Per una pastorale della cultura

di:

Lo scorso 2 marzo 2023, il cardinale Vicario di Roma, Angelo De Donatis, ha annunciato la nomina del prof. Giuseppe Lorizio, docente di Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Lateranense, quale responsabile (pro direttore) dell’Ufficio Cultura del Vicariato di Roma. Contestualmente ha comunicato la nomina di Marco Staffolani quale vicedirettore. Riprendiamo di seguito le linee programmatiche e operative del nuovo ufficio cultura.

cultura

«Cultura, non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri» (Antonio Gramsci).

«Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est» (Summa Theologiae, I-II, q.109, a.1, ad I).

Memoria e identità

La nuova costituzione apostolica di papa Francesco, In ecclesiarum communione, all’art. 33, di fatto istituisce l’«ufficio cultura» presso il Vicariato di Roma. Si tratta di una novità in quanto il precedente analogo documento di san Giovanni Paolo II, Ecclesia in urbe del 1998, non prevedeva tale organismo. Di fatto, quando presente, l’attenzione alla cultura viene spesso accorpata ad altre istanze quali quella della pastorale universitaria e scolastica o quella della comunicazione (come, ad esempio, nell’attuale commissione CEI), mentre nella diocesi milanese il vicario della cultura si occupa anche di carità, missione e azione sociale.

Chi scrive (mi si perdoni un tratto autobiografico, ma la teologia è sempre anche biografia) ha alle spalle anni di discussioni sulla tematica dell’inculturazione e la sua dialettica con l’acculturazione, accompagnata con passione e competenza dal magistero del padre gesuita Arij Roest Crollius, all’interno della Facoltà di Missionologia dell’Università Gregoriana e attestata dalla rivista Studia missionalia.

Del resto, il termine «inculturazione» compare per la prima volta in un documento magisteriale nel lontano 1979 (esortazione apostolica Catechesi tradendae, n. 53), dove Giovanni Paolo II scriveva: «Come ho detto recentemente ai membri della Commissione biblica, “il termine acculturazione, o inculturazione, pur essendo un neologismo, esprime molto bene una delle componenti del grande mistero dell’incarnazione”. Della catechesi, come dell’evangelizzazione in generale, possiamo dire che è chiamata a portare la forza del vangelo nel cuore della cultura e delle culture».

Il «primato dell’evangelizzazione», espresso a chiare lettere nella stessa struttura della costituzione apostolica Praedicate Evangelium, non può non costituire l’orizzonte entro il quale situare l’insieme dell’agire ecclesiale e le sue diverse espressioni, compresa l’attenzione alla cultura. Infatti, la rinnovata struttura della curia romana non può non essere il punto di riferimento di ogni apparato diocesano, a partire dalla diocesi il cui vescovo è il papa stesso.

L’intento di una significativa ed efficace presenza dei credenti nel mondo della cultura è stato perseguito con l’istituzione del “progetto culturale d’ispirazione cristiana” in ambito CEI. Ho avuto modo di partecipare a tutti i forum che hanno accompagnato quella iniziativa e di assistere al suo naufragio, con grande rammarico per le notevoli risorse, soprattutto economiche, investite in quel settore. Mi sono spesso interrogato sui motivi del fallimento di quella che a molti di noi sembrava una felice intuizione, in modo da imparare e non ripetere gli stessi errori. Avrei individuato due criticità determinanti tale sconfitta: di fatto, si trattava di un’impostazione accademica ed elitaria, per non dire salottiera, che non si è innestata sul territorio se non in sporadici casi; inoltre, ci si è preoccupati più dell’organizzazione di eventi, che non dell’attivazione di processi.

Da ultimo mi sia consentito, in questo momento rammemorante, rivolgere un grato pensiero ai vescovi Pietro Rossano (ausiliare per la cultura e rettore della PUL, di cui il 25 aprile ricorre il centenario dalla nascita) e Clemente Riva (col quale ho condiviso l’amore per Antonio Rosmini). Entrambi si sono spesi per offrire una presenza qualificata e significativa nel contesto culturale romano.

Intenti programmatici

Onde procedere con rinnovato impegno e nuova attenzione al mondo della cultura, per non ricadere negli stessi errori del passato, credo che gli intenti programmatici dell’ufficio si debbano ispirare alle seguenti considerazioni.

