Francesco: dal gender al “neutro”

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La denuncia alla «teoria di genere» non è mai stata al centro del magistero e dell’interesse pastorale di papa Francesco. Questo non toglie la continuità con il magistero precedente, in particolare Benedetto XVI, e la sua convinzione personale in merito. La sua condanna nasce dall’esperienza di un paese «dall’altra parte del mondo» per il condizionamento di aiuti umanitari in connessione con aperture a liberalizzazioni legislative distanti dal sentire popolare (aborto, contraccezione, «uguaglianza di genere»), dall’esperienza pastorale diretta con persone segnate da situazioni impegnative (omosessuali, transessuali, madri non sposate ecc.), dalla percezione della volontà di potere dentro alcune delle cosiddette “battaglie di civiltà”.

L’utopia del “neutro”

Un passaggio del suo recente discorso all’assemblea generale dei membri della Pontificia accademia per la vita (5 ottobre, cf. Settimananews) riprende il tema gender sotto l’aspetto culturale. «L’ipotesi recentemente avanzata di riaprire la strada per la dignità della persona neutralizzando radicalmente la differenza sessuale e, quindi, l’intesa dell’uomo e della donna, non è giusta. Invece di contrastare le interpretazioni negative della differenza sessuale, che mortificano la sua irriducibile valenza per la dignità umana, si vuole cancellare di fatto tale differenza, proponendo tecniche e pratiche che la rendano irrilevante per lo sviluppo della persona e per le relazioni umane. Ma l’utopia del “neutro” rimuove, ad un tempo, sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita». «L’alleanza generativa dell’uomo e della donna è un presidio per l’umanesimo planetario degli uomini e delle donne, non un handicap. La nostra storia non sarà rinnovata se rifiutiamo questa verità».

La denuncia della “colonizzazione ideologica”

Sostieni SettimanaNews.itDi «colonizzazione ideologica» ha parlato più volte. A Napoli (23 marzo 2015) ha usato l’espressione «sbaglio della mente umana». Vi è un intero numero dell’esortazione apostolica Amoris laetitia dedicato alla teoria di genere (56). Nel luglio del 2016, parlando ai vescovi polacchi, torna sulla denuncia delle colonizzazioni ideologiche e cita espressamente il «gender». Rispondendo a una domanda nel suo viaggio in Georgia (1° ottobre 2016) è ancora più esplicito: «Oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio. Oggi ci sono colonizzazioni ideologiche che distruggono, ma non si distrugge con le armi, si distrugge con le idee».

La denuncia non nasce dalla convinzione di essere il difensore dell’ordine morale con l’illusione di conquistare il potere politico o di condizionarne le leggi, quanto piuttosto dalla consapevole distanza rispetto a una concezione manichea di Dio, concepito come l’anti-male e non come il salvatore di tutti. Non è interessato a guerre frontali di principio: «Non ho mai compreso l’espressione “valori non negoziabili”» (Corriere della sera, 5 marzo 2014). «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate (alla morale)… Io non ho parlato molto di queste cose e questi mi è stato rimproverato. Ma, quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa del resto lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa» (Civiltà Cattolica, 19 settembre 2013). In Evangelii gaudium ricorda la gerarchia delle verità e la estende anche all’ambito della morale (nn. 34-39).

Alimentare il confronto

Vi è la cura di alimentare un confronto culturale, etico e civile senza erodere l’anima evangelica della Chiesa. Tenendo presente che gli studi di genere intercettano un’esigenza di uguaglianza, rispetto e autonomia personali non necessariamente negativi. La sua forza di «ideologia» è nell’interpretazione della moltiplicazione dei modelli familiari, della complessità della filiazione, dell’individualismo auto-normativo, della funzionalità all’egemonia della tecnica e ai poteri transnazionali della finanza. «Il tratto emblematico di questo passaggio (di civiltà) può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo – in quanto specie e in quanto individuo – rispetto alla realtà. C’è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell’io, sul cui altare si sacrifica ogni cosa, compresi gli affetti più cari». «La fede cristiana ci spinge a riprendere l’iniziativa, respingendo ogni concessione alla nostalgia e al lamento».

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Un commento

  1. Andrzej Budzinski 26 febbraio 2019

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