Suore: abusi e criteri

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Un documentario e un dossier riaccendono l’attenzione sugli abusi alle suore. Il video è stato diffuso il 5 marzo da Arte, una emittente televisiva francese con il titolo Religiose abusate, l’altro scandalo della Chiesa; il dossier è il n.11 (2018) di Documents Episcopat: «Derive settarie nelle comunità cattoliche».

L’immagine e la parola

Dopo due anni di lavoro in diversi paesi d’Europa e del mondo E. Drévillon, M-P. Raimbault e E. Quintin hanno montato un’ora e mezza di trasmissione. Le decine di testimonianze prodotte, crude e shoccanti, implodono in una denuncia generale e particolare. Quella generale è sul mondo clericale come sistema ecclesiastico di «prossenetismo clericale». In particolare, si censura il pontificato di Giovanni Paolo II come un luogo di coltura dell’impunità e della minimizzazione dei problemi.

La Conferenza episcopale francese ha riaffermato l’impegno nella lotta contro gli abusi sessuali nella Chiesa come «una priorità di cui ciascuno porta una piena responsabilità». Più ampia e argomentata la reazione della Conferenza dei religiosi e delle religiose (Corref). Essa parla di un reportage «agghiacciante» e «difficilmente sopportabile», capace di mostrare una «realtà crudele e orribile». A conferma delle denunce del recente incontro sugli abusi a Roma.

«Il documentario annota le cause interne alla Chiesa: il carattere sacro del prete e del religioso, un potere senza limiti, una concezione svilente dell’obbedienza, un machismo persino viscerale, una furberia allucinante e una reificazione delle donne, anche quando si trovano incinte. Ricorda anche cause esterne come la povertà delle religiose e delle comunità. Una precarietà che può motivare un vero mercanteggiamento sessuale di cui le superiore sono complici».

Se gli istituti internazionali risultano più attenti rispetto a quelli diocesani, resta comunque molto ancora da fare: fine dell’impunità per gli abusatori e delle complicità; denuncia degli abusi di potere, di coscienza e sessuali; sostegno all’indirizzo di papa Francesco e delle Unioni delle superiore e dei superiori generali .

Due le testimonianze particolarmente ampie: l’ex-suora Michèle-France, vittima del fondatore della comunità Saint-Jean, e un’ex-consacrata nella comunità dell’Arche. Le comunità interessate hanno rinnovato le proprie scuse, confermando le condanne già erogate e la memoria già rivista del fondatore della comunità di Saint-Jean.

Comunità settarie

Del dossier di Documents Episcopat riprendo solo i criteri con cui si riconoscono le comunità che hanno derive settarie e che spesso sono i luoghi di sviluppo degli abusi.

