Vescovi tedeschi: plenaria primaverile

di:
plenaria primavera

© DBK

Dal 23 al 25 febbraio si è svolta in videoconferenza l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale tedesca (DBK).

Due i punti che hanno catturato l’attenzione dei media internazionali: la nomina della nuova segretaria generale della Conferenza episcopale,  Beate Gilles (che era responsabile del settore per la famiglia, i bambini e i giovani della diocesi di Limburg, di cui è vescovo il presidente della DBK, mons. G. Bätzing); e la questione degli abusi e della loro gestione da parte delle singole diocesi tedeschi e della DBK.

La nuova segretaria generale della Conferenza episcopale

Su sua richiesta, si chiude dunque l’era Langendörfer alla segreteria generale: per un ventennio il gesuita l’ha caratterizzata come uno snodo strategico della Chiesa locale – soprattutto nella sua interlocuzione con la politica e le istituzioni del paese, da un lato, e con la società, dall’altro.

Costruendo un polo di contatto e interlocuzione sostanzialmente unico nel panorama delle conferenze episcopali europee. Favorito in questo, certo, dall’assetto costituzionale e culturale tedesco per ciò che riguarda il ruolo pubblico delle Chiese e delle religioni; non senza però accompagnarlo con una competenza tutta sua e una capacità di dialogo di sicura qualità.

Questo tratto di presenza significativa e ufficiale nell’interfaccia delle Chiese con le istituzioni del paese e con le varie espressioni partitiche tedesche, ha spinto nel tempo i partiti maggiori a dotarsi ciascuno di un rappresentante per le questioni religiose; con l’istituzione di un “tavolo permanente” di confronto con le Chiese e le religioni. Un modo per le fedi di essere significativamente presenti nella dialettica legislativa e negli snodi maggiori di orientamento etico-culturale della Germania.

Con Beate Gilles la DBK si affida a una persona abituata a lavorare con il presidente Bätzing, le cui competenze culturali e amministrative sono sicuramente fuori discussione. In prima battuta, più del fatto (da rimarcare, certo) della scelta di una donna per questo ruolo nevralgico per il funzionamento della macchina ecclesiale tedesca, sbandierato ai quattro venti da tutta la stampa internazionale, la nomina di Gilles sembra seguire la logica di un certo sbilanciamento della segreteria generale della DBK verso la vita interna della Chiesa tedesca – lasciando, in parte, scoperto il versante di interlocuzione politica e istituzionale.

Dato il suo profilo, Gilles è in grado di apprendere rapidamente anche l’importanza di questa istanza rappresentativa della segreteria generale costruita con arte da Langendörfer.

Abusi: non solo Colonia, non solo sessuali

Sugli abusi, nel corso della conferenza stampa finale, Bätzing ha dato ragione di quanto fatto fino a oggi sul piano nazionale e diocesano, da un lato, e cercato dall’altro di alleggerire quanto possibile l’attenzione mediatica tutta concentrata sul “caso Colonia” e sulla gestione del primo report, secretato e non pubblicato, per mano del vescovo locale, il card. Woelki. Al di là di questo tentativo di strategia complessiva, rimane il fatto che la cattiva gestione della comunicazione e una serie di decisioni prese a Colonia rappresentano un problema oggettivo per le altre diocesi per ciò che concerne la percezione pubblica della Chiesa nella gestione degli abusi.

Preoccupazione, in merito alla vicenda di Colonia, è stata espressa anche da p. Hans Zollner, membro della Pontificia commissione per la protezione dei minori. Zollner ha ricordato che l’ottemperanza formale degli aspetti canonici e disciplinari interni alla Chiesa non esaurisce affatto il compito e la responsabilità dei vescovi davanti agli abusi e le persone che ne sono state vittima.

Quindi il fatto che la Congregazione per la dottrina della fede abbia affermato che, per quanto riguarda il caso per cui Woelki ha chiesto una verifica del suo operato a Roma, la procedura seguita non lede la normativa ecclesiastica in vigore, non solleva automaticamente il cardinale dalle sue responsabilità etiche e pastorali per il modo in cui lo ha gestito. Nel frattempo si è registrato il primo caso (noto) di suicidio di un prete della diocesi, sospeso dal ministero per accuse di abuso sessuale. Anche in questo caso, il comunicato della diocesi con cui si rendeva noto il fatto è apparso essere sostanzialmente formale, burocratico e retorico – il che conferma un problema non solo di strategia comunicativa, ma anche di qualità pastorale e umana della comunicazione attualmente presente nella Chiesa di Colonia.

