Donna prete: mai?

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A seguito dei numerosi riferimenti fatti da papa Francesco alla necessità di ripensare il ruolo della donna nella Chiesa, ultimo in ordine di tempo quello di giovedì 12 maggio, parlando alle superiore generali, è utile (doveroso) fare riferimento al documento di lavoro elaborato nella primavera del 1976 dalla Pontificia commissione biblica sul ruolo delle donne nella Scrittura.

Il testo porta la firma, oltre che del presidente della Commissione e prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Franjo Seper, e del segretario, mons. Albert Deschamps, dei membri che facevano parte della Commissione. Sono persone molto note nell’ambito dell’esegesi biblica. Li ricordiamo per farci un’idea e ricordare i grossi “calibri”: José Alonso-Diaz, Jean Dominique Barthelemy, Pierre Benoit, Raymond Brown, Henri Cazelles, Alfons Deissler, Ignace de la Potterie, Jacques Dupont, Salvatore Garofalo , Joachim Gnilka, Pierre Grelot, Alexander Kerrigan, Lucien Legrand, Stanislas Lyonnet, Carlo Maria Martini, Antonio Moreno Casamitjana, Ceslas Spiq, David Stanley, Benjamin Wambacq, Marino Maccarelli, segretario tecnico.

Meritano attenzione i risultati delle votazioni: su 20 membri, erano presenti 17; non sono noti i nomi dei tre assenti.

Le tre questioni sottoposte a voto, tutte approvate, erano:

  1. Il Nuovo Testamento non afferma in modo chiaro se le donne possono diventare presbiteri (voto unanime);
  2. I motivi scritturistici non sono sufficienti da soli ad escludere la possibilità delle donne ad adire al ministero presbiterale (12 a 5);
  3. Il piano di Cristo non sarebbe violato con l’ordinazione delle donne (12 a 5).

La dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede sulla questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale Inter insigniores, che porta la data del 15 ottobre 1976, firmata dal card. Seper, non tenne conto di questo documento della Commissione biblica, esponendo i motivi del “no” a partire dalla cristologia: la figura di Gesù Cristo.

La Commissione biblica ricevette la richiesta di studiare il ruolo delle donne nella Bibbia. La domanda che in modo particolare attende risposta – si legge nel testo – è se sia possibile per le donne ricevere l’ordinazione al ministero sacerdotale.

Osserva la Commissione che la ricerca biblica al riguardo ha dei limiti, in quanto, in generale, il ruolo delle donne non costituisce il principale soggetto dei testi biblici.

La domanda posta riguarda il presbiterato, il ministero dell’eucaristia e la guida della comunità locale.

Il Nuovo Testamento parla molto poco del ministro dell’eucaristia (cf. Lc 22,19; 1Cor 11,24, At 20,11, At 27,35). Le lettere pastorali non attribuiscono mai alle stesse guide una funzione eucaristica. La concezione del presbiterato legato all’eucaristia è tardiva.

Il posto della donna nella famiglia

In Genesi 1, l’uomo e la donna sono chiamati insieme ad essere immagine di Dio su un piano di uguaglianza e in una comunità di vita.

In Genesi 2, l’uomo e la donna sono resi “una sola carne”. La loro unione include la vocazione della coppia alla fecondità, ma senza ridursi soltanto ad essa. S’inserisce poi il “peccato”, che disgrega.

Il simbolismo dei sessi nell’Antico Testamento

A differenza delle mitologie orientali, nel Dio di Israele non c’è sessualità. C’è, comunque, il ricorso alla struttura familiare per fare un ritratto di Dio Padre, concepito anche come “sposo”. I profeti valorizzano la dignità della donna rappresentando il popolo di Dio con il ricorso ai simboli femminili della sposa, in relazione a Dio, e della madre (cf. l’alleanza).

L’insegnamento di Gesù

Se consideriamo l’ambiente sociale e culturale nel quale è vissuto Gesù, il suo insegnamento e il suo comportamento nei confronti delle donne sono sorprendenti per la loro novità. Il regno di Dio, inaugurato dalla sua presenza e predicazione, porta con sé la piena restaurazione della dignità femminile, superando le antiche strutture giuridiche riguardanti, ad esempio, il ripudio (spesso per motivi futili).

Dalla Madre di Gesù alla Chiesa

Gli evangelisti Matteo e ancor più Luca hanno messo in chiaro il ruolo insostituibile di sua Madre Maria. Lei incarna e vive i valori propri della femminilità presentati nell’Antico Testamento. Maria è la donna “nuova” di un popolo “nuovo”. È colei che partorisce Cristo, uomo “nuovo” di un popolo “nuovo” (cf. Apocalisse).

Condizione sociale della donna secondo la rivelazione biblica

La condizione sociale della donna è un problema che riguarda la sociologia e come tale va trattato.

