Veglia in Traditione Symboli

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milano1

Questa parola è per quelli che non si piacciono; questa parola è per quelli che si dicono: “Che disastro! Io non ce la farò mai!”. Questa parola è per quelli che sono intristiti dal sospetto di non meritare di essere amati, che sono depressi dall’impressione di non interessare a nessuno. Questa parola è per quelli che buttano via il tempo, che rovinano la salute, che mettono a rischio la loro vita, perché pensano: “Tanto la mia vita non vale niente!”.

Questa parola è per quelli che stanno fermi invece di essere in cammino, che si chiudono nelle fantasie, nelle parole, nelle immagini che non costano niente invece di mettere mano alle cose da fare nella realtà ruvida e rigida eppure utile e trattabile rassegnati alla convinzione: “Tanto non sono capace!”. Questa parola è per quelli che si eccitano per innamoramenti sperimentali invece che percorrere itinerari per un amore fedele e servizievole, perché si arrendono ai luoghi comuni: “Tanto non dura!”.

Questa parola è per quelli che censurano i loro sogni, che non ascoltano le testimonianze dei santi e dei martiri, che escludono di pensare a una consacrazione perché si sono già rassegnati: “Tanto non ci riuscirò mai!”.

La voce venuta per voi

Per tutti quelli che non riescono ad amare la propria vita viene stasera una voce, una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!” (Gv 12,28). Ma siamo capaci di accogliere questa voce? Siamo disponibili ad ascoltarla? La folla dei presenti già si esclude: la folla che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato” (Gv 12,29).

Invece Gesù raccomanda di prendere sul serio la voce del Padre: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi!” (Gv 12,30).

Mi faccio eco di questa voce e vi invito, vi incoraggio, vi richiamo, vi correggo: questa voce è per voi! Che cosa dice questa voce? Possiamo raccogliere tre messaggi. Quelli che vogliono vedere sono invitati ad ascoltare. Forse i Greci sono mossi dalla curiosità superficiale di chi cerca il personaggio, forse i Greci sono mossi dalla stessa pretesa razionalistica di quelli che vogliono vedere un segno, un miracolo strepitoso per verificare se Gesù sia in grado di convincerli.

Ma non c’è nessun segno da vedere, se non quello del seme che muore per portare frutto, non c’è nessuno spettacolo in cui curiosare. C’è una parola che invita, che chiama, che regala confidenze per chi sta ad ascoltare. Ecco la proposta, l’invito, la raccomandazione: ascoltate il Signore che vi parla!

Ascoltate il Signore che vi parla e rendetevi conto dell’altezza della vostra dignità: voi siete interlocutori di Dio, il Signore del cielo e della terra desidera confidarsi con voi, rivelarvi tutto quello che ha udito dal Padre. Non sottovalutatevi, non fate dipendere la stima di voi stessi dai risultati che ottenete, dagli apprezzamenti che ricevete, dal numero di quelli che entrano nei vostri profili per curiosare nella vostra vita. Voi siete interlocutori desiderati da Gesù: vi ho chiamato amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi (Gv 15,15).

Ascoltate, imparate ad avere familiarità con il Vangelo, leggete e rileggete quello che Gesù vuole dirvi. Non confondete la voce che Gesù vi rivolge con un tuono, con una parola qualsiasi. Ascoltate e raccogliete l’invito a rivolgere lo sguardo a colui che è stato trafitto, per avvertire l’intima attrattiva con cui Gesù vi introduce nella sua amicizia.

Ascoltare la voce

Ascoltate: la parola di Gesù non è una chiacchiera, non è una informazione, è piuttosto una vocazione: “se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (Gv 12,26). Chi ascolta la parola di Gesù impara che la vita non è una scarpa vecchia che non serve a niente, uno scarto della storia.

Siamo vivi perché chiamati a condividere la vita di Gesù. La vocazione non è una carriera, non è una professione, non è una sistemazione. È la sequela di Gesù per partecipare alla sua vita e alla sua gloria. La vocazione non è la parola che ordina di fare qualche cosa, che impone di fare una scelta specifica. È piuttosto l’attrattiva a conformarsi a Gesù: “quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Perciò vi raccomando guardate a Gesù e lasciatevi attrarre da lui, date un bacio al crocifisso il venerdì santo.

E davanti al crocifisso domandatevi quale sia la vostra decisione di oggi per seguire, imitare, servire Gesù. Lasciamoci contagiare dalla testimonianza dei catecumeni che si preparano al battesimo per rispondere all’attrattiva di Gesù.

Il Padre non può fare festa finché non siano riuniti tutti i figli, il buon Pastore non può darsi pace finché non abbia trovato e salvato anche la pecorella che si è smarrita. Se noi condividiamo i sentimenti di Gesù potremo restare indifferenti di fronte ai molti che non ascoltano la parola di vita e non avvertono l’attrattiva di Gesù che ha versato il suo sangue per noi e per tutti?

La docilità allo Spirito di Gesù ci dona un nuovo modo di guardare: se volgiamo lo sguardo intorno a noi, non possiamo essere indifferenti, non possiamo essere intimoriti o sospettosi. Tutti quelli che incontriamo sono amati dal Padre e Gesù attirare tutti a sé.

Non per noi, ma per tutti

La docilità allo Spirito di Gesù ci rende responsabili verso gli altri, perché a tutti giunga l’annuncio della salvezza che è promessa nella Pasqua di Gesù. Non si diventa cristiani solo per se stessi, non si partecipa alla vita della comunità solo per se stessi. Lo ricordiamo ai catecumeni e lo ricordiamo a tutti noi: la nostra festa non sarà piena finché il Vangelo non sia stato annunciato a tutti.

Non manchi a Pasqua una preghiera per gli amici che non fanno Pasqua! Non manchi a Pentecoste una domanda su come io, giovane, posso essere apostolo per i giovani.

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