Fatima: dai “segreti” al messaggio

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Non ci sono due buste e due segreti

Nel libro di qualche anno fa del card. Tarcisio Bertone con Giuseppe De Carli, L’ultima veggente di Fatima. I miei colloqui con suor Lucia (Rai-Eri, Rizzoli, Milano 2007), leggo una parola risolutiva: «Non sono mai esistiti due buste e due segreti».[1] Cosicché noi, qui, stiamo parlando del vero “segreto” di Fatima, con la sua vera terza parte, senza dover accedere affatto all’ipotesi un “quarto segreto”, come si cerca d’insinuare.[2]

Dagli interrogatori dei pastorelli nel 1917 risulta che durante la terza apparizione della bianca Signora (13 luglio 1917) è stato affidato a Lucia e a Giacinta un segreto da non rivelare a nessuno, eccetto che a Francesco. Nel 1941 – «con il permesso del Cielo» – sr Lucia spiega con chia­rezza in che cosa consista il segreto di Fatima e ne rivela le prime due parti: «Dovrò, perciò parlare un po’ del segreto e rispondere al primo punto interrogativo. Cos’è il segreto. Mi pare di poterlo dire, perché dal Cielo ne ho già il permesso. I rappresentanti di Dio in terra mi hanno pure autorizzata, varie volte in varie lettere, una delle quali credo sia conservata dall’Ecc. V. Rev.ma, quella del p. Giuseppe Bernardo Goncalves, nella quale mi ordina di scrivere al Santo Padre. Uno dei punti che mi indica è la rivelazione del segreto.

Qualcosa ho detto, ma per non allungare troppo quello scritto, che doveva essere breve, mi limitai all’indispensabile lasciando a Dio l’opportunità d’un momento più favorevole. Ho già esposto nel secondo scritto, il dubbio che mi tormentò dal 13 giugno al 13 luglio, e che in quest’apparizione svanì. Bene. Il segreto consta di tre cose distinte, due delle quali sto per rivelare. La prima, dunque, fu la visione dell’inferno.

La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nel­l’incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura.

I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e ributtanti di animali spa­ventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione durò un momento. E grazie alla nostra buona Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la promessa di portarci in Cielo (nella prima appari­zione), altrimenti credo che saremmo morti di spavento e di terrore. In seguito alzammo gli occhi alla Madonna che ci disse con bontà e tristezza: – Avete visto l’inferno dove cadono le anime dei poveri peccatori. Per salvarle, Dio vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato.

Se faranno quel che vi dirò, molte anime si salveranno e avranno pace. La guerra sta per finire; ma se non smetteranno di offen­dere Dio, durante il Pontificato di Pio XI ne comincerà un’altra ancora peggiore. Quando vedrete una notte illuminata da una luce sconosciuta, sappiate che è il grande segno che Dio vi da che sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle per­secuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati.

Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martiriz­zati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace».

L’ossimoro cristiano

Inizio questo intervento con degli ossimori: il cristianesimo è maschile-femminile. Il cristianesimo, cioè, è istituzionale e carismatico, è petrino-apostolico e caritativo-mariano. E allora, quando entra in campo Maria con una sua apparizione, con un suo “messaggio” siamo posti dinanzi all’evento cristiano, in cui Maria è centrale; siamo interpellati in modo serio e rigoroso, come lo è sempre quando si è chiamati da una madre, anzi dalla migliore delle madri.

Questo lascia del tutto inequivocata la natura privata delle apparizioni e, di conseguenza, la libertà di adesione rispetto ad essa, come precisa il card. Ratzinger, commentando teologicamente i “documenti di Fatima”:[3] «In Cristo – egli scrive – Dio ha detto tutto, cioè se stesso, e per­tanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cri­sto, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento»; la rivelazione privata «si riferisce a tutte le visioni e rivelazioni che si verificano dopo la conclusione del Nuovo Testamento; quindi è la categoria, all’interno della quale dobbiamo collocare il messag­gio di Fatima».[4]

Nel cono di luce della rivelazione pubblica

Il card. Ratzinger, proseguendo nel suo commento ai documenti di Fatima, ribadisce il primato fontale e fondativo della Rivelazione cristiana e perciò egli colloca nella scia luminosa della Parola l’impostazione e la decifrazione di un fenomeno religioso, sul solco della convinzione consolidata della Chiesa: «[Il ruolo delle rivelazioni chiamate “private”] non è quello di “migliorare” o di “completare” la Rivelazione definitiva di Gesù Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica».[5]

Diversa è la natura delle due forme di rivelazioni, diversa è anche la loro autorità: «L’autorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dal­l’unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa Dio stesso parla a noi».[6]

La rivelazione pubblica suscita e chiede una reazione speciale, la fede, che compone con la parola rivelata il secondo termine di un dialogo inscindibile. Tuttavia, benché «fra le due realtà vi sia una differenza non solo di grado, ma di essenza […], la rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché rimanda all’unica rivelazione pubblica».[7] La rivelazione privata – che deve realizzare al minimo la condizione che non contenga nulla che contrasti con la fede e i buoni costumi[8] – può entrare nel cono di luce della rivelazione pubblica, restarne illuminata e favorire la risposta di fede alla rivelazione pubblica stessa: «Un tale messaggio può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. È un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso».[9] Fatima, dunque, alle giuste condizioni, aiuta a credere, a riprendere a credere e a continuare a credere.

