«Don’t look up»: un futuro realmente possibile

di:

di caprio

Già sorprende che un kolossal catastrofico a stelle e strisce non abbia un lieto fine con l’eroe di turno, magari nero o ebreo, che salva l’umanità… ma che addirittura il mondo venga distrutto da una cometa fuori controllo e che il tutto si svolga senza il tentativo di liberarsi del mostro stellare in arrivo è a dir poco sorprendente. «Don’t Look Up» (letteralmente «non guardare in alto») è molto, molto più di un film anticonvenzionale con un cast stellare. La verità, infatti, è nascosta nel sottotitolo che leggiamo nella locandina: «Basato su fatti realmente possibili». Quella che sembra una semplice trovata pubblicitaria, dopo aver visto il film, offre una chiave di lettura sorprendente.

La domanda, infatti, è questa: quali fatti realmente possibili potrebbero procurare la distruzione dell’umanità intera? Al punto da comportare l’esplosione del pianeta con il contributo decisivo di governi, di vecchi e nuovi poteri, e di popoli desensibilizzati? Senza voler spoilerare il film che merita di essere visto perché divertente, c’è una concatenazione di avvenimenti del tutto possibili.

La scienza impotente

Andiamo per ordine: una cometa di enormi dimensioni è diretta sulla Terra, gli scopritori dell’evento non riescono a bucare l’informazione ufficiale. E ancora: il potere politico e quello mediatico non danno ascolto, anzi contrastano gli scienziati. Quando finalmente capiscono la gravità della minaccia, si lasciano ammaliare da chi vuole sfruttare la cometa con un progetto tecnologico azzardato e tutto va disastrosamente male.

Detto questo (qualcuno direbbe «anche troppo»), entriamo nel cuore della trama e analizziamo ciò che disvela a noi. Innanzitutto il film mette in luce l’impotenza della scienza dinanzi al potere politico, mediatico ed economico. Anzi, i tre poteri sono alleati nel costruire una sorta di alleanza negazionista. Dunque, si pone una questione centrale: quali strade la verità scientifica deve percorrere, oggi, per raggiungere l’opinione pubblica? Domanda per nulla secondaria in un tempo come il nostro segnato profondamente dal negazionismo (vedi il Covid e l’emergenza ambientale).

Inoltre, se la narrazione pubblica è del tutto dominata dalla frammentazione e dall’insostenibile leggerezza dei social che condiziona persino le stanze della politica, cosa resta da fare per ricostruire un’agenda pubblica in grado di rispondere effettivamente ai bisogni dei popoli e alle emergenze planetarie? Ed ancora: quali sono le responsabilità del mondo della comunicazione se è incapace di distinguere il vero dal falso e preferisce appiattirsi sul verosimile e sul divertente, soprattutto se produce audience?

Democrazia in pericolo

Ma soprattutto, ed è il tema più delicato sollevato da questa commedia dark, come si può mettere al riparo il sistema democratico dallo strapotere del cosiddetto «capitalismo della sorveglianza» denunciato solo tre anni fa dalla sociologa Shoshana Zuboff? Non sorprenderebbe se il regista del film, l’acclamato Adam McKay, rivelasse di aver letto il monumentale lavoro della docente alla Harvard Business School e dicesse di aver modellato il suo personaggio più inquietante, l’algido industriale del digitale che «possiede» i dati personali di miliardi di esseri umani, esattamente sulla figura del capitalista di domani (anzi, già di oggi). Cioè del finanziere che utilizza cinicamente la capacità predittiva fornitagli dal monopolio delle nuove tecnologie e che, forte di una ricchezza economica sconfinata (grazie anche al deficit regolatorio dei governi) può indurre la politica, persino costringerla, a scelte errate. Dunque, come nel caso narrato dal film, non distruggere la cometa ma provare a sfruttarne i metalli nobili, anche correndo il rischio del disastro planetario. Condannando i popoli a morte mentre gli straricchi e i potenti vanno in fuga nello spazio.

Al di là di tanti paradossi presenti in questo film sarcasticamente visionario e ironicamente distopico, ora forse conosciamo l’incubo che dobbiamo evitare: essere governati da un presidente folle e corrotto, essere disinformati da giornalisti ridotti a clown, venderci come schiavi ai magnati del digitale, restare vittime della nostra ignoranza.

Quattro condizioni impossibili? E chi può dirlo? Ne basterebbe già una sola per addensare nubi scure… Dunque, aprire gli occhi e alzare lo sguardo non è mai troppo tardi.

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