Un processo nuovo per la Chiesa

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Un gruppo di teologi, religiosi e religiose, vescovi, storici ha indirizzato una Lettera al papa Francesco e al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il card. Gerhard Müller. Fatta pervenire in marzo, non ha ricevuto alcuna risposta ufficiale se non una copia del libretto: Per promuovere e difendere la fede, da parte del segretario del dicastero romano, l’arcivescovo spagnolo Luis Ladaria Ferrer. Ha reso nota la lettera il 20 aprile l’Associazione dei preti cattolici d’Irlanda (ACP).

Un nuovo processo per la Chiesa
e per la Congregazione per la dottrina della fede

«Deve essere presente colui contro il quale si fa l’inchiesta, a meno che non sia in contumacia; gli si espongano i capi di accusa sui quali verte l’inchiesta, perché possa difendersi; gli si devono far conoscere le accuse portate contro di lui, e anche i nomi dei testimoni» (Concilio Lateranense IV, Costituzione VIII).

Introduzione

Oggi è largamente accettato nella Chiesa che i processi e le procedure della Congregazione per la dottrina della fede (CDF) siano contrari alla giustizia naturale e bisognosi di riforma. Essi rappresentano i principi legali, i processi e gli atteggiamenti dell’assolutismo europeo del XVI secolo. Non riflettono i valori evangelici di giustizia, verità, integrità e misericordia che la Chiesa professa di sostenere. Non si accordano ai concetti moderni di diritti umani, credibilità e trasparenza che il mondo si aspetta dalla comunità cristiana e che la Chiesa cattolica chiede alle organizzazioni secolari. Lo scopo della proposta di un nuovo processo è riflettere l’atteggiamento di Gesù (cf. Mt 18,15-17), e integrare quei valori che il mondo considera basilari nel funzionamento di una società civile.

Principi sottostanti il Nuovo processo della CDF

Alla base di ogni procedura ecclesiastica dev’essere posto un insieme di principi, tra i quali figurano un giusto ed equo processo, la credibilità della CDF e delle conferenze episcopali, la presunzione di sincerità, innocenza e lealtà verso la Chiesa delle persone indagate, così come la trasparenza e l’ampio coinvolgimento della comunità cattolica locale e del Sinodo dei vescovi in rappresentanza della Chiesa universale. La proposta di processo qui allegata vorrebbe evitare alcuni degli aspetti peggiori delle attuali indagini della CDF, così come sono stati vissuti dai firmatari della presente e da altri soggetti che hanno avuto questioni con la CDF in questi ultimi cinquant’anni.

