Ucraina-Chiese: le leggi e il dopo-guerra

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Il 21 marzo sono state depositate presso il parlamento ucraino due (discutibili) progetti di legge che interessano le Chiese e, in particolare, quella filo-russa del metropolita Onufrio.

Il primo, presentato da Cirillo Oksana Savchuk, unico deputato del partito di estrema destra Svoboda, chiede l’interdizione sul suolo ucraino di ogni organizzazione religiosa che faccia riferimento al Patriarcato di Mosca. Il secondo, presentato dall’ex ministro dell’istruzione Inna Sovsun del partito liberale, chiede la chiusura delle attività delle organizzazioni religiose se il loro centro decisionale è in una nazione che ha attaccato militarmente l’Ucraina o ne occupa dei territori.

I due progetti di legge

Il primo progetto di legge prevede il sequestro di tutti i beni ecclesiastici della Chiesa filo-russa e un lasso di tempo di 14 giorni per parrocchie, monasteri e istituti educativi per decidere se passare alla Chiesa autocefala o ad altra obbedienza. I grandi monasteri storici di Kiev, Potchaȉev e Sviatogorsk diventeranno di proprietà dello stato. I servizi di sicurezza provvederanno a verificare la situazione prima e dopo.

Il secondo progetto riprende con modifiche una precedente legge, approvata all’indomani del tomo sull’autocefalia (6 gennaio 2019) e successivamente bocciata dalla Corte costituzionale. Prevede di riservare la dizione «Ucraina» solo a Chiese che hanno nel paese il loro centro di autorità.

Il cambiamento di nome innesta la necessità di ridiscutere le singole proprietà e le singole comunità. Nei primi mesi del 2019 venne approvata una legge che facilitava il passaggio da un’obbedienza all’altra (moscovita o kieviana) con una decisione assembleare della singola comunità parrocchiale. Si prevedeva allora anche l’utilizzo condiviso delle due Chiese dei grandi edifici ecclesiastici di Kiev. Cosa che non si è verificata.

Ridisegno post-bellico

La Chiesa russa, attraverso il suo portavoce, Vladimir Legoyda, ha stigmatizzato le proposte legislative prevedendo l’aggravarsi della situazione sociale e l’esasperazione dei conflitti confessionali.

«Preti e fedeli della Chiesa ortodossa ucraina (filo-russa) già da alcuni anni sono attaccati e perseguitati da rappresentanti dei gruppi scismatici (autocefali) e nazionalisti. Recentemente le persecuzioni sono diventate ancora più dure». Senza alcun riferimento all’aggressione militare russa. In piena sintonia con il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, che parla di iniziative «estremamente negative».

È la guerra a favorire le modifiche delle appartenenze delle confessioni ortodosse. E, in particolare, il pieno appoggio del patriarca Cirillo all’aggressione militare russa.

Il sito della Chiesa di Mosca racconta di perquisizioni a cui sono sottoposte le chiese e le comunità della Chiesa filorussa, come la decisione di alcuni comuni dell’area di Leopoli che hanno deciso la chiusura delle comunità, sospettate di collaborazionismo. Nel distretto di Kolomyia (Ivano-Frankivsk) è stata sequestrata una chiesa ed estromessa la comunità. Gli aiuti previsti da Mosca, sull’altro fronte, vengono indirizzati solo a comunità filorusse.

«Ricordiamo – commenta criticamente Andrej Kordotchkin, segretario della diocesi ispano-portoghese della Chiesa russa – che all’indomani della nascita della Chiesa autocefala da parte di Costantinopoli solo due vescovi (filorussi) sono transitati in quella. Oggi invece, in seguito alla guerra, più di 15 diocesi ucraine (e un centinaio di parrocchie) hanno cessato di ricordare nella liturgia il patriarca di Mosca. Una tendenza centrifuga sempre più forte».

Per il patriarca Cirillo è il «momento più difficile della storia contemporanea. Molte forze cercano di spezzare il corpo unico della nostra Chiesa». «L’Ucraina è già perduta», conclude K. Chapnin, già collaboratore di Cirillo.

Una rivoluzione di palazzo?

Thomas Kremer, esperto sulle Chiese orientali (Eichstätt – Germania) prevede scelte drastiche:

«La Chiesa ortodossa russa è un gioiello della cristianità con la ricchezza della sua storia e teologia. Da non sottovalutare neppure in questi tempi. Ma l’attuale guerra rappresenta il “crepuscolo degli dei”. L’atteggiamento di Cirillo si colloca in un punto indifendibile nella storia del cristianesimo. Molti teologi ortodossi, anche russi, ne sono pienamente consapevoli. Soffrono molto. Potrebbe essere inevitabile una “rivoluzione di palazzo”, perché una parte dell’attuale leadership considera la situazione intollerabile. È tempo di uno stato di confessione per le comunità russe. Lo stanno già facendo, ma non esplicitamente. Questo per il bene della pace in Ucraina e per il futuro della Chiesa ortodossa russa».

Un diplomatico vaticano confida a La Croix:

«Bisogna incominciare a lavorare per il dopo. Un giorno o l’altro la guerra finirà e sarà necessario ricostruire la pace. La Chiesa guarda lontano perché il suo fine è la salvezza del mondo, di tutti gli uomini, e non la vittoria di una nazione sull’altra. Per una logica di riconciliazione vi sono molte cose da fare, da subito».

Niente resterà come prima. Qualcuno ha già ipotizzato che il vescovo Onufrio venga chiamato a sostituire Cirillo, salvando il rapporto con Mosca della Chiesa ortodossa ucraina. Ma questo dovrebbe passare dal sinodo e dal grande elettore (Putin).

Altri attendono che riemerga un’ipotesi accarezzata dai greco-cattolici. Se si imponesse in Ucraina la Chiesa autocefala, il sogno degli ultimi arcivescovi maggiori delle comunità greco-cattoliche (Husar e Shevchuk) potrebbe diventare plausibile: un unico patriarcato con due obbedienze (Costantinopoli e Roma).

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Un commento

  1. Marco Ansalone 1 aprile 2022

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