(1.1) Questo «nuovo» servizio viene opportunamente inserito, dalla costituzione pontificia all’interno dell’ambito della «Chiesa ospitale e in uscita». Si tratta di un’indicazione fondamentale che deve ispirare il nostro lavoro, che mi piace intitolare alla rosminiana «carità intellettuale». In tal senso, la cultura non è uno spazio da occupare, ma un luogo da abitare. E si tratta di un compito «missionario», che richiede una teologia in uscita in quanto, come ricordava papa Francesco alla curia romana (21 dicembre 2019):

«Nelle grandi città abbiamo bisogno di altre “mappe”, di altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata».

Se l’epoca della cristianità viveva del profondo nesso, anzi dell’identificazione, fra cultura e fede cristiana, tale legame, a partire dalla modernità, si è inesorabilmente infranto. Siamo perciò chiamati ad inserirci in queste fratture con umiltà e discrezione.

(1.2) Il nostro vescovo ha introdotto la necessità di una «rivoluzione culturale» nella costituzione apostolica Veritatis gaudium, che, in prima istanza, si rivolge al livello accademico della ricerca e dell’insegnamento, ma che non può non interpellare il nostro impegno culturale a più ampio raggio:

«E ciò è d’imprescindibile valore per una Chiesa “in uscita”! Tanto più che oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca, segnalato da una complessiva “crisi antropologica” e “socio-ambientale” nella quale riscontriamo ogni giorno di più “sintomi di un punto di rottura, a causa della grande velocità dei cambiamenti e del degrado, che si manifestano tanto in catastrofi naturali regionali quanto in crisi sociali o anche finanziarie”. Si tratta, in definitiva, di “cambiare il modello di sviluppo globale” e di “ridefinire il progresso”: “il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade”. Questo ingente e non rinviabile compito chiede, sul livello culturale della formazione accademica e dell’indagine scientifica, l’impegno generoso e convergente verso un radicale cambio di paradigma, anzi – mi permetto di dire – verso “una coraggiosa rivoluzione culturale”. In tale impegno la rete mondiale delle Università e Facoltà ecclesiastiche è chiamata a portare il decisivo contributo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte. Si fa oggi sempre più evidente che “c’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede» (n. 3, sottolineature mie).

Quanto alla formazione di un’adeguata leadership mi sembra urgente, per la presenza feconda in ambito culturale, sostenere e promuovere l’impegno dei laici in tale processo.

(1.3) La cultura che siamo chiamati ad abitare e a vivere, prima che a proclamare, sarà dunque una «cultura dell’incontro». Su di essa insiste sempre papa Francesco. Basterà un solo richiamo alla Fratelli tutti (n. 30) per orientarci e far nostra questa proposta:

«Nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un’utopia di altri tempi. Vediamo come domina un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca. Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce «a una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. […] L’isolamento e la chiusura in sé stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. L’isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì».

Sembrano, infatti, lontani i tempi, auspicati dal Gramsci citato in esergo, di un’egemonia culturale del marxismo, mentre, se vogliamo operare un’ermeneutica in chiave culturale, delle scelte politiche che, non solo nel nostro Paese, emergono e si impongono, registriamo il prevalere di una cultura della conservazione, fondata sulla paura dell’alterità e che nutre ed esprime accenti nostalgici verso quella cristianità che è alle nostre spalle.

(1.4) Prendendo le distanze, dunque, da una cultura prevalentemente accademica, elitaria e salottiera e, poiché il termine può significare tutto e nulla, mi espongo al tentativo, oltremodo rischioso, di offrire una prospettiva previa, che valga da orientamento per il lavoro che ci attende. In tale orizzonte cultura è l’insieme delle attività umane (arte, letteratura, scienza, filosofia…) in cui si manifesta e di cui si nutre la mentalità (forma mentis o Denkform) di persone e di gruppi e che per questo ne attira l’attenzione.

Il compito, dunque, sarà duplice: leggere e interpretare la mentalità dei nostri contemporanei a partire dalle espressioni della cultura diffusa e attivare forme di presenza onde mostrare la capacità del Vangelo di accogliere quanto di buono, di vero e di bello viene proposto e, al tempo stesso, di allontanare quanto di disumano viene divulgato, mascherato da presunta libertà di pensiero e di azione.

Obiettivi e indicazioni operative

Obiettivo primario del servizio per la cultura sarà quello di intercettare, leggere e interpretare le espressioni culturali (secondo l’accezione indicata) presenti sul territorio e non solo nella ZTL. Quindi valutare ed eventualmente attivare iniziative che mostrino la valenza antropologica, sociale e culturale della nostra fede.