  1. Il processo punta a evitare la denuncia anonima da parte di persone sconosciute ai soggetti sotto indagine. La pubblicazione dei nomi eviterà affermazioni superficiali spesso provenienti da parte di singoli o organizzazioni che non hanno alcuna qualifica.
  2. Lo stesso vale per i consultori segreti incaricati dalla CDF. I consultori e le loro qualifiche nell’ambito in esame devono essere identificati o comunque verificati. Questo offre a chi è indagato la possibilità di conoscere propensioni, competenze, formazione e altro ancora dei consultori incaricati dalla CDF.
  3. Il problema della segretezza forzata e l’isolamento spesso paralizzante in cui si trova la persona indagata vengono evitati facendo in modo che la CDF si rapporti direttamente e personalmente con la persona. Essa non deve più passare in successione attraverso una rete di vescovi e superiori, che potrebbero perfino essere i principali accusatori della stessa persona indagata.
  4. Molto spesso le persone indagate hanno costatato che la loro opera era stata interpretata in modo scorretto o inaccurato dai consultori della CDF; oppure che frasi o opinioni erano state estrapolate totalmente dal loro contesto e che le argomentazioni da loro presentate erano state completamente ignorate. Consultori mai sentiti prima dagli indagati, o per loro totalmente sconosciuti, diventano arbitri assoluti della corretta interpretazione della loro opera. Vengono anche attribuite alle persone opinioni che non sostengono. Il coinvolgimento degli indagati e dei loro consulenti legali dall’inizio lo eviterebbe almeno in parte. Garantirebbe almeno che l’esperienza di consultori provenienti dalle scuole romane di teologia, il loro modo di considerare le dottrine contestate e la loro enfasi su un approccio di tipo proposizionale alle posizioni dottrinali, sarebbero messi in discussione e non sarebbero accettati come normativi da coloro che operano sul versante profetico delle frontiere del ministero e della teologia.
  5. Gli indagati hanno spesso lamentato l’assoluta scortesia e la mancanza delle più elementari buone maniere – lasciando stare la carità cristiana – da parte del personale della CDF. Le lettere sono ignorate o perse. I processi vengono tirati per le lunghe nel tentativo di sfinire la resistenza degli indagati. Sono state indagate anche persone gravemente malate e perfino morenti, e sono stati costretti a rispondere a questioni spesso sciocche. Limiti di tempo stretti per i procedimenti e comunicazioni dirette faccia a faccia eviterebbero questi aspetti. Con la presenza del consulente legale e la consapevolezza che tutta la documentazione e i nomi degli accusatori e di tutte le persone coinvolte saranno fatte conoscere a tutta la comunità cattolica e ai media verranno introdotte alcune garanzie di credibilità, ora del tutto assenti nei processi della CDF.
  6. Il processo, come delineato, impedirà alle medesime persone di agire come investigatori, accusatori e giudici. Demandando al Sinodo dei vescovi i casi dibattuti il processo sottrae le decisioni alla CDF, e colloca le opinioni indagate nel più ampio contesto culturale nel quale sono state inizialmente articolate.
  7. Il discernimento della fede e delle credenze della Chiesa coinvolge la più ampia comunità costituita da teologi, dal popolo fedele di Dio e il sensus fidelium.
  8. Il procedimento non è più connotato dalla dogmatica presunzione di un sistema legale inadeguato che non ha nulla da spartire col Vangelo. Il processo è plasmato dalla misericordia, dal perdono di Dio e da quel confronto aperto che dovrebbe caratterizzare la comunità di Gesù. Acquisisce alcune delle attenzioni contemporanee ai diritti umani e l’esigenza di libertà di parola, pluralismo, trasparenza e credibilità nella comunità ecclesiale.

Firme (si indichino, per favore, nome e professione, quando pertinente):

Dr. Paul Collins, scrittore e giornalista radio televisivo, Australia
Rev. Charles Curran, Scurlock University, professore di valori umani alla Southern Methodist University, Dallas USA
Rev. Roy Bourgeois, prete e attivista, USA
Rev. Brian D’Arcy CP, scrittore e giornalista, Irlanda
Rev. Tony Flannery, CSsR, scrittore e giornalista radio televisione, Irlanda
Sr. Teresa Forcades, OSB, benedettina e fisica, Spagna
Sr. Jeannine Gramick, SL, Loretto Sister, Co-Founder, New Ways Ministry, USA
Sr. Elizabeth A. Johnson, CSJ, docente di teologia, Fordham University, New York, USA
Prof. Paul Knitter, docente emerito di teologia, World Religions and Culture, Union Theological Seminary, New York, USA
Rev. Gerald Moloney, CSsR, direttore editoriale, Irlanda
Vescovo William Morris, emerito di Toowoomba, Australia
Rev. Ignatius O’Donovan ,OSA, storico della Chiesa, Irlanda
Rev. Owen O’Sullivan , OFM Cap. Cappellano e scrittore, Irlanda
Vescovo Patrick Power, ritirato, ausiliare di Canberra- Goulburn, Australia
Rev. Marciano Vidal, CSsR, già professore ordinario alla Pontificia Università Comillas, Madrid, Spagna, professore straordinario all’Accademia Alfonsiana, Roma

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