Polonia: gender e dintorni

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Nel corso dell’assemblea generale dell’episcopato polacco (Jasna Gora, 27-29 agosto 2020) è stato approvato un documento pastorale (una trentina di cartelle) dal titolo: Posizione della conferenza episcopale polacca sui temi LGBT.

In attesa di una traduzione ufficiale, le reazioni dei media si sono concentrate su aspetti particolari dei gruppi coinvolti (lesbiche, gay, bisessuali e transgender): il no al matrimonio e alla sua equiparazione a quello eterosessuale; la proposta di avviare e sostenere centri di consulenza per aiutare gli interessati che vogliano pervenire a un orientamento eterosessuale; la conferma della condanna morale sulla pratica omosessuale come esito universale, immutabile e non discutibile dell’insegnamento cattolico.

Meno evidenziati il netto rifiuto di ogni aggressività, verbale o fisica, nei loro confronti, l’accoglienza di elementi positivi come il pieno riconoscimento dell’uguaglianza delle persone e il rispetto dei vissuti, spesso faticosi e dolorosi, degli interessati.

La piena recezione della loro identità cristiana, per chi l’afferma e la vive, apre cammini spirituali significativi anche se, in alcuni casi, preclude determinati servizi ecclesiali. È un testo pastorale che entra nel dibattito pubblico molto acceso in Polonia, anche con valenze politiche evidenti. Si propone con un profilo culturale critico rispetto a un sistema valoriale e normativo largamente diffuso in Occidente, ma è calibrato sulla particolare situazione locale.

La sua critica all’ideologia del gender si colloca all’interno di una significativa serie di testi magisteriali pontifici e di episcopati come quello spagnolo e quello portoghese. È il primo testo organico dopo alcuni anni di silenzio degli episcopati, alle prese con le sollecitazioni di papa Francesco che colloca la dimensione morale in secondo piano (non per questo “secondaria”) rispetto all’annuncio del Vangelo.

Ne recepisce la dimensione immediata di denuncia (del resto Francesco in un dialogo con i vescovi polacchi il 27 luglio 2016 aveva detto: «In Europa, in America, in America Latina, in Africa e in alcuni paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste – lo dico chiaramente con nome e cognome – è il gender»), ma non il quadro di riferimento.

Si colloca sull’asse neo-intransigente di «dottrina-legge naturale», piuttosto che su quella «segni dei tempi-storia comune». Il testo più citato è quello della Congregazione per l’educazione cattolica Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione (Roma, febbraio 2019), ma con minore disponibilità al confronto.

Con qualche fatica si ricordano i due testi della Pontificia commissione biblica: Bibbia e Morale (2008) e Che cosa è l’uomo? (2019). Il nocciolo duro dell’argomentazione è nel magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI (Redemptor hominis, Veritatis splendor, Fides et ratio, Familiaris consortio, Donum vitae, Mulieris dignitatem).

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No alla discriminazione, sì alle critiche

Distribuito in 105 punti, il documento è scandito da quattro capitoli: la sessualità nella visione cristiana dell’uomo; i movimenti LGBT e la società democratica; le persone LGBT dentro la Chiesa cattolica; il gender e l’educazione sessuale cristiana dei bambini e dei giovani.

Eccone alcune tracce.

L’uomo è la via fondamentale della Chiesa e il Cristo è il riferimento più profondo dell’umano. Questo giustifica la cordialità del rapporto con chiunque da parte della Chiesa senza rinunciare alla coerenza del suo insegnamento. È anche l’atteggiamento da mettere in campo rispetto al movimento della «rivoluzione sessuale» di cui l’ideologia del gender è parte. La sua pretesa di separazione fra sessualità biologica (sesso) e culturale (genere) nega la complementarità fra uomini e donne e auspica una società senza differenze di genere.

Sessualità: fra ragione e rivelazione

La sessualità maschile e femminile nella visione cristiana si avvale della dimensione razionale come della benedizione implicita nella creazione di Dio in un orizzonte personalistico che la caratterizza da decenni. In molte aree della riflessione contemporanea si trovano elementi preziosi sulla corporeità, sulla sessualità e la loro integrazione nella struttura personale di ciascuno. I limiti dell’approccio materialistico-naturalistico si ritrovano nella separazione dell’ideologia del gender fra sesso socio-culturale e sesso biologico.

In essa i ruoli, i comportamenti e gli attributi sessuali sarebbero costruiti dalla società, mentre la riflessione di sessuologi, genetisti, endocrinologi e neurologi su una decina di criteri afferenti alla sessualità (cromosomico, gonadico, ormonale ecc.) indicano che solo due hanno diretto riferimento alla società: il genere psicologico e quello sociale.