  • Scarso discernimento iniziale. Capita di accettare nel ministero e nella vita religiosa persone inadatte. «Con ragioni diversificate: la tentazione del numero e la paura di scomparire, la seduzione del giovanilismo, della potenza spirituale, il misconoscimento o il blocco sulle fragilità psicologiche». Ignorando le indicazioni convergenti del diritto e delle conferenze episcopali per un’attenta informazione soprattutto nel caso di chi migra da un seminario all’altro.
  • Il culto del fondatore. «Succede in determinati gruppi che il fondatore prenda in qualche modo il posto di Cristo: i membri lo venerano, la mettono su un piedestallo, gli garantiscono un’obbedienza e meglio una sottomissione assoluta». Si scambia la paternità e maternità spirituali con usurpazioni e infantilismi.
  • Fuori del gruppo non c’è salvezza. Il gruppo e la comunità rivendica tutte le vocazioni (celibi, sposati, religiosi, preti ecc.), si presentano come diversi da quanto esiste nella chiesa, unici luoghi di fervore davanti alla tiepidezza di tutti. Nessun spazio per competenze esterne (psicologi) o per sapienze estranee (padri spirituali e confessori sono solo interni).
  • Al di sopra delle leggi. Non si considerano del mondo, ma sopra il mondo. E quindi anche sopra le leggi civili e canoniche, senza parlare delle infrazioni economiche e fiscali.
  • La rottura con l’esterno. Nelle loro biblioteche molti autori non entrano, non sono graditi visitatori troppo curiosi o predicatori che non condividono il carisma del gruppo.
  • Tagliare i ponti. Si interrompono i rapporti familiari, amicali e sociali. Si troncano gli studi, la professione, la gestione dei beni. Le informazioni sono filtrate, le letture vengono indirizzate, si confonde lo spirituale con lo psichico. Fino alla rottura anche con le altre espressioni di Chiesa, dalle autorità episcopali alle altre comunità e movimenti.
  • Formazione predeterminata. È «nutrita esclusivamente di scritti del fondatore e di una selezione tendenziosa di autori. L’accento non è mai principalmente sulla parola di Dio».
  • Vocabolario proprio. Nel gruppo hanno corso parole, verbi ed espressioni tipiche che costruiscono una costellazione facilmente riconoscibile.
  • Devozioni molteplici. La scarsa coerenza dottrinale si alimenta della molteplicità delle devozioni, con un particolare accento sul ruolo del maligno e su forme di esorcismo improprio.
  • Condizioni al limite. Carenze alimentari, contrazione dei tempi di sonno, scarsa attenzione all’igiene, lavoro estenuante ecc. Povertà come mendicità. Se succede qualcosa (ferite, cadute e altro) tutto è sublimato nella mistica dell’evento.
  • Disincarnazione e dolorismo. L’autorità parentale è trasferita sul superiore o sul leader. Ogni trattamento terapeutico è risolto con la fede. Ogni sofferenza, in particolare psichica (depressioni, burnout ecc.) o è negata o sottoposta a un consumo eccessivo di farmaci.
  • Proselitismo. «I membri del gruppo escono dalla loro cittadella per convertire, costi quello che costi, gli altri, collocati nell’ignoranza e nell’errore». L’invito a entrare diventa ossessivo, prima che sorgano dubbi o confronti.
  • Confusione tra foro interno e foro esterno. È moneta corrente confondere quello che è rappresentato dalle azioni e dai comportamenti (foro esterno) rispetto a quello che appartiene alla coscienza e all’intimo (foro interno). La medesima persona o lo stesso gruppo sono a un tempo superiori, direttori spirituali, confessori ecc.
  • Voti particolari. Ci sono dei voti aggiunti ai tre della tradizione (povertà, castità, obbedienza) che lasciano spazio a manipolazioni gravi. Ad esempio, il voto di unità, che delegittima ogni critica.
  • Imposizione del segreto. Non si parla all’esterno di quanto succede in comunità e, anche nel caso di visite canoniche, la comunicazione è predeterminata. Quando arriva un commissario si mette in moto un governo parallelo in capo ai vecchi superiori.
  • Menzogne e dissimulazioni. Per ottenere l’approvazione ecclesiastica si cancellano i punti negativi e la documentazione è sotto segreto.
  • Autoritarismo. La virtù più sollecitata è quella della sottomissione incondizionata e assoluta. Grande diffidenza verso il Codice di diritto canonico e le normative previste per la vita consacrata.
  • Stop alle domande critiche. Non si fanno e non si accettano domande scomode. Davanti ad esse la risposta è drastica: «non fai più parte della comunità e del gruppo».
  • Umiliazioni e colpevolizzazioni. «Colui che solleva questioni non ha buona stampa nelle comunità devianti. È subito presentato come traditore». La dinamica relazionale è ridotta all’estremo: o sottomissione o esclusione.
  • Uscita. È sempre dolorosa, senza possibilità di spiegazioni dell’interessato, coperta dal segreto e priva di ogni sostegno economico.
  • Incoerenza. Per il superiore o il leader non valgono le regole comuni. Né per quanto riguarda la vita ordinaria, né per quanto attiene alla gestione finanziaria. Gli abusi sono dietro l’angolo, sia sessuali, sia di potere, sia finanziari.

«Un solo criterio non è sufficiente per qualificare un gruppo come luogo di derive settarie. Soltanto un fascio di criteri permette di prendere coscienza del carattere patologico di una comunità o di una associazione. In realtà è incredibile constatare che l numero di sintomi descritti sopra si ritrovano in maniera ricorrente in tutti i gruppi oggi “chiacchierati”».

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