Il Vespro? L’ora del Jazz

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Sessione di Vespro Jazz

Se c’è un genere musicale che ha rappresentato le ambiguità, i contrasti, i desideri di emancipazione delle minoranze discriminate e l’ascesa delle grandi metropoli, quello è stato il jazz: un movimento artistico che ha rappresentato per la musica ciò che il futurismo ha rappresentato per la pittura.

Una forma di ricerca spirituale

Il jazz ha profetizzato lo stile di vita che ha segnato il nostro modo di vivere e abitare la città nell’epoca moderna. Schizofrenico, veloce, eccessivo. Ma il Jazz è stato anche altro: una fondamentale forma di aggregazione per le comunità afroamericane e non ultimo una forma di spiritualità.

Si possono citare, in questa prospettiva, la vita e l’opera di artisti come Albert Ayler, Miles Davis e John Coltrane, solo per fare alcuni nomi. Per quest’ultimo, in particolare, la spiritualità era un punto fermo per la ricerca umana e musicale: «Il mio obiettivo è vivere in modo veramente religioso ed esprimerlo con la musica». Disco simbolo di questo approccio fu A Love Supreme (1964), una sorta di percorso di ringraziamento a Dio composto da Coltrane in quattro lunghi movimenti che hanno segnato la musica del XX secolo. Immergersi nella musica jazz significa insomma accostarsi ai temi prevalenti dell’America, non solo dell’epoca: le diverse culture, il cristianesimo e le religioni.

Vespro Jazz a Peoria (USA)

L′esperienza di Peoria (Illinois)

L’idea che il jazz potesse essere utile alla spiritualità dei suoi fedeli è venuta anche a Denise Clark-Jones, reverendo della Westminster Presbyterian Church a Peoria (Illinois). Da circa un anno, infatti, la parrocchia di Peoria offre un singolare servizio di vespri jazz, che si tiene quasi ogni settimana (la domenica). Si tratta di un modo diverso di approcciarsi al culto, con cui il reverendo Clark-Jones ha familiarizzo durante le funzioni a base jazz che si tenevano periodicamente nelle chiese del suo stato natale, la Pennsylvania; la cosa era assai meno comune  nella zona di Peoria.

Il servizio presso la chiesa sulla West Moss Avenue si basa su una combinazione che mescola famosi standard jazz a composizioni originali. Il progetto musicale è guidato da David Hoffman, trombettista e in passato compositore e arrangiatore della Ray Charles Orchestra per oltre 15 anni. Quando Clark-Jones cominciò a cercare musicisti disposti ad abbracciare il progetto, circa due anni fa, trovò in Hoffman un collaboratore entusiasta, tanto che il musicista sarebbe felice di poter guidare i servizi jazz alla Westminster Presbyterian Church per il resto della sua vita.

La sfida iniziale per Hoffman era quella di organizzare in maniera coerente le scritture e i loro temi con la musica, al fine di renderli una cosa sola. «Scrivo musica nuova ogni settimana – dice Hoffman – almeno una nuova melodia per adattarsi al tema delle letture». Iniziato con una durata di 30 minuti, nel corso del tempo il sevizio vespertino è arrivato a coprire un arco di 50 minuti di durata.

Crogiolo di etnie e culture

La scelta del jazz – dice Clark-Jones – è stata dettata dal fatto che «il jazz rappresenta l’America, un crocevia di razze e etnie, ma che travalica contemporaneamente i confini generazionali e le culture». «Ci sono tanti tipi di jazz – continua Clark – provenienti da diversi gruppi etnici, è una musica inclusiva per sua stessa natura». La comunità cristiana di Peoria è prevalentemente formata da bianchi e anziani, ma dopo un anno circa dall’inizio dell’esperienza il pastore ha potuto notare un’affluenza sempre più cospicua di persone non frequentanti, di giovani e di diversi gruppi etnici.

L’interessante esperimento mostra l’integrazione di uno stile simbolo della modernità, com’è il jazz, non solo con la spiritualità cristiana ma in particolare con una pratica antica come l’ufficio liturgico dei vespri, una forma di preghiera nata nelle comunità monastiche a partire dal IV secolo dopo Cristo. D’altra parte, se consideriamo i recenti sviluppi della politica americana, la scelta estetica del Rev. Clark-Jones fa pensare: musica povera, fatta da gente povera, il jazz, ha fatto l’America grande, indubbiamente.

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Un commento

  1. Giorgio De Checchi 9 febbraio 2017

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