L’antropologia cristiana, invece, integra gli elementi corporei e spirituali in un concetto unitario di persona umana. La sessualità nella sua distinzione fra femminile e maschile è in ordine alla riproduzione, ma soprattutto all’amore, alla maturazione dell’istinto, alla capacità oblativa e alla responsabilità del singolo e della coppia. Coglie la distinzione fra istinto e desiderio, fra pulsione e sublimazione.

Nel contesto sociale possono emergere stereotipi, disparità e persino violenze, ma l’approccio personalistico, al contrario, implica sempre il rispetto e la valorizzazione della dignità e dei diritti individuali. La Chiesa ha sviluppato una vera e propria teologia del corpo che qualifica il femminile e il maschile, rivelando la reciprocità e la comunione fra le persone.

Società normativa e accogliente

Nella società democratica i riferimenti culturali LGBT intaccano i principi morali universali della verità sull’uomo e rompono il delicato equilibro fra verità e libertà. La Chiesa non si sottrae al compito di proclamare come obbligo il rispetto della dignità di tutti, compresi quanti vivono nelle condizioni LGBT, ma non si esime dall’indicare i limiti dell’ideologia del gender e della sua denuncia ingiustificata di una pretesa egemonia della normatività eterosessuale.

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È quindi condivisibile il contrasto alle violenze, al mobbing, alla stigmatizzazione ed esclusione sociale di omosessuali e transgender. Qualsiasi atto di violenza fisica o verbale e tutte le forme di comportamento aggressivo nei loro confronti sono inaccettabili. Ma questo non deve andare a detrimento né del bene sociale comune garantito dalle famiglie, né della libertà di pensiero e di espressione.

Ci sono già elementi che indicano una possibile deriva: dagli imprenditori che vengono penalizzati se non si adeguano a indicazioni provenienti dall’ideologia del gender, alla libertà di espressione di insegnanti e dipendenti pubblici. Apprezzando i cambiamenti positivi della nuova cultura della sessualità come la richiesta di piena parità fra uomo e donna, da quella delle retribuzioni alla divisione dei compiti familiari, i vescovi non si sottraggono al compito di creare centri di consulenza per omosessuali che insistentemente chiedono aiuto per arrivare a un diverso equilibrio eterosessuale, a condizione di una libertà piena e di non avere pregresse esperienze di convivenza omosessuale (n. 38).

Parte della Chiesa

L’appartenenza alla comunità sociale e alla cultura LGBT non comporta l’esclusione dalla comunità ecclesiale, che può avvenire solo con l’apostasia. L’amore di Dio abbraccia ogni persona in ogni condizione e la salvezza in Gesù è offerta a tutti. La dottrina ecclesiale mantiene il suo giudizio negativo verso gli atti omosessuali e il cambiamento di sesso, pur consapevole che in alcuni casi possono verificarsi circostanze che riducono o escludono la colpa morale.

L’invito dei vescovi, in conformità al Catechismo della Chiesa cattolica, è di vivere in castità e di restare nubili. Nessun confessore può rifiutare l’assoluzione a una persona che esprime un sincero rammarico per i suoi peccati e dichiara di volersi convertire.

L’affermazione della complementarità fra uomo e donna attraversa l’intera Scrittura, consolidandosi come realtà evidente e normativa. Ciò significa che il corpo non può mai essere trattato arbitrariamente o esposto alla libera disponibilità dei desideri. Alla luce delle interpretazioni bibliche e teologiche che convergono nella censura al comportamento omosessuale, la Chiesa – secondo i vescovi – ha espresso in merito un insegnamento universale, immutabile e infallibile (n. 50). La tendenza omosessuale è considerata oggettivamente disordinata (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2357).

Tutto questo ha delle conseguenze nel contesto delle vocazioni e dei servizi ecclesiali. Persone con profonde tendenze omosessuali non sono accettate nei seminari, come non è possibile né celebrare né benedire un legame fra omosessuali. I vescovi ricordano che la Chiesa si oppone all’equiparazione civile di queste unioni con il matrimonio. Mentre non vi è problema nel battesimo di figli di coppie che vivono in relazione mono-sessuale. Per i trans-gender la Chiesa non nega i sacramenti, ma ritiene che l’appartenenza genetica e non quella autodeterminata sia il riferimento da rispettare e da censire per quanto riguarda sia il battesimo sia il matrimonio.

