Vertice vaticano: le reazioni

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Le prime reazioni al termine delle giornate dedicate agli abusi e alla protezione dei minori e al discorso conclusivo del papa abbracciano una gamma di interpretazioni che vanno dalle critiche più aspre, da parte di alcuni, comprese alcune vittime degli abusi, ai pareri più equilibrati e positivi espressi soprattutto da vescovi e da numerosi teologi.

Reazioni negative

Estremamente radicale e negativo il parere anzitutto di Thomas Schüller, esperto di diritto canonico di Münster, nelle affermazioni rilasciate all’agenzia Deutsche Presse. Il discorso conclusivo del papa – ha affermato – «è stato un “fiasco”, un’occasione perduta che ha segnato la fine del pontificato nel senso che papa Francesco non passerà alla storia come un “riformatore” ma come un “conservatore”. Francesco – ha aggiunto – ha descritto nel suo discorso gli abusi come un fenomeno globale che riguarda soprattutto le famiglie, anziché mettersi nella prospettiva delle vittime e della responsabilità della Chiesa. Il suo discorso «è consistito in un dipanarsi di cose ovvie, banali e di routine». Ha cioè relativizzato il problema della Chiesa, presentandolo come un fenomeno generale della società. «Molto male!», ha concluso Schüller.

A questa incredibile critica si è associato anche Matthias Katsch dell’associazione “Tavola rotonda” delle vittime, il quale ha parlato di «un un tentativo vergognoso di mettersi alla testa del movimento senza affrontare la colpa e imprimere un giro di vite contro i colpevoli, avviando un reale cambiamento». Il papa cioè, aveva promesso di porre fine all’occultamento e di mettere alle strette i colpevoli, ma non ha detto quali misure adotterà né come potrà realizzarle in futuro.

Un giudizio negativo è anche quello di Irin Collins, anch’essa vittima di abusi e membro della Commissione pontificia per la protezione dei minori. Ha dichiarato: «Queste affermazioni di combattere gli abusi le abbiamo già ascoltate tante volte. Ma ciò che vorremmo sentire nei dettagli riguarda “il quando e il come”».

Deluso anche Thomas Adonie, presidente della Federazione della gioventù cattolica tedesca. A suo modo di vedere, «nell’incontro dei presidenti delle conferenze episcopali è stato riconosciuto solo in parte che i problemi sono di carattere strutturale. Ma, «finché non ci saranno indagini indipendenti sulle coperture, assunzioni di responsabilità personale e indennizzi adeguati, la volontà spesso dichiarata di un cambiamento per noi non sarà credibile». Inoltre, ha aggiunto, è necessario porre un limite efficace al potere clericale perché la violenza sessuale è soprattutto una forma di abuso di potere.

Ha espresso le sue riserve anche la presidente della Federazione della gioventù cattolica tedesca, Lisi Mayer, perché «i giovani vedono, da una parte, con i loro occhi la rigida morale della Chiesa cattolica nel campo sessuale e, dall’altra, la violenza impunita di coloro che hanno commesso i reati. La fiducia dei giovani nelle istituzioni ecclesiastiche è in tal modo gravemente scossa».

Critico, infine, anche il teologo e psicoterapeuta Wunibald Müller, secondo il quale il vertice di Roma «non ha impresso la svolta e l’inversione di marcia desiderate. I vescovi responsabili, con a capo papa Francesco, hanno mostrato chiaramente di non aver riconosciuto la gravità della situazione. La Chiesa è in una situazione che ricorda l’epoca prima della Riforma protestante, “anzi più drammatica”. Essa rischia persino di andare a sbattere contro un muro».

Vescovi e teologi

Il parere generale dei vescovi e dei teologi è stato, invece, molto diverso e più positivo. Anche se papa Francesco ha presentato solo delle linee guida e non, come molti speravano, misure concrete contro gli abusi sessuali, dal vertice di Roma, a loro parere, è stato tuttavia lanciato un forte segnale alla Chiesa universale. Nello stesso tempo, le linee guida rappresentano un chiaro mandato per i vescovi.

Il card. Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha detto di considerare il vertice vaticano sugli abusi un passo importante verso un movimento mondiale contro la violenza sessuale. La conferenza – ha sottolineato – «ha impresso una spinta al fatto che la Chiesa vede in tutto il mondo una sfida che tutti dobbiamo affrontare». Ma, ha affermato, «questa non è l’ultima conferenza, e un’altra sarà necessaria».

Il cardinale ha respinto anche la critica secondo cui il papa nel suo discorso conclusivo sarebbe rimasto sulle generali. Al contrario, ha detto, «egli ha parlato in maniera molto concreta nei suoi sette punti»; ha proposto «alcune linee guida, anche se non tutto può essere risolto a Roma».

I vescovi sono ora invitati ad agire seguendo una precisa linea: «nessuna copertura, guardare alle vittime, affrontare il passato». Tuttavia, «i problemi riguardanti il diritto canonico dovranno essere affrontati solo sul piano mondiale, e ciò non avviene dall’oggi al domani».

Marx ha negato anche che ci sia una relazione tra gli abusi e il celibato. Ha ricordato che, da uno studio effettuato di recente per incarico dei vescovi tedeschi, è risultato infatti che tale collegamento non esiste.

Per quanto riguarda un possibile rapporto tra omosessualità e abusi sessuali nella chiesa, Marx ha affermato che la ricerca delle cause è compito della scienza. I vescovi devono cercare di vedere dove «ci sono specifiche tentazioni o rischi». A suo modo di vedere, una delle cause è l’abuso di potere, «altri punti fanno parte della formazione e di molte altre cose, e riguardano anche la morale sessuale».

