Baltimore: libertà e giustizia per tutti

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Da quando sono arrivato a Washington sto ascoltando e imparando. Ho promesso di cercare di predicare il Vangelo, di dire la verità e di tentare di sanare le ferite nel corpo di Cristo e nella nostra più ampia comunità.

Ho sottolineato che sono un pastore e un compagno nel discepolato di Gesù, non un leader politico. Ma vi sono però momenti in cui un pastore e un discepolo di Gesù è chiamato a esprimersi apertamente per difendere la dignità di tutti i figli di Dio.

Temo che i commenti pubblici del nostro presidente e di altri, così come le risposte che hanno provocato, non facciano altro che approfondire le divisioni e impoverire la nostra vita nazionale. In particolare, mi unisco al mio fratello William Lori, arcivescovo di Baltimore, nella tristezza e profondo rammarico per i modi in cui i nostri vicini del Maryland sono stati denigrati nei recenti attacchi pubblici.

La nostra fede ci insegna che il rispetto per le persone di ogni razza, religione, genere, etnia e matrice culturale rappresenta la base della fondamentale dignità umana e di un minimo di decoro. Questo include coloro che sono appena giunti nel nostro paese, persone che hanno altre visioni politiche e coloro che in un qualche modo possono essere diversi da noi.

Commenti che rigettano, squalificano o demonizzano qualsiasi creatura di Dio sono distruttivi del bene comune e negano il nostro impegno nazionale di «libertà e giustizia per tutti».

Recentemente mi sono incontrato con i Cavalieri di Columbus e molti altri responsabili di gruppi ecclesiali laicali dell’arcidiocesi di Washington. Abbiamo discusso su quello che possiamo fare insieme per portare avanti la nostra missione evangelica. Li ho incoraggiati a cercare di promuovere il rispetto per tutti, il bene comune e l’umile dialogo in un tempo in cui prosperano divisioni distruttive.

Questa richiesta si basa sul buon lavoro e il notevole servizio dei Cavalieri e di questi esemplari gruppi ecclesiali laicali nella nostra famiglia di fede e nella nostra comunità cittadina di Washington. Ho chiesto il loro aiuto nel mettere in primo piano e nel difendere la dignità di ogni persona, promuovendo il rispetto, la civiltà e una discussione basata su sani principi in merito a quanto ci unisce e a in che cosa possiamo eventualmente differenziarci.

Credo che la recente lettera pastorale dei vescovi statunitensi sul razzismo, Open Wide Our Hearts, che mette in evidenza il razzismo in cui cadiamo quando dimentichiamo «la verità fondamentale che, poiché tutti gli esseri umani condividono la medesima origine, essi sono tutti fratelli e sorelle, e sono tutti fatti ugualmente a immagine di Dio. Quando questa verità è ignorata, allora la conseguenza è il pregiudizio e la paura dell’altro – e, fino troppo spesso, l’odio».

Voglio condividere questo appello con tutti i fedeli della nostra Chiesa locale e con i nostri vicini nella comunità che condividiamo. Tutti noi dobbiamo assumere la responsabilità di rifiutare un linguaggio che deride, condanna, o mortifica un’altra persona a motivo della sua razza, religione, genere, età, cultura o matrice etnica di provenienza.

Questo tipo di linguaggio non si deve trovare sulle labbra di chi confessa Cristo o di chi afferma di essere un membro civile della nostra società. Un linguaggio che mortifica o denigra un’altra persona è una violazione dell’umanità di colui che parla e di coloro a cui queste parole sono rivolte. Deprivando così ciascuno di noi di quella dignità che ci è stata data da Dio.

Dobbiamo riappropriarci, riconfigurare e rifocalizzare il nostro dibattito nazionale su come proteggiamo e promuoviamo la vita e la dignità di tutti – in particolare dei più piccoli (cf. Mt 25, 45).

Questo intervento dell’arcivescovo di Washington, Wilton Gregory, è apparso sul Catholic Standard (1 agosto 2019).

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