Sinodo panamazzonico: Camminare ascoltando

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L’apertura della prima giornata di lavori del Sinodo è avvenuta nella Basilica di San Pietro, vicino alla tomba dell’apostolo, con l’invocazione dello Spirito Santo. Papa Francesco con i membri del Sinodo, i padri sinodali, i periti, gli uditori, ha camminato insieme ai rappresentanti dei diversi popoli dell’Amazzonia, agli indigeni, agli abitanti delle rive dei fiumi, agli afro-discendenti, agli altri gruppi tradizionali, ai missionari e alle missionarie che con queste popolazioni vivono, sino all’ingresso della sala dove si celebra il Sinodo. Anch’io ho “camminato insieme”.

Camminare ascoltando

Pregando e cantando, il gruppo ha realizzato una processione che ha reso ben visibile il senso di questo Sinodo e di questa “Chiesa in uscita”, quella tanto desiderata da papa Francesco. Ho provato la sensazione di partecipare ad un evento tanto atteso, non solo per l’Amazzonia ma per il mondo intero, da parte dei cristiani come di tante persone che guardano al papa e alla Chiesa con speranza e fiducia.

Presso la porta dell’aula Paolo VI, il gruppo di rappresentanti dell’Amazzonia ha consegnato ai membri del Sinodo (che sono in maggioranza vescovi, religiose, religiosi, presbiteri e laici) alcuni simboli. Fra questi i segni della canoa, dei remi, di una rete per la pesca, con i cartelloni e i volti di alcuni dei numerosi martiri del cui sangue è impregnato il terreno della foresta: persone che hanno dato la vita per difendere questa incantevole porzione del creato proclamando così il Regno di Dio in un mondo violento. La consegna dei simboli ha portato significati da conservare e impegni da mantenere.

“Camminare insieme” e, nello stesso tempo, “ascoltare”. Se consideriamo l´icona evangelica dei discepoli di Emmaus, riconosciamo che Gesù, nel camminare insieme ai due discepoli rattristati, si è messo innanzitutto in loro ascolto, per poi rincuorarli. È avvenuto e sta avvenendo qualcosa di analogo: i partecipanti all’evento si sono ascoltati e si stanno ascoltando! Il processo di ascolto è peraltro iniziato sin dall’indizione del Sinodo, due anni fa, attraverso centinaia di incontri che hanno coinvolto più di 80 mila persone, in più Paesi. Ma la fase di ascolto continuerà sino al 27 ottobre e permarrà durante la fase sucessiva, quella dell’attuazione.

L’ascolto non è circoscritto all’interno dell’aula sinodale, ma si svolge anche fuori dalle sue mura. A Roma, così come in altre città, sono organizzati centinaia di incontri e di dibattiti sulle principali questioni trattate: dall’ecologia integrale ai nuovi cammini per la Chiesa.

Nel suo discorso, papa Francesco ha ribadito che il Sinodo è un momento per pregare, per ascoltare con umiltà, per discernere e per parlare con coraggio, permettendo allo Spirito di agire. Francesco ha anche sottolineato che “stare in Sinodo” significa mettersi in un processo ecclesiale in cui si avverta il calore delle comunità: le premure e le cure della Chiesa come una madre. Con questo “sentire” i membri del Sinodo stanno proseguendo i lavori.

L’urgenza della questione ecologica

Il tempo del Sinodo – come consta dall’Instrumentum laboris – è tempo di grazia (kairos) ma è anche tempo di urgenza (cronos), poiché le questioni da trattare sono di impellente attualità.

Una di tali questioni è senz’altro quella ecologica. C’è grave preoccupazione per il presente e per il futuro del pianeta. L’urgenza climatica e la crisi socioambientale stanno ritornando costantemente negli interventi dei partecipanti al Sinodo, quale espressione degli appelli accorati dei popoli amazzonici. La tematica unisce l’intera umanità.

L’Amazzonia e altri biomi sono minacciati da un’ideologia che considera il territorio come un “magazzino di risorse da sfruttare”. Da tale ideologia – che molto preoccupa la Chiesa – l’estrazione e l’esportazione delle risorse sono propagandate come ricetta per dare soluzione ai “problemi economici” e per accelerare la “crescita” mondiale.

La posizione sinodale considera invece il territorio abitato e fonte di vita del mondo: la sua conservazione è la sola condizione per la continuazione della vita. Questo è per noi il creato di Dio, è la madre terra. Per il popolo Yanomami è la Urihi, la terra-foresta, un insieme formato da tanti esseri viventi (piante, animali, persone, spiriti), uno spazio di continuità, non solo fisico, ove tutto è connesso e armonico.

Il modello dello sfruttamento selvaggio che costatiamo in tutto il territorio amazzonico si manifesta nell’allevamento inefficiente del bestiame, nello sfruttamento minerario irrazionale, nella produzione di energia in maniera insostenibile, e tanto altro ancora, portando a inevitabili devastazioni. Il Sinodo sta dicendo che queste denunce non pronunciate solo da pochi fanatici.

L’allerta viene pure da un gruppo di scienziati che sta offrendo il proprio contributo ai lavori sinodali. Secondo questi esperti, gli impatti di un modello che, oltre ad essere egoista, è pure irrazionale, graveranno enormemente anche su coloro che pensano di risultare vincitori di questa brutale “guerra per le risorse”. Tutta l’umanità sarà colpita dall’attacco scriteriato alle risorse idriche ed energetiche, alla produzione alimentare, alla biodiversità.

Il Sinodo, abbiamo detto, è un “camminare insieme” e un “ascoltare”: il Sinodo sta perciò ascoltando il grido che viene dalla terra amazzonica, lo stesso grido dei popoli e dei poveri. Solo dall’ascolto di un tale grido può venire l’energia spirituale per elaborare altri, alternativi, modelli di “sviluppo”, altri progetti di vita rispettosi del creato.

Facciamo dunque risuonare, dal Sinodo, le parole di una donna leader indigena: «La terra non è una merce che si vende o che si compra, perché non ha prezzo; è una madre (vecchia) che va protetta e della quale ci si può solo prendere cura con amore».

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2 Commenti

  1. Giampaolo Centofanti 14 ottobre 2019
  2. Giampaolo Centofanti 13 ottobre 2019

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