L’esperienza biblica mostra che la condizione sociale della donna è cambiata, ma non in un modo lineare, non secondo un continuo progresso. Al tempo di Cristo lo “status” della donna nella società ebraica sembra essere inferiore a quello che essa occupa nella società greco-romana. Se confrontato con i suoi contemporanei, Cristo ha un atteggiamento molto originale verso la donna, che ne valorizza la condizione.

Società cristiana e società ebraica

La società cristiana si stabilisce su basi diverse da quelle della società ebraica. È fondata sulla pietra angolare che è il Cristo risorto ed è costruita sul collegio di Pietro con i Dodici. Secondo la testimonianza del Nuovo Testamento, in particolare delle lettere di Paolo, le donne sono associate ai diversi ministeri carismatici (diaconie) della Chiesa (cf. 1Cor 12,4; 1Tim 3,11): profezia, servizio, probabilmente anche l’apostolato, senza tuttavia far parte dei Dodici. Nella liturgia occupano almeno il ruolo di profetesse (cf. 1Cor 11,4).

Il problema è quello di sapere se, nella società cristiana guidata dagli apostoli e dai loro successori vescovi, presbiteri, le donne possano essere chiamate a partecipare a questo ministero liturgico e alla guida delle comunità locali.

Condizione ecclesiale della donna

Antico Testamento. Secondo il parere quasi unanime degli esegeti, le donne potevano offrire sacrifici e partecipare alla liturgia, anche se progressivamente si è andati ad affidare ai soli uomini della tribù di Levi i compiti inerenti alla liturgia.

Nuovo Testamento. Gesù si circonda di donne che lo seguono e lo servono. Sono le donne a ricevere l’incarico di annunciare la risurrezione. Il quarto vangelo accentua il ruolo di testimoni attribuito alle donne. Maria Maddalena sarà chiamata dalla tradizione “l’apostola degli apostoli”. Mentre la cristianità si diffondeva, le donne assumevano un ruolo considerevole. Si ricordino: Lidia, la madre di Marco e Prisca, Evodia, Sintiche. Delle 27 persone che Paolo ringrazia o saluta nell’ultimo capitolo della Lettera ai Romani, 9 o forse 10 sono donne. Paolo nomina esplicitamente una donna “diacono” della Chiesa di Cencre (Rm 16,1-2). Nelle lettere pastorali, le donne indicate dopo i vescovi e i diaconi avevano probabilmente lo “status” di diaconi (cf. 1Tim 3,11).

Sull’eventuale ordinazione delle donne al presbiterato

Il ministero di guida della comunità secondo Gesù e la Chiesa apostolica

È un dato di fatto che negli Atti degli apostoli e nelle Lettere le prime comunità cristiane erano sempre dirette da uomini, che esercitavano il potere apostolico in conformità con le usanze ebraiche. Il carattere maschile dell’ordine gerarchico che ha strutturato la Chiesa fin dal suo inizio pare attestato dalla Scrittura in modo innegabile.

Dobbiamo concludere che questa regola deve rimanere valida per sempre nella Chiesa? Quale valore normativo si deve accordare alla pratica delle comunità cristiane dei primi secoli?

Il ministero di guida nell’economia sacramentale

Elemento essenziale nella vita della Chiesa è l’economia sacramentale che trasmette ai fedeli la vita di Cristo. L’amministrazione di questa economia è stata affidata alla Chiesa sotto la responsabilità della gerarchia.

Sorge così la domanda sulla relazione tra l’economia sacramentale e la gerarchia. Le guide della comunità nel Nuovo Testamento hanno due ambiti: la predicazione e l’insegnamento. Nessun testo definisce il loro incarico in termini di un potere particolare che permettesse loro di celebrare il rito eucaristico o di riconciliare i peccatori.

Non abbiamo prove che al tempo del Nuovo Testamento la celebrazione dell’eucaristia e la riconciliazione dei peccatori fossero affidate a donne.

È possibile – si chiede la Commissione – che si verifichino circostanze nelle quali la Chiesa si senta chiamata ad affidare ad alcune donne i ministeri sacramentali?

Ciò è accaduto per il battesimo, che, benché affidato agli apostoli, può essere amministrato anche da altri. In epoca tardiva, è stato consentito anche alle donne. Si può fare lo stesso anche con il ministero dell’eucaristia e della riconciliazione?

Non pare che il Nuovo Testamento, preso da solo, permetta di risolvere in modo chiaro e definitivo il problema del possibile accesso delle donne al presbiterato.

Alcuni ritengono che nella Scrittura vi siano sufficienti indicazioni per escludere una tale possibilità. Soprattutto in considerazione del fatto che i sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione hanno un particolare legame con la persona di Cristo e quindi con la gerarchia maschile così come è nata dal Nuovo Testamento (posizione della Inter insignores). Altri, al contrario, si chiedono se la gerarchia ecclesiastica, alla quale è affidata l’economia sacramentale, non possa affidare i ministeri dell’eucaristia e della riconciliazione a donne in particolari circostanze, senza andare contro le intenzioni originali di Cristo.

Il tempo lo dirà.

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