Teologia-pop: una riflessione

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teologia pop

«Ben arrivati…»

Lo scrive in un post su Facebook Brunetto Salvarani rimandando a un articolo su Avvenire del 22 marzo, a firma di Mimmo Muolo, dal titolo: Teologia Pop: i semi del Vangelo dove non te li aspetti.[1] L’articolo metteva a confronto il vescovo di Noto, Antonio Staglianò, e Giuseppe Lorizio, docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, sulle presenze evangeliche nella musica leggera italiana, nei romanzi, nel cinema e nelle serie TV.[2] Al centro del dibattito era posta la questione circa la neonata «teologia pop», riflessione teologica tesa all’intercettazione dell’immaginario religioso di matrice cristiana, non solo nella musica ma più in generale nelle diverse espressioni della cultura contemporanea.

L’ironico «ben arrivati…» con cui Salvarani introduceva la questione è tutt’altro che fuori luogo e merita un approfondimento. Anzitutto, il termine Pop-Theology non descrive un’attività recente nell’ambito della riflessione teologica.[3] A ben guardare, infatti, la teologia è pop per sua stessa natura e fin dai suoi esordi. Nel senso che non potrebbe esistere se non a partire dalle armature logiche e culturali prese a prestito dalla molteplici espressioni della cultura e dalla storia dell’uomo. La teologia non è altro se non l’illustrazione della fede attraverso il costante avvicinamento del Vangelo alla cultura umana lungo il tempo: «A quell’arte, che fu sua nei principi, di scoprirsi e ritrovarsi fuori di sé».[4]

L’auspicio a rafforzare quella che potremmo chiamare anche «teologia della cultura»,[5] ce lo offre peraltro il Concilio: «Come è importante per il mondo che esso riconosca la Chiesa quale realtà sociale della storia e suo fermento, così pure la Chiesa non ignora quanto essa abbia ricevuto dalla storia e dall’evoluzione del genere umano. L’esperienza dei secoli passati, il progresso della scienza, i tesori nascosti nelle varie forme di cultura umana, attraverso cui si svela più appieno la natura stessa dell’uomo e si aprono nuove vie verso la verità, tutto ciò è di vantaggio anche per la Chiesa» (GS 44). Lo stesso dettato conciliare afferma, inoltre, essere dovere dei pastori e dei teologi, in particolare laici, quello di «ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo» (GS 44).

Immaginario

Non è un caso che la richiesta di impegno mossa dal Concilio conosca oggi un rinnovato interesse. Papa Francesco si è espresso molte volte circa il contatto che la vita cristiana e la riflessione teologica devono tenere con l’immaginazione. «Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore. È in grado di spalancare visioni ampie anche in spazi ristretti».[6] Per questo è necessario, secondo il santo padre, «mantenere sempre vivo l’interesse per l’arte, la letteratura, il cinema, il teatro e la musica».[7]

Mi sembra importante, inoltre, capire che cosa studiamo veramente quando avviciniamo i fenomeni culturali e in particolare i prodotti dell’industria culturale. Romanzi, film, fumetti, videogiochi e musica vanno ad alimentare costantemente un serbatoio di fondamentale importanza per comprendere l’umano, e cioè l’immaginario. Immaginario che, stando alla definizione di Wunenburger, è la «struttura psichica e cognitiva primaria in virtù della quale e attraverso la quale noi percepiamo, ricordiamo, anticipiamo l’avvenire, ci relazioniamo agli altri e cerchiamo di fare chiarezza sull’origine e la fine di tutte le cose, esorcizzando la morte attraverso un’intensificazione del senso».[8] Risulta immediatamente evidente, partendo da qui, quale sia l’enorme contributo che la cultura e le sue espressioni possono offrire in ogni tempo al pensiero teologico e alla Chiesa tutta.

Un divorzio evidente

Mi sembra, infine, che la vera novità rilevata oggi da una «teologia pop» o «teologia della cultura», non stia nel fatto che la teologia scopra i semina verbi nella musica e nei romanzi, ma che li trovi qui e non all’interno delle produzioni culturali ecclesiali, mettendo così in luce l’esistenza nel nostro tempo di una separazione – purtroppo, sempre più evidente – tra espressione della fede ed espressioni artistiche all’interno della Chiesa. In pochi hanno sottolineato questo aspetto, che a nostro avviso è il nocciolo della questione circa i rapporti tra analisi teologica e cultura: cioè l’atrofizzazione progressiva di quella che Sequeri chiama «immaginazione teologale», cioè l’alleanza tra la creatività umana, il sistema delle arti e la fede. Alleanza che è stata costitutiva della Chiesa fin da principio.

A questo proposito va sottolineato che la funzione cognitiva della teologia rispetto ai fenomeni culturali è solo il primo passo di un movimento più complesso: di riappropriazione, piuttosto che di semplice esposizione da parte della coscienza credente. La teologia, infatti, non può rilevare soltanto il valore narrativo che la cultura assegna all’immaginario cristiano nelle sue rielaborazioni. È altrettanto necessario che la riflessione teologica fornisca gli elementi teorici per suscitare, nei credenti, quell’inquietudine creativa propria degli stessi fenomeni che studia.[9]


[1] https://www.avvenire.it/agora/pagine/pop-theology-teologia-pop-vescovo-stagliano-lorizio.

[2] Antonio Staglianò e Giuseppe Lorizio sono autori rispettivamente di Pop-Theology per giovani, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2018 e La teologia tra scienza e fantascienza, Lateran University Press, Roma 2016.

[3] Ricordiamo che da ormai un ventennio Salvarani si occupa con un ampio riconoscimento del rapporto tra teologia, letteratura, fumetto e musica.

[4] M. Neri, Esodi del divino, il Mulino, Bologna 2014, 186.

[5] Così si intitolava una illuminante e attuale raccolta di saggi di Paul Tillich pubblicata nel 1959.

[6] Papa Francesco in occasione della pubblicazione del fascicolo 4000 de La Civiltà cattolica: https://www.laciviltacattolica.it/articolo/papa-francesco-incontra-la-civilta-cattolica-in-occasione-della-pubblicazione-del-fascicolo-4000/

[7]  Ibidem.

[8]  J-J. Wunenburger, L’immaginario, il melangolo, Genova 2008, 10-11.

[9] Di questo aspetto ci siamo già occupati su Settimana News nell’articolo dedicato alle canzoni vincitrici del festival di San Remo 2017: http://www.settimananews.it/cultura/sanremo-2017-vincenti-religiose/

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