Pensiamo di procedere nel modo seguente:

(2.1) Presentare ai diversi organismi pastorali, alle prefetture e ai settori le linee programmatiche e sollecitare attenzione e coinvolgimento dei diversi soggetti.

(2.2) Con la collaborazione delle prefetture individuare due o tre referenti per ciascuna di esse, fra i quali immigrati delle diverse provenienze etniche, culturali e religiose. Dopo una serie di incontri di approfondimento, queste persone saranno chiamate all’attenzione verso le espressioni culturali offerte nel territorio di appartenenza e a proporre eventuali iniziative.

(2.3) Fra i referenti di prefettura si sceglieranno due referenti per ciascun settore, che avranno a cuore di sensibilizzare i presbiteri alla valenza culturale della fede.

(2.4) Il gruppo dei referenti di settore, insieme ad altre persone individuate dall’ufficio, costituiranno l’équipe diocesana per la pastorale della cultura, chiamata a programmare il lavoro a livello cittadino e diocesano.

Collaborazioni

L’ufficio non ha alcuna pretesa di monopolizzare la cultura e le sue espressioni, in quanto è ben consapevole che si tratta di un’istanza trasversale e che quindi interessa e coinvolge pressocché tutti gli organismi. C’è tanta carenza di autentica cultura che ogni iniziativa qualitativamente valida è auspicabile chiunque se ne faccia carico. Quindi, ad intra, questo ufficio lavorerà in collaborazione con gli altri uffici, in modo che, comunque, se ne indichi l’identità specifica.

Ad esempio, nel momento in cui l’ufficio per la pastorale universitaria o quello per la pastorale scolastica (entrambi afferenti all’ambito dell’educazione) proporranno iniziative di carattere culturale, si auspica che nelle diciture vengano indicate come «promosse dall’ufficio tal dei tali in collaborazione con l’ufficio della cultura», così reciprocamente allorché il nostro servizio proponesse iniziative o eventi di tipo accademico o scolastico o formativo li offrirà sempre come non solo propri, ma attivati «in collaborazione con…», naturalmente nell’uno e nell’altro caso previa consultazione determinante con i responsabili dei diversi servizi implicati.

Altrettanto dicasi per la comunicazione e per il sito. A tal proposito, qualora venisse attribuito un supporto di segreteria, l’ufficio potrà predisporre una rassegna stampa delle iniziative culturali presenti in città e indicate dalle pagine locali dei diversi quotidiani. Nel contesto di tale auspicata collaborazione si tratterebbe anche di offrire una programmazione mirata per le pagine culturali di Romasette.

Di particolare rilevanza potrà risultare la collaborazione con la Caritas diocesana, in quanto le persone (soprattutto immigrati) cui si rivolge sono portatrici di culture diverse, che non siamo chiamati a distruggere nella prospettiva di un falso concetto di «integrazione» e, poiché siamo nell’ambito dell’ospitalità, dobbiamo esercitarci nell’accoglienza non solo delle persone ma delle culture differenti dalla nostra. Altrettanto dicasi della collaborazione con l’ufficio che si occupa del dialogo interconfessionale e interreligioso. Tutto ciò nell’orizzonte della promozione di un’autentica «cultura della vita», che richiede sempre nuove o rinnovate alleanze con altre appartenenze che l’abbiano a cuore.

Tematica fondamentale, che può incrociare in particolare la pastorale giovanile e la formazione del clero, ma non solo, quella del rapporto fra dimensione naturale e dimensione artificiale dell’esistenza in rapporto all’invasiva emergenza del digitale e al suo ruolo soprattutto presso le giovani generazioni.

Il nostro lavoro potrà contribuire alla fase sinodale dell’ascolto delle culture, inserendosi gradualmente in tale fondamentale processo.

Ad extra (in diocesi) al momento si pensa di coinvolgere due realtà operative da tempo, una nel settore della cultura umanistica (il MEIC) e l’altra in quello del dialogo scienza-fede (il Nuovo SEFIR), in modo da valorizzare il prezioso lavoro che svolgono nei loro ambiti. Ad extra (in particolare sul territorio nazionale) poiché, la costituzione impegna la diocesi ad essere esemplare e paradigmatica per le altre realtà ecclesiali, si cercherà di attivare canali di collaborazione con analoghi uffici presenti nelle altre diocesi, in modo da imparare da eventuali iniziative e prospettive positive già attuate o in fase di attuazione.

Print Friendly, PDF & Email
Tags: ,

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto