Trump più pericoloso Kim Jong-un

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«Ho più paura di Trump che di  Kim Jong-un». A dirlo è l’ex abate primate dei benedettini, Notker Wolf, il quale conoscere bene la Corea del Nord per esserci stato una decina di volte. Ora, finito il suo mandato e ormai giunto a 77 anni, si è ritirato nell’arciabazia di Sankt Ottilien in Germania. Ed è qui che Christopher Beschsnitt è andato a intervistarlo per katholisch.de. Di seguito l’intervista.

Notker Wolf

Nel 2013 lei ha detto: «Non credo affatto che  Kim Jong-un inizierà una guerra». È ancora dello stesso parere?

Sì. Io ho evidentemente più paura di Trump che di Kim. Trump è ancora più imprevedibile. Il fatto che abbia minacciato di “sterminio” la Corea del Nord è mostruoso. Questo sterminio è già avvenuto con la guerra di Corea negli anni ’50. Il ricordo è rimasto profondamente impresso nella Corea del Nord. Così come la paura di una aggressione. Per questo è facile spiegare l’aggressività di Kim: egli ha il terrore di perdere il potere. E crede di riuscire a mantenerlo soltanto con il possesso della bomba atomica. Non ha del tutto torto se si pensa alla sorte capitata a Saddham e a Gheddafi.

Il mondo come dovrebbe comportarsi con Kim?

Dovrebbe incontrarlo a quattr’occhi. Egli non desidera altro che di essere preso sul serio. Per questo io consiglio che si giunga a un dialogo diretto tra Washington e Pjöngjang. Con i nordcoreani è possibile trattare, io lo so per esperienza diretta.

Racconti!

Noi benedettini missionari, dodici anni fa, abbiamo costruito un ospedale a Rason, nella zona orientale della Corea del Nord. Le trattative al riguardo all’inizio non sono state facili. Ma una volta, mentre stavo seduto di fronte a un funzionari pluridecorato del regime, all’improvviso mi è venuto da pensare: Dio ha creato e ama anche questo uomo – e naturalmente anche Kim. Quindi ho assunto un atteggiamento rispettoso verso il funzionario e ciò l’ha indotto a trattarmi in maniera corretta. In ogni caso, nel nostro progetto, che finora funziona molto bene, non c’è mai stata nessuna tangente.

Non dovrebbero manifestare rispetto anche i nordcoreani, per esempio, nelle cose riguardanti la religione?

Naturalmente. Nei miei riguardi come monaco non c’è mai stato alcun inconveniente anche quando ho indossato la croce pettorale. Certamente è un peccato che nella Corea del Nord ci sia solo una chiesa cattolica. Se le persone che vi si recano siano dei veri credenti o uomini di Stato incaricati di tranquillizzare l’estero, o ambedue le cose, io non lo so. Veri credenti ci sono probabilmente, per lo meno nella clandestinità.

«Probabilmente» vuol dire che lei non ha mai avuto contatto con queste persone?

No. Poterle accostare è praticamente impossibile. Nella Corea del Nord infatti esiste un sistema estremo di vigilanza: se dei genitori si comportassero in maniera da scostarsi dal regime, sarebbero traditi dai loro stessi figli. Per questa ragione i cristiani devono stare molto attenti. È drammatico. Tuttavia, è un’ipocrisia continuare soltanto a denunciare la mancanza di libertà religiosa della Corea come anche della Cina, e poi accettare tacendo che la stessa mancanza di libertà esista in Arabia Saudita perché là c’è di mezzo il commercio delle armi o del petrolio.

A parte la grande politica, ci può dire qualcosa sulla Corea del Nord?

Sulla gente “normale” purtroppo no, perché è sempre tenuta lontana da noi. La natura è moto salubre, ma c’è molto disboscamento; non esiste nessuna industria inquinante, ma c’è molto bisogno di combustibile. Una cosa curiosa: gli abitanti di confine guardano volentieri se qualcuno ha un giornale nordcoreano. Nessuno può in alcun caso piegare un giornale in modo tale che una piega passi attraverso una foto di Kim.

Il suo Ordine è molto legato alla Corea del Nord: tra il 1949 e il 1952 i comunisti hanno ucciso 38 vostri confratelli. Nel 2009 è stato aperto il processo di beatificazione per i martiri. Com’è ora la situazione?

Le ricerche a questo riguardo nella Corea del Sud sono da poco terminate. Ora i risultati saranno consegnarti in Vaticano. Ma perché ci sia una decisione in proposito ci vorranno almeno un paio d’anni.

Come è la situazione della vostra abazia di Waegwa nella Corea del sud?

Buona, vi sono 140 membri. Tuttavia le vocazioni sono in diminuzione, come anche il numero dei bambini nel Paese.

Pensa che questi bambini un giorno potranno vivere in un Paese unificato?

Una unificazione sarebbe difficile dal punto di vista economico e mentale, perché i nordcoreani sono molto poveri e manipolati dal loro regime. Io prego perché in Corea non scoppi nessuna guerra e prego anche per Kim. Un giudizio su di lui spetterà poi un giorno solo a Dio.

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