Francesco ai neocatecumenali: “Andate, ma…”

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Per i 50 anni dalla fondazione, sabato 5 maggio papa Francesco ha incontrato il Cammino Neocatecumenale. E ha offerto loro la sua benedizione convinta e qualche riflessione su come poter essere uniti nella diversità delle culture e delle componenti ecclesiali. Un discorso di apprezzamento con, forse, il secondo fine di indurre a qualche riflessione per stemperare tendenze troppo autocelebrative?

Al primo posto la missione

«Andate. La missione chiede di partire – ha ribadito il papa. Ma nella vita è forte la tentazione di restare, di non prendere rischi, di accontentarsi di avere la situazione sotto controllo. È più facile rimanere a casa, circondati da chi ci vuol bene, ma non è la via di Gesù. Egli invia: “Andate”. Non usa mezze misure. Non autorizza trasferte ridotte o viaggi rimborsati, ma dice ai suoi discepoli, a tutti i suoi discepoli, una parola sola: “Andate!”. Andate: una chiamata forte che risuona in ogni anfratto della vita cristiana; un invito chiaro a essere sempre in uscita, pellegrini nel mondo alla ricerca del fratello che ancora non conosce la gioia dell’amore di Dio».

La raccomandazione ha riguardato l’uso che il cristiano può e deve fare della fede rispetto all’atteggiamento da maturare nella missione. Qui papa Francesco ha usato termini molto chiari. «Per andare bisogna essere leggeri. Per annunciare bisogna rinunciare. Solo una Chiesa che rinuncia al mondo annuncia bene il Signore. Solo una Chiesa svincolata da potere e denaro, libera da trionfalismi e clericalismi testimonia in modo credibile che Cristo libera l’uomo. E chi, per suo amore, impara a rinunciare alle cose che passano, abbraccia questo grande tesoro: la libertà. Non resta più imbrigliato nei propri attaccamenti, che sempre reclamano qualcosa di più, ma non danno mai la pace, e sente che il cuore si dilata, senza inquietudini, disponibile per Dio e per i fratelli».

Non imponete un senso di marcia

Una raccomandazione ulteriore è stata fornita a proposito del «senso di marcia», e qui si può forse leggere in controluce un suggerimento rispetto alle critiche avanzate nel corso di questi anni alla modalità di impegno ecclesiale del Cammino. «Camminare insieme è un’arte da imparare sempre, ogni giorno. Bisogna stare attenti, ad esempio, a non dettare il passo agli altri. Occorre piuttosto accompagnare e attendere, ricordando che il cammino dell’altro non è identico al mio. Come nella vita nessuno ha il passo esattamente uguale a un altro, così anche nella fede e nella missione: si va avanti insieme, senza isolarsi e senza imporre il proprio senso di marcia; si va avanti uniti, come Chiesa, coi pastori, con tutti i fratelli, senza fughe in avanti e senza lamentarsi di chi ha il passo più lento. Siamo pellegrini che, accompagnati dai fratelli, accompagnano altri fratelli, ed è bene farlo personalmente, con cura e rispetto per il cammino di ciascuno e senza forzare la crescita di nessuno, perché la risposta a Dio matura solo nella libertà autentica e sincera».

Forza delle famiglie e no ai modelli prestabiliti

Quanto poi alla «forza dell’annuncio», il papa ha apprezzato particolarmente la dimensione familiare del Cammino, collegata alla testimonianza. «Non contano gli argomenti che convincono, ma la vita che attrae; non la capacità di imporsi, ma il coraggio di servire. E voi avete nel vostro DNA questa vocazione ad annunciare vivendo in famiglia, sull’esempio della Santa Famiglia: in umiltà, semplicità e lode. Portate quest’atmosfera familiare in tanti luoghi desolati e privi di affetto. Fatevi riconoscere come gli amici di Gesù. Tutti chiamate amici e di tutti siate amici».

Ma anche qui, al termine del discorso, papa Francesco ha inserito un segnale di attenzione. «Andate così in missione, pensando di “giocare in casa”. Perché il Signore è di casa presso ciascun popolo e il suo Spirito ha già seminato prima del vostro arrivo. E pensando al nostro Padre, che tanto ama il mondo (cf. Gv 3,16), siate appassionati di umanità, collaboratori della gioia di tutti (cf. 2Cor 1,24), autorevoli perché prossimi, ascoltabili perché vicini. Amate le culture e le tradizioni dei popoli, senza applicare modelli prestabiliti. Non partite dalle teorie e dagli schemi, ma dalle situazioni concrete: sarà così lo Spirito a plasmare l’annuncio secondo i suoi tempi e i suoi modi. E la Chiesa crescerà a sua immagine: unita nella diversità dei popoli, dei doni e dei carismi».

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