Dal segreto al messaggio profetico

Fare teologia del messaggio di Fatima, come qui si vuole fare, impone che noi rimuoviamo un atteggiamento, quello della tensione prevalente verso il sensazionale, l’interesse psicologicamente morboso e spiritualmente sterile per ciò che è non mistero, ma misterioso; non profondo, ma fenomenale; non normale, della grande “normalità” di Dio, ma eccentrico. Va smorzato il prurito per il “segreto“ di Fatima e conosciuto, indagato, contemplato e diffuso il “messaggio” di Fatima.

La decisione – presa dinanzi a Dio e alla Chiesa, sottolinea sr Lucia – di manifestare già la prima e seconda parte del “segreto” e – da ultimo – la decisione di Giovanni Paolo II di svelare la terza parte di esso, aiuta la transizione dal “segreto” al “messaggio” di Fatima.

È quanto mai opportuna perciò l’osservazione fatta da mons. Rino Fisichella nella sua Introduzione ai documenti ultimi di Fatima, nell’edizione della San Paolo: «Oggi che il segreto viene reso noto è necessario en­trare nello spirito del suo contenuto. Si è chiamati ad abbandonare il linguaggio che ruota intorno al “segre­to” per entrare in quello del “messaggio”. È più im­portante, quindi, lasciarsi provocare dal messaggio che viene da Fatima, entrare nella sua logica e cercare di comprendere cosa può suscitare in noi e quanto può di­re alla fede, più che perseguire fantasie senza alcun ri­ferimento alla realtà».[10]

Bisogna cambiare registro

Siamo dinanzi a un “messaggio” che fa appello alla responsabilità cristiana – osserva De Fiores[11] – e non dinanzi alla ricerca di un “oggetto misterioso”, che primariamente soddisfa la nostra curiosità, in modo disimpegnato. Grave sarebbe se noi tenessimo più al come e quando che al che cosa e perché: vale in ogni esperienza cristiana, vale in teologia (ad esempio, in escatologia).

Il problema nel cristianesimo non è mai la soddisfazione della curiosità, ma la chiamata alla responsabilità. Fatima ci consegna un “messaggio” profetico, non un segreto intimidente e pauroso.

Nei Vangeli la profezia non è mai presentata come un alcunché che crea paura e angoscia e, tanto meno, come una forma di condanna. L’analisi spassionata della profezia, al contrario, porta a verificare ben altri elementi. Sia negli Atti degli apostoli che nelle Lettere di Paolo, i profeti hanno il compito di «consolare», «incoraggiare» e «fortificare» i credenti (cf. At 15,32; 1Cor 14,3).

Ogni forma di profezia, dunque, che si allontanasse da que­sta prospettiva non potrebbe essere considerata una genuina profezia cristiana. Oggi che il segreto è stato reso noto, è necessario en­trare nello spirito del suo contenuto. È più im­portante, quindi, lasciarsi provocare dal messaggio che viene da Fatima, entrare nella sua logica e cercare di comprendere che cosa può suscitare in noi e può di­re alla fede, anziché perseguire fantasie senza alcun ri­ferimento alla realtà.

Fare discernimento

La libertà che scaturisce dalla fede sa discernere quanto ha valore per la vita perché tocca l’es­senziale e quanto, invece, non lo è. Ebbene, dal punto di vista della fede, il messaggio di Fatima non dice niente di nuovo. Non poteva essere diversamente, poiché fra i criteri fondamentali che servono alla teolo­gia e alla Chiesa per riconoscere il valore di una profe­zia, o di un contenuto conosciuto per visione, sta nel verificare che non solo nulla venga detto in contrad­dizione con la rivelazione di Gesù Cristo, ma che nep­pure nulla vi venga aggiunto. È la “recirculatio” di cui parlano i padri della Chiesa: è l’insistenza fedele e pedagogicamente fertile (“repetita iuvant”) con cui Dio educa il suo popolo alla sapienza del Regno.


[1] Tarcisio Bertone con Giuseppe De Carli, L’ultima veggente di Fatima, pp. 51-58.
[2] Cf. A. Socci, Il quarto segreto di Fatima, Rizzoli 2007, passim.
[3] Questi documenti comprendono: il testo delle tre parti del cosiddetto “Segreto”, la Lettera di Giovanni Paolo II a sr Lucia (9.4.2000), la dichiarazione del card. Angelo Sodano resa a Fatima (13.5.2000), nella quale annunciava la volontà di Giovanni Paolo II di rivelare la terza parte del “segreto”, il resoconto della visita del card. Tarcisio Bertone a Lucia (27.4.2000).
[4] MF, p. 34.
[5] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 67.
[6] MF, p. 34.
[7] MF, pp. 32. 34.
[8] E. Dhanis, Sguardo su Fatima e bilancio di una discussione, in: La Civiltà Cattolica 104, 1953 II, pp. 392-406, in particolare p. 397.
[9] MF, p. 35.
[10] R. Fisichella, Introduzione a Congregazione per la Dottrina della fede, Il messaggio di Fatima, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2000, pp. 3-4.
[11] S. De Fiores, voce Fatima, in Maria. Dizionario, Dehoniane, Bologna 2007, pp. 668 ss.

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