Che preti abbiamo?

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Chi sono i sacerdoti? Quali caratteristiche psicologiche hanno? Esiste una predisposizione caratteriale in chi è religioso? Hanno delle caratteristiche di personalità che li distinguono dai laici e da altri gruppi di persone? La risposta è positiva. E in Italia è stata confermata da uno studio realizzato dall’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro, ideato e coordinato da Antonio Cerasa e ora pubblicato sulla rivista Personality and Individual Differences.

Cinque fattori

Il gruppo di ricerca ha impiegato per questa indagine il Neo Personality Inventory, uno dei test più accreditati per la valutazione della personalità e già usato per studiare il carattere dei credenti.

Preti

Chi sono i sacerdoti? Quali caratteristiche psicologiche hanno? Esiste una predisposizione caratteriale in chi è religioso?

Il modello classifica gli esseri umani secondo cinque ampi fattori: stabilità emotiva, estroversione, amicalità, apertura mentale e coscienziosità, che, a loro volta, comprendono diversi sottotratti.

Cerasa spiega che «la coscienziosità, un tratto che indica affidabilità, puntualità, capacità di auto-organizzarsi, già considerato uno dei pilastri del profilo del credente, si conferma alto nei fedeli laici e risulta alto anche nei sacerdoti, con maggior evidenza tra i diocesani».

«Per quanto riguarda l’amicalità – fattore con cui si intende la capacità di essere empatici, modesti, sensibili, altruisti e fiduciosi – finora poco studiata nei ministri del culto in genere, è emerso che tutte le persone credenti hanno un alto punteggio, ma tale fattore risulta significativamente maggiore nei sacerdoti rispetto ai laici.

Per i fattori “stabilità emotiva” e “estroversione” si nota chiaramente nei sacerdoti la scarsa impulsività e lo scarso desiderio di andare alla ricerca di nuove sensazioni», continua Cerasa.

«Infine, per “l’apertura mentale”, sia i fedeli laici sia i sacerdoti mostrano una chiara tendenza ad approfondire ciò che è già conosciuto, piuttosto che esplorare nuovi ambiti di conoscenza, e, per ciò che attiene ai valori, ad affidarsi ad un’autorità riconosciuta all’interno della comunità».

L’esame su 200 preti

La ricerca si pone sulla linea di diversi studi che sono stati realizzati nel mondo anglosassone secondo un filone di ricerca assai consolidato. Infatti, numerose ricerche, soprattutto in ambito anglosassone, dimostrano come la religiosità giochi un ruolo positivo nel benessere psicofisico dell’essere umano: aspettativa di vita più lunga, minor frequenza di disturbi depressivi e minor dipendenza da fumo e alcol.

«Recentemente alcuni ricercatori hanno ipotizzato che questa tendenza al benessere psicofisico sia, in parte, legata anche all’attitudine caratteriale della persona.

I primi studi eseguiti su gruppi di credenti laici hanno confermato questa ipotesi, ma un’indagine diretta sui ministri della Chiesa non è stata mai compiuta», spiega Antonio Cerasa. «Per colmare questo vuoto abbiamo quindi, per la prima volta, preso in esame 200 sacerdoti ordinati nella Chiesa cattolica, per la maggior parte diocesani o francescani, confrontandoli con oltre 300 credenti praticanti e con 200 persone che si dichiaravano non credenti o agnostiche».

Tre tendenze

Dai risultati emergono tre tendenze principali.

Prima di tutto, i sacerdoti, come gruppo a sé, possiedono caratteristiche specifiche, distinte da altri gruppi sociali, in particolare la capacità di controllare gli impulsi e bassa aggressività o rabbia. Così valori alti nella sfera dell’amicalità si associano, nel clero, a corrispondenti alti valori di coscienziosità.

In secondo luogo, si può parlare di persone che presentano bassi valori nei tratti relativi all’estroversione e alla stabilità emotiva. Il che vuol dire un clero che cerca di approfondire gli aspetti che già conosce e non sente la spinta prepotente di cercare nuove conoscenze o di esplorare ambiti diversi da quelli oramai consolidati.

Il terzo aspetto che la ricerca evidenzia riguarda la coscienziosità, più alta tra i laici frequentanti rispetto ai sacerdoti. Un aspetto al quale – secondo Cerasa – si potrebbe dedicare uno specifico studio, collegando il fattore ad altri aspetti caratteristici della vita dei sacerdoti, diocesani e regolari.

In questo caso ci sarebbe da verificare il legame con il vescovo diocesano al quale spetta il compito di fornire indicazioni vincolanti oppure, nel caso delle congregazioni religiose, con il ruolo e l’influsso che svolge l’obbedienza alla Regola specifica del proprio ordine sul comportamento e sulla percezione del proprio ruolo.

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