Casi come quello di Colonia rischiano di mettere in seria crisi e difficoltà una Chiesa locale che è tra quelle che sta facendo gli sforzi maggiori e più seri per una presa in carico degli abusi nella Chiesa, lavorando in stretta collaborazioni con le istituzioni del paese. Trovando nella Dichiarazione congiunta sui criteri e gli standard vincolanti, firmata un anno fa con l’Incaricato indipendente per le questioni di abuso dei minori della Repubblica federale tedesca, l’orizzonte di verifica pubblica e istituzionale dei processi in atto nella Chiesa per la gestione degli abusi (passati e presenti).

Un altro aspetto toccato nella Plenaria è stato quello degli abusi spirituali e di potere, con un riferimento particolare ai movimenti e alle nuove fondazioni di vita religiosa e monastica. Un gruppo di vittime di questo tipo di abusi si era rivolto con una lettera aperta al presidente della DBK Bätzing e a mons. H. Timmerevers, presidente del gruppo di lavoro “movimenti ecclesiali e nuove comunità religiose” della DBK, lamentando una mancanza di attenzione su questo problema e una nebulosità nella possibilità di circoscrivere chiaramente forme di abuso spirituale e di potere nella Chiesa.

Bätzing ha ricordato che, da due anni a questa parte, la Chiesa e i vescovi tedeschi hanno cercato di mettere a fuoco la questione, non sempre facile da delimitare con univocità, e che si sta approfondendo la tematica chiedendo il contributo di esperti di vari settori. Si sta lavorando ora a quello che manca, ossia la “definizione e i criteri dell’abuso spirituale” e per individuare in ogni diocesi una persona di riferimento a cui atti di questo tipo possano essere comunicati e denunciati (Bätzing).

Cammino Sinodale e abbandoni

Altri temi toccati nel corso della plenaria sono stati quello del Cammino Sinodale della Chiesa tedesca e le uscite dalla Chiesa marcate dal sistema fiscale tedesco. Per quanto riguarda il primo, si è aperta la fase di confronto e discernimento sulle bozze dei testi di ogni gruppo di lavoro, con la volontà di “prendere in considerazione per tempo critiche e riflessioni aggiuntive, nel quadro delle procedure proprie del Cammino Sinodale, sui testi presentati o in via di elaborazione” (Bätzing).

Rimane la persuasione di Bätzing, in quanto presidente della DBK, della necessità epocale del Cammino Sinodale per il cattolicesimo tedesco e il suo più convinto appoggio a questo tipo di processo ecclesiale.

Schiacciato nel mezzo tra chi teme che si stia andando troppo in fretta e chi teme che si proceda troppo lentamente, Bätzing ha cercato di liberare il Cammino Sinodale da questo abbraccio che rischia di minarne i possibili esiti più significativi: “Il Cammino Sinodale è un processo spirituale e una chiarificazione di questioni complesse, per questo il discernimento spirituale che è richiesto non si lascia velocizzare a piacere”.

La Chiesa tedesca si trova nella condizione annuale di sapere statisticamente quanti sono coloro che non si riconoscono più in essa pubblicamente. Il numero di abbandoni dal sostegno fiscale alla Chiesa (alle Chiese, a dire il vero, perché anche quella evangelica conosce trend sostanzialmente similari), apre una vera e propria questione pastorale: quella di ritessere il filo di una relazione personale con quella parte di cittadinanza che non si riconosce più nella Chiesa fino al punto di interrompere il rapporto amministrativo con essa – cosa che dice, appunto, della distanza dalla Chiesa come istituzione della fede nella vita del paese.

A questo i vescovi tedeschi hanno dedicato una giornata di studio, convocando esperti di vari settori teologici e pastorali. La crisi in atto, detta in estrema sintesi, rappresenta un’occasione per esplorare nuove forme e pratiche pastorali che sappiano intercettare i vissuti della gente laddove le persone vivono concretamente e realmente.

L’immagine che ne esce, nel complesso, è quello di una Chiesa locale che sta attraversando una fase critica raccogliendo la sfida che essa comporta.

Uno sforzo che tutto il cattolicesimo europeo dovrebbe sostenere, perché quello tedesco, nonostante tutti gli affaticamenti, è ancora quello più capace di abitare la scena pubblica e politica del nostro tempo. Anche quello italiano avrebbe molto da apprendere, soprattutto ora.

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