Educare alla sessualità

Un’educazione sessuale positiva e saggia non può esaurirsi in una trasmissione di informazioni e tanto meno in una introduzione a pratiche di sollecitazione sessuale. È la famiglia l’ambiente naturale anche per l’educazione sessuale. Solo in quell’ambiente il bambino comprende di essere frutto dell’amore del padre e della madre, venendo vaccinato da un’interpretazione della sessualità come forza disordinata.

Sia le organizzazioni educative, sia la scuola, e anche lo stato sono a servizio del compito familiare e non possono sostituirlo. L’educazione cristiana in merito si apre, da un lato, alle sfere interessate (fisica, sentimentale, emotiva, spirituale) e, dall’altro, facilita il disciplinamento delle pulsioni nel contesto positivo della castità. Vero argine alle depravazioni morali che attraversano la vita sociale e la comunicazione pubblica e sociale.

Un processo delicato e prezioso che deve tener conto dello sviluppo del bambino e del giovane. Per i vescovi l’insegnamento ecclesiale sulla sessualità fonde il dato naturale con la rivelazione biblica e mostra la pienezza umana della sessualità, così come la responsabilità di questo dono “fragile” affidato alla libertà e alla maturità di ogni singola persona.

Società divisa-dibattito aperto

Per capire il quadro della sua recezione, va ricordata un’inchiesta del luglio scorso (Ibris) da cui emerge che il 46% dei polacchi è contro il riconoscimento civile delle coppie omosessuali, il 44% è favorevole e il 10% si astiene.

Una situazione che preannuncia un dibattito vivace e una possibile diversa dislocazione dei consensi. Se il panorama sociale è contrapposto, i riferimenti teologico-pastorali, pur non essendo privi di stimoli positivi, sembrano datati. Il loro riferimento è infatti verso l’elaborazione dei «principi non negoziabili», sempre più residuali nel magistero, e il confronto con le teorie di genere che invece è solo all’inizio.

«Non ho mai compreso l’espressione “valori non negoziabili”. I valori sono valori e basta… Per cui non capisco in che senso vi possano essere valori negoziabili». La frase è di papa Francesco in una intervista al Corriere della sera (5 marzo 2014).

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Il 13 ottobre 2019 il presidente della conferenza episcopale polacca, mons. S. Gadecki, ha detto: «Sono consapevole del fatto che, per quanto riguarda l’ordine delle questioni mondane, potrebbero esserci anche legittime differenze di opinioni tra i cattolici. Il pluralismo, tuttavia, non può significare relativismo morale. I principi etici fondamentali – a causa della loro natura e del loro ruolo nella vita sociale – non possono essere oggetto di negoziati».

La differenza non è sul’adesione ai principi, ma sulla loro spendita nel sociale e nel politico, sulla loro pretesa di “obbligare” il potere legislativo.

Le sfide

Quanto all’ideologia del gender non ci sono dubbi circa il pensiero dei predecessori e di papa Francesco. Tornando dalle Filippine il 15 maggio 2016 l’ha indicato come «uno sbaglio della mente umana»; il 1° ottobre del 2016 come una «colonizzazione ideologica»; il 5 ottobre 2017 come «utopia del “neutro”». Nel n. 56 di Amoris laetitia (2016) si dice: «Un’altra sfida emerge da varie forme di ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la differenza fra la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenza di sesso e svuota la base antropologica della famiglia».

Da un lato, il papa riconduce le questioni morali a un’istanza seconda, perché prima viene il Vangelo; e, dall’altro, non ha alcuna remora a censurare queste posizioni come pura ideologia. Da un lato, evita di trasformare un dissenso etico rispetto alla “morale comune” in una battaglia ideologica ultimativa, dall’altro, non arretra di un palmo nell’indicarne la distanza dal Vangelo e dall’umano, come una visione antropologica inaccettabile e un’imposizione dei poteri del sistema tecnocratico sui poveri, una dimissione della politica rispetto al potere della tecnica nell’info-sfera.

Nella distanza fra le due posizioni (vescovi e Francesco), e nella maggior pertinenza della seconda, vi è la percezione di una sfida più radicale che il teologo Giuseppe Angelini indica come la frattura tra coscienza e società, espressa soprattutto dalla cancellazione dell’interrogativo morale in ambito pubblico.

Le forme pratiche della convivenza sono lasciate a se stesse e la cultura è ricondotta a puro repertorio simbolico, a mero strumento di dissimulazione. Alla Chiesa è chiesto di riaffermare la verità religiosa come documento della verità originaria. Solo a procedere da essa è possibile l’alleanza umana e il compito dell’annuncio.

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