Marx e la Chiesa tedesca

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dimissioni

Che le acque della Chiesa tedesca siano agitate è fuor di dubbio. Una visita apostolica alla diocesi di Colonia, il vescovo di Amburgo che rimette il proprio ufficio nelle mani del papa, le tensioni reali e non che contornano il Cammino Sinodale – e, infine, la pubblicazione della lettera con cui il card. Marx chiede a papa Francesco di accettare le sue dimissioni da vescovo di Monaco (non si dice nulla però dei suoi incarichi vaticani, dai quali Marx non ha evidentemente intenzione di tirarsi indietro).

Ci sarebbe materiale per scrivere più volte al giorno. Tra il tanto che si scrive, merita di essere richiamata l’intervista rilasciata dal gesuita Andreas Battlog – a lungo direttore di Stimmen der Zeit. Caratterizzata da tratti personali, di vita comune, è capace di apportare una visione pacata sulla vicenda Marx. L’augurio è quello che Francesco non accetti le dimissioni, stante le cose che si conoscono fino a ora e i motivi addotti da Marx nella sua lettera.

Augurio che ha le sue motivazioni: Marx ha certo commesso degli errori nella gestione di casi di abuso nelle Chiese locali di cui è stato vescovo; ma è altrettanto evidente che da essi ha imparato, che le cose successe non sono passate via come acqua che scorre ma si sono incise profondamente nel suo animo. Così profondamente che sono diventate il criterio di un discernimento spirituale, che ha trovato il suo esito nella lettera inviata al papa.

Ora, annota Battlog, sarebbe paradossale se il primo papa gesuita non procedesse egli stesso a un discernimento spirituale sulla questione. Questo chiede tempo, preghiera, approfondimento non solo delle conoscenze ma anche delle sensazioni. Il discernimento serve a evitare reazioni emotive alle cose che accadono e, soprattutto, ad arrivare a decisioni non scontate – esattamente perché si legge quello che accade nella luce dello Spirito.

E richiede tempo – quello che l’impazienza della presa diretta, del sondaggio perpetuo, non concede. Questo tempo può apparire insopportabile per coloro che hanno visto i loro vissuti violentati dal sistema cattolico della Chiesa – eppure, questo è il prezzo che si deve essere pronti a pagare per cercare decisioni secondo giustizia e, soprattutto, che sappiano rendere giustizia alle vittime.

La domanda, rispetto a Marx, è se sia davvero un bene gettare via l’esperienza di uno che ha imparato dagli errori commessi, che si è lasciato abitare dalla inquietudine drammatica che essi comportano. E se sia corretto giudicare oggi, con le conoscenze e la sensibilità del 2021, fatti e procedure di 15/20 anni prima.

Domanda più che legittima e pertinente, doverosa in questo caso. Domanda dietro cui però sta una sorta di perversa cecità sistemica della Chiesa cattolica, non solo quella tedesca. Perché già verso la fine del primo decennio del XXI secolo vi erano tutte le condizioni per maturare la sensibilità e le competenze che si sono oggi faticosamente acquisite.

Questi ritardi si pagano, anche sul piano personale. Marx ha parlato di “fallimento sistemico” della Chiesa tedesca rispetto agli abusi – la decisione a cui è arrivato, per quanto lo possa eventualmente onorare, ha sotto molti punti di vista il sapore di un tassello ancora tutto interno a questo fallimento sistemico. Battlog sottolinea la forza dell’aver detto “io”, che ha spezzato l’anonimato del “si” e del “noi” collettivi – ed è certo cosa vera. Ma la logica sistemica può sacrificare tutti gli “io” di cui dispone, e che può cambiare a piacere, rimanendo del tutto immune rispetto a quella forza che aspirerebbe a essere quantomeno un briciolo sovversiva.

Ci auguriamo che sia l’ultimo, anche se sono troppi gli indicatori che ci dicono che non sarà così – perché quella tedesca, divenuta oggi pienamente consapevole della sistemica del suo fallimento, non è l’unica Chiesa che compone la cattolicità. Prepariamoci per vedere la stessa scena di rimozione sistemica del fallimento altrove – e la cosa non dovrebbe meravigliarci.

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