Secondo il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, incaricato della Conferenza episcopale tedesca per i problemi degli abusi, il vertice che si è tenuto in Vaticano sulla protezione dei minori è stato sì «un po’ vago» dopo le molte parole forti e aperte sentite durante l’incontro. Si sperava in «una sorta di lista delle cose da fare», in una tabella di marcia più concreta che indicasse i prossimi passi da compiere. Tuttavia, durante i quattro giorni di incontri, sono stati affrontati molti problemi in maniera chiara e aperta. Papa Francesco si è preoccupato di portare i vescovi di tutto il mondo sul medesimo livello di consapevolezza su come affrontare gli abusi. E questo è stato certamente raggiunto.

Ackermann ha detto di capire le critiche da parte di alcune vittime degli abusi per non aver potuto partecipare di persona alle discussioni. In effetti, in tutte le sedute è stato possibile ascoltare testimonianze ma solo registrate anche se forse «sarebbe stato bene consentire interventi più diretti».

Il vescovo ha anche difeso il discorso del papa dalle critiche di chi lo ha accusato di aver minimizzato gli abusi del clero affermando che ci sono abusi anche nelle famiglie e nelle associazioni sportive. Il papa – ha risposto Ackermann – non ha affatto minimizzato il problema, anzi ha detto che queste azioni nell’ambito della Chiesa sono ancora peggiori.

Come Ackermann, anche il vescovo Stefan Oster, di Passau, ha difeso il discorso conclusivo del papa contro le critiche che gli sono state rivolte: «Ero molto curioso – ha affermato – di sapere che cosa avrebbe detto e lo ringrazio per la sua chiarezza». In definitiva, si tratta di «creare una coscienza sugli effetti drammatici che l’abuso provoca sulle vittime e noi come Chiesa dobbiamo fare il possibile per impedirlo in futuro». E le preoccupazioni della Chiesa devono riguardare le vittime «e non in primo luogo la difesa dell’istituzione».

Da parte sua, il vescovo di Rottenburg-Stoccarda, Gehrard Fürst, ha affermato che la lotta senza compromessi contro gli abusi richiesta dal papa «è l’unica via possibile». E ha sottolineato che, nel discorso conclusivo ai lavori della conferenza, il papa ha dichiarato e promesso che la Chiesa farà di tutto per consegnare alla giustizia gli autori degli abusi. «Anche se papa Francesco ha presentato solo “linee guida” e non, come molti avevano sperato, misure concrete contro gli abusi sessuali alla fine dell’incontro, tuttavia – ha affermato Fürst – dall’incontro di Roma è stato inviato alla Chiesa universale un chiaro messaggio. «Nello stesso tempo, le linee guida, per noi vescovi, sono un chiaro mandato del papa».

Ora la palla passa alle Chiese locali

Spetta ora alle chiese locali prendere in mano la situazione e studiare le strategie più adatte a combattere la tragedia degli abusi. In Germania, il consiglio permanente della conferenza episcopale, già nel novembre scorso – in seguito alle deliberazioni della Conferenza episcopale plenaria di Fulda della primavera 2018 – aveva deciso di avviare cinque progetti per venire incontro alle vittime e promuovere una cultura della prevenzione e aveva anche iniziato ad elaborare delle proprie linee guida.

Nei giorni scorsi, al termine del vertice vaticano, il teologo di teologia fondamentale di Freiburg, Magnus Sriet, a dimostrazione di quanto sia sentito il bisogno di intervenire su tutta questa area – ha lanciato la proposta – che però non ha trovato molti consensi – di un sinodo della Chiesa tedesca a cui dovrebbero partecipare, oltre ai vescovi, anche esperti e rappresentanti del popolo di Dio per discutere sui problemi aperti, perché – come ha dichiarato all’agenzia Deutsche Presse – «in Germania c’è ancora una confusione generale su come procedere». Tra i problemi aperti ha indicato, tra l’altro, anche il modo di parlare della sessualità nella Chiesa e il problema del celibato.

Un altro teologo, Michael Seewald, di Münster, ha insistito sull’importanza di discutere il problema del controllo del potere nella Chiesa, una richiesta questa giunta da varie parti. «Adesso – ha affermato – la palla è nuovamente nel campo delle conferenze episcopali che dovranno affrontare il problema in maniera molto diversa».

Il problema riguarda, comunque, come è stato più volte ripetuto, la Chiesa universale. Echi di interventi giungono anche dall’altra parte dell’Oceano. Negli Stati Uniti d’America il presidente della Conferenza episcopale, card. Daniel Di Nardo, ha annunciato di voler rendere più rigide le direttive circa il modo di procedere contro gli abusi. La Chiesa – ha dichiarato alla rivista Crux – si muove già sulla linea della tolleranza zero, ma in maniera non ancora sufficiente e ha aggiunto che, nella riunione plenaria dei vescovi che avrà luogo il prossimo mese di giugno, saranno decise le nuove responsabilità dei vescovi.

Un deciso impulso ad affrontare i problemi sarà impresso ora anche dal motu proprio e dalle linee contenute in un vademecum, che papa Francesco ha già annunciato di voler presto pubblicare.

È inaccettabile quindi, e del tutto fuori luogo, affermare che il vertice che si è tenuto in Vaticano e il discorso conclusivo del papa siano stati un «fiasco» e un’«occasione perduta».

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