita cristiana nelle “case”.

In tale direzione, nota l’autore, «la prassi dell’autocritica rispecchia e valorizza l’esercizio del sacerdozio battesimale di tutto il popolo di Dio, chiamato costantemente a conversione: prassi che richiede organi istituzionali e momenti pensati ad hoc, ma a anche una più coraggiosa scelta pastorale improntata al dialogo sincero senza separazioni gerarchiche o inutili timori riverenziali» (p. 11).

Alcuni termini aiutano a rivolgere l’attenzione del lettore verso l’azione dell’autocritica nella Chiesa. Prima di tutto ri-formare, che indica la necessità per la comunità ecclesiale di ritornare ad un’esperienza autentica di Vangelo. Una “forma” nuova, o meglio sempre disponibile a rinnovare sé stessa alla luce delle Sacre Scritture per aderire nuovamente all’essenzialità della sua vocazione-missione, grazie alla metanoia costante. Una Chiesa di-versa, quindi, porta sé stessa ad andare nella dimensione dell’autenticità evangelica, proprio perché «la forma del Vangelo che la Chiesa cerca le viene promessa e soprattutto offerta gratuitamente, “come in cielo così in terra” (Mt 6,10)» (p. 32).

Una seconda azione ci aiuta con profitto ad organizzare l’azione dell’autocritica della Chiesa che è de-formata.

Se realmente la comunità ecclesiale è in cerca della sua forma reale, quella evangelica, non può che partire dalla realtà, dunque dalla situazione reale di alterazione di vita e di organizzazione rispetto alle indicazioni del Vangelo. È essenziale, nel processo di autocritica, la formazione al discernimento per operare scelte secondo lo Spirito Santo, riconoscendo alla dinamica del “popolo di Dio” la ricchezza imprescindibile dell’azione ecclesiale. Così l’autocritica non è un esercizio meramente umano, bensì è «una spinta profetica volta alla liberazione ecclesiale, perché la Chiesa possa avere come centro unicamente Cristo, proseguendo la missione affidatale» (p. 37).

Tras-formare è l’altra azione presentata dall’autore per segnalare la modalità con la quale la Chiesa può essere compagna delle donne e degli uomini in questo tempo determinato. In tale specifica prospettiva, Oliva rivolge la sua attenzione alla modalità divino-umana del Nazareno che entra nella storia con lo scopo di trasformare le relazioni umane e la logica con la quale spesso l’umanità devia dall’originaria missione affidatale da Dio. Nella prospettiva dalla costituzione conciliare Gaudium et spes, non è possibile differenziare l’annuncio del Vangelo dalla promozione umana. Infatti, «la relazione  tra la Chiesa e il mondo viene definita “mutua” perché esiste una feconda reciprocità da riscoprire e valorizzare. L’aiuto che la Chiesa intende offrire alle persone non è univoco: il mondo stesso è, in un certo senso, capace di offrire il suo contributo al cammino della Chiesa stessa» (p. 5).

Una Chiesa non rinchiusa in sé stessa, ma profezia dell’altro mondo, quando si sa con-formare  ai contesti umani, senza confondere o annientare la sua identità e la specifica missione. Infatti, il mandato del Nazareno riguarda l’annuncio dell’Amore di Dio che è relazione. Tale esperienza è all’origine della missione ecclesiale, perché i discepoli sono anche missionari, ovvero esistono per gli altri, come il Verbo di Dio incarnato, vera relazione di umanizzazione e di divinizzazione. La tensione della Chiesa di conformarsi alla missione divina, da un lato, e promuovere processi di umanizzazione, dall’altro, rappresenta la vocazione affidata da Gesù ai suoi discepoli e ancora oggi in via di realizzazione se la comunità ecclesiale riesce a vivere secondo lo stile di libertà insegnato dal Figlio di Dio.

Infatti, «la Chiesa può tornare a essere voce profetica a favore del mondo dis-umanizzato, soltanto se è disposta a liberarsi per liberare. La sua è una profezia che anticipa il futuro auspicato delle promesse escatologiche. […]. L’autocritica è liberante, poiché esige la formazione all’interno della comunità ecclesiale di “una coscienza di solidarietà che non chiuda gli occhi alle necessità degli altri”, ma favorisca l’inaugurazione di scelte autenticamente umane in vista della liberazione da ogni forma di ingiusta oppressione» (p. 66).

Nella Chiesa oggi si rende necessaria la “critica” franca e costruttiva, che si realizza grazie ad un processo complesso, qual è quello dell’acquisizione di competenze relazionali soprattutto nel campo della gestione dei conflitti umani. Tale prospettiva è tesa alla riforma della Chiesa alla luce di quanto la rivelazione ha realizzato, elevando l’umano sul piano di Dio. Tuttavia tale processo è maggiormente significativo se si impara a fare autocritica, che comporta l’impegno al confronto esplicito e al dialogo franco. Per questo scopo, l’autore ribadisce che, quando la Chiesa trova il coraggio di criticare il proprio passato e il proprio presente, può denunciare credibilmente le ingiustizie di un sistema dominato dall’individualismo, dal profitto e dalla corruzione. Una Chiesa che si lascia criticare avvia intensi processi di profezia, precursori di umanità e giustizia.

Roberto Oliva, L’autocritica nella Chiesa. Dalla conversione ecclesiale alla liberazione integrale, Prefazione di P. Gamberini, Messaggero, Padova 2021, pp. 82, euro 9.

Pubblicato su Asprenas 1/2023.

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Un commento

  1. Fabio Cittadini 23 febbraio 2023

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