Media vaticani: trama e interpreti

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Scelte inattese, colpo di scena, botti di fine anno, guerra aperta: sono alcune espressioni usate per annunciare i recenti cambiamenti dei responsabili nei media vaticani.

Il 31 dicembre si dimettono il direttore e vicedirettore della Sala stampa, Greg Burke e Paloma Garcia Ovejero. Il primo viene sostituito ad interim da Alessandro Gisotti.

Il 18 dicembre Andrea Tornielli viene nominato direttore editoriale dei media vaticani e Andrea Monda succede a Giovanni Maria Vian alla direzione de L’Osservatore Romano.

In luglio era stato nominato nuovo prefetto della Segreteria della comunicazione Paolo Ruffini. Si ridefiniscono così i vertici della comunicazione vaticana. Nel disegno della riforma curiale, la Segreteria della comunicazione è rilevante per la funzione e per i numeri. Su 3.000 dipendenti, oltre 700 lavorano in radio, Centro televisivo, tipografia vaticana, Osservatore Romano, Sala stampa, servizi Internet.

Burke e Ovejero sono stati nominati l’11 settembre 2016, dopo le dimissioni di p. Federico Lombardi.

Il primo, statunitense, aveva lavorato per la Reuters, per il National Catholic Register e per Fox News per poi essere chiamato in Segreteria di stato e in Sala stampa, come vicedirettore. Appartiene all’Opus Dei.

La seconda, spagnola, è stata redattrice della radio Cadena Cope della conferenza episcopale. È considerata vicina ai neocatecumenali.

Alessandro Gisotti ha lavorato alle Nazioni Unite a Roma e alla radio vaticana e ha insegnato alla Pontificia Università Lateranense. È coordinatore dei social media del dicastero per la comunicazione.

Andrea Tornielli ha collaborato a Il Sabato, a 30 Giorni, a Il Giornale, a Bussola quotidiana, vaticanista a La Stampa, coordinatore del giornale digitale Vatican Insider, oltre che autore di numerosi libri.

Andrea Monda, laureato alla Sapienza e alla Gregoriana, insegna religione nei licei e alla Lateranense e collabora con Avvenire e Civiltà Cattolica.

Giovanni Maria Vian, specialista di letteratura cristiana antica, è stato direttore de L’Osservatore Romano dal 2007 al 2018, dando al giornale un’apertura culturale e mondiale.

Paolo Ruffini ha lavorato con ruoli di grande responsabilità in RAI, a LA7, TV 2000, per poi essere nominato prefetto del dicastero della comunicazione.

Oltre a quelli citati vale la pena ricordare altre tre nomi: mons. Dario Viganò, docente alla Lateranense e alla LUISS, prefetto della Segreteria della comunicazione dal 2015 al 21 marzo 2018; mons. Lucio Adrian Ruiz, docente all’università della Santa Croce e segretario del dicastero della comunicazione che ha diretto dalle dimissione di Viganò fino alla nomina di Ruffini; p. Antonio Spadaro, gesuita, direttore de La Civiltà Cattolica, che insegna alla Gregoriana e accompagna i viaggi di papa Francesco.

Spiegazioni possibili

Fra le interpretazioni, oltre alla sorpresa e all’incertezza indicata da molti, indico tre possibili spiegazioni.

Vi è chi sottolinea i percorsi personali dei singoli e le vicinanze (da TV 2000 a Civiltà Cattolica, a frequentazioni amicali di lunga data con papa Francesco) e la relativizzazione di alcuni movimenti. In particolare l’Opus Dei che “perde” la Sala stampa e non “conquista” il Pontificio consiglio dei testi legislativi (Juan Ignacio Arrieta rimane segretario), mentre il prelato non è stato consacrato vescovo.

Più insistenti le voci che indicano il difficile rapporto fra L’Osservatore Romano e la Sala stampa con la Segreteria dei media. Sia il giornale sia la Sala stampa si vorrebbero collocare in un ruolo autonomo rispetto al dicastero. Burke e Ovejero avrebbero chiesto di essere informati e coinvolti nelle decisioni, mal digerendo le richieste di mons. Ruiz, la nomina di Ruffini e le sue decisioni. C’è chi annota come gli incontri con la stampa durante il recente sinodo dei giovani siano stati gestiti da Ruffini e non da Burke (come faceva in precedenza p. Lombardi).

Una terza ipotesi riguarda il rapporto fra Segreteria di stato e Segreteria dei media. La prima ha sempre sottolineato, come da statuto, che la Sala stampa era alle sue dipendenze per le comunicazioni ufficiali e L’Osservatore Romano aveva nel card. Becciu, ex sostituto per gli affari generali della Segreteria di stato, un riferimento e una difesa rispetto alle ipotesi di mons. D. Viganò di ridimensionare la testata trasferendola sull’on-line o verso un settimanale culturale.

Media e riforma della curia

Un elemento vistoso nella linea delle nomine è il progressivo coinvolgimento dei laici che vanno ad occupare caselle normalmente riservate ai preti. Non credo sia solo motivato dalla penuria degli ordinati.

Un secondo elemento, più critico, è la netta prevalenza degli italiani che, se hanno il vantaggio di conoscere meglio la “macchina”, potrebbero avere lo svantaggio di un orizzonte più limitato e di tensioni personalistiche.

La qualità degli interpreti è decisiva per la trama narrativa. In ogni caso, le sfide immediate si alzano subito come impegnative: dalla Giornata mondiale della gioventù (22-27 gennaio, Panama) al viaggio negli Emirati Arabi Uniti (3-5 febbraio), dall’assemblea di tutti i presidenti delle conferenze episcopali sul tema degli abusi (21-24 febbraio) al viaggio in Bulgaria e Macedonia (5-7 maggio), al sinodo dell’Amazzonia (ottobre).

Il processo complessivo della riforma curiale sta prendendo figura. Il ruolo riconosciuto al dicastero su laici, famiglia e vita, accanto a quello sullo sviluppo umano integrale e alle due segreterie, economica e mediale, caratterizza il nuovo organigramma che non sembra avere recepito l’attesa unificazione della Propaganda fide con il Pontificio consiglio sulla nuova evangelizzazione.

La stesura del gruppo dei 9 cardinali è già passata al Pontificio consiglio per i testi legislativi e poi ai dicasteri. La tonalità prevalente che il documento vorrebbe enfatizzare rispetto alla costituzione tuttora in vigore (Pastor Bonus) è quella dell’evangelizzazione.

Il titolo della bozza è Praedicate evangelium. Una prima parte riflette gli orientamenti di fondo del servizio curiale e una seconda sarà dedicata alla riforma degli uffici. Si vedrà se l’accentuazione sull’evangelizzazione e sul decentramento alle conferenze episcopali troverà conferma nel testo definitivo che potrebbe essere pronto per il 29 giugno 2019, solennità dei santi Pietro e Paolo.

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