Segreto confessionale senza eccezioni

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SettimanaNews ha proposto più volte considerazioni sul segreto confessionale vs episodi di abusi sessuali, particolarmente in riferimento alla situazione australiana, dove le norme giuridiche ritengono non ci si possa appellare al segreto ministeriale nella fattispecie. Vedi: H. Zöllner: panoramica abusi; Australia: il “segreto” è reato; Segreto confessionale, lotta agli abusi; Segreto confessionale, abusi… e altro; Segreto confessionale: l’obbligo e il suo senso.

Queensland e altri Stati australiani

Torniamo sull’argomento perché alla questione si aggiunge il capitolo Queensland. L’8 settembre sono state promulgate nuove leggi – appoggiate anche dell’opposizione – che danno corpo giuridico alla tolleranza zero nei confronti degli autori di abusi sessuali su minori (di 16 anni) e disabili mentali.

Qualunque adulto non trasmetta informazioni riguardanti tali abusi può incorrere in una sentenza penale fino a un massimo di 3 anni. Anche il sacerdote che sia venuto in possesso di informazioni riguardanti abusi sessuali nella confessione di un autore o di una vittima non può appellarsi al segreto confessionale. Unica eccezione il caso nel quale sia messa in pericolo la vita dell’abusatore.

Anche Vittoria, Tasmania, Australia del Sud e Distretto della capitale hanno adottato leggi che, nel perseguire gli abusi sessuali di minori, obbligano il sacerdote a violare il segreto confessionale. La giustificazione morale del dispositivo legale risiede nel principio che «l’abuso sessuale su un minore non è mai accettabile».

La risposta della Chiesa

Nel dicembre 2017, la Commissione reale australiana costituita nel 2013 per studiare le risposte delle istituzioni ai casi di abuso sessuale su minori ha consegnato un rapporto finale che conclude con 189 raccomandazioni.

La conferenza episcopale australiana ne ha esaminate 80. Di queste, ne ha accolte 47, ne ha respinto 1, ne ha trasmesse 13 alla  valutazione della Santa Sede, per 1 ha disposto un ulteriore approfondimento; 5 sono state accettate in linea di principio, 12 vengono supportate e 1 supportata in linea di principio.

La risposta della Santa Sede riporta la data del 26 febbraio 2020, ma è stata resa nota soltanto il 4 settembre. (La promulgazione delle leggi nel Queensland è dell’8 settembre)

Nella risposta si fa notare che gran parte delle raccomandazioni formulate erano già state assimilate nelle normative dettate alla Chiesa universale. Due  raccomandazioni non possono però essere accolte: quella che  invita ad abolire il vincolo del celibato – sulla base di una presupposta connessione tra celibato e fragilità psicologica che può indurre all’abuso – e quella che delegittima il segreto confessionale.

La Santa Sede ribadisce che «a un confessore è completamente vietato utilizzare le conoscenze acquisite dalla confessione a danno del penitente anche quando è escluso qualsiasi pericolo di rivelazione. … Tuttavia, anche se il sacerdote è tenuto a mantenere scrupolosamente il sigillo del confessionale, certamente può, e anzi in alcuni casi dovrebbe, incoraggiare una vittima a cercare aiuto al di fuori del confessionale o, se appropriato, a segnalare un caso di abuso alle autorità».

In nessun caso riguardante l’autore di abusi che si accusa in confessione l’assoluzione deve essere vincolata alla condizione che si costituisca alle autorità civili.

Argomentazioni di parte cattolica

A gennaio, quando ancora il testo di legge era in discussione, l’arcivescovo di Brisbane (capitale del Queensland) Mark Coleridge aveva affermato che abolire il segreto confessionale rendeva i confessori «meno servitori di Dio che agenti dello Stato».

La Penitenzieria apostolica, in una Nota del 29 giugno 2019, cita papa Francesco: «Anche se non sempre compreso dalla mentalità moderna, [il sigillo sacramentale] è indispensabile per la santità del sacramento e per la libertà di coscienza del penitente; il quale deve essere certo, in qualunque momento, che il colloquio sacramentale resterà nel segreto della confessione, tra la propria coscienza che si apre alla grazia di Dio, e la mediazione necessaria del sacerdote. Il sigillo sacramentale è indispensabile e nessun potere umano ha giurisdizione, né può rivendicarla, su di esso».

Nella risposta della Santa Sede pubblicata il 4 settembre si ricorda che «il confessionale offre un’opportunità – forse l’unica – a chi ha commesso abusi sessuali di ammetterlo. In quel momento si crea la possibilità per il confessore di consigliare e anzi ammonire il penitente, sollecitandolo alla contrizione, all’emendamento della vita e al ristabilimento della giustizia».

La tutela del segreto confessionale non impedisce, anzi impone, che da parte della Chiesa ci si adoperi in ogni modo a impedire che si creino contesti nei quali possa maturare una qualunque intenzione perversa; a delegittimare ogni giustificazione all’abuso, di qualunque tipo; a contrastare ogni costruzione ideologica, culturale e sociale che sminuisca la gravità dell’abuso; a condannare apertamente come blasfemo e disumano ogni accostamento, per quanto remoto, di religione e violenza; a incoraggiare e offrire concreto sostegno alle vittime.

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