«The Mandalorian»: la forza delle minoranze

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Anche la saga di Star Wars è arrivata finalmente alla sua «incarnazione» televisiva con una serie live action che è già un cult, The Mandalorian. Promossa a pieni voti da critica e pubblico, la serie sta dimostrando di avere tutte le carte in regola per ricucire i rapporti con la fan base di Star Wars, che non ha gradito il corso confusionario della Nuova Trilogia.

Minoranze che fanno la differenza

The Mandalorian è stata creata da Jon Favreau e Dave Filoni, disponibile sulla piattaforma streaming Disney Plus e attualmente alla seconda stagione in corso di trasmissione con un nuovo episodio disponibile ogni venerdì.

Al di là del respiro da western spaziale tipico della saga, c’è però un elemento che caratterizza la serie Disney rendendola peculiare e degna di nota, ed è l’attenzione che The Mandalorian dedica alla capacità delle minoranze di fare la differenza, in un mondo che vede lo spettro della tirannia sempre presente nonostante l’apparente conseguimento della pace.

La serie vede protagonista Din Djarin, un mandaloriano, ovvero un guerriero in armatura di acciaio beskar (un materiale impenetrabile) costretto a fare il cacciatore di taglie e a nascondersi nel sottosuolo del pianeta Nevarro con altri suoi simili. I mandaloriani non sono una razza, quanto piuttosto gli appartenenti a un credo religioso (la via di Mandalor), che si distinguono per l’uso dell’armatura e il volto celato da un elmo che non possono togliere in presenza di alcun essere vivente.

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Il riscatto dei reietti

Din è uno dei più valenti cacciatori della gilda e un giorno accetta un incarico misterioso che, se portato a termine, gli frutterà il guadagno di una grande quantità di beskar, permettendogli così di sostituire completamente la sua vecchia armatura. I mandanti dell’incarico sono un gruppo di ex imperiali – la serie si svolge infatti cinque anni dopo la caduta dell’impero galattico a seguito della rivoluzione che ha visto l’affermarsi della nuova repubblica, così come abbiamo visto nell’ultimo film della trilogia originale Il ritorno dello Jedi (1983). In questo senso la serie ci mostra molto bene l’instabilità del quadro politico vigente nella galassia post-impero.

Cacciatore implacabile, Din si troverà costretto però a tradire la sua fedeltà alla gilda e al cliente quando scoprirà che l’obiettivo di questi è un bambino alieno capace di usare la Forza (tipica abilità dei cavalieri jedi). Din fuggirà con il bambino e da appartenente alla minoranza del credo mandaloriano (quasi estinto durante la tirannia dell’impero galattico) stringerà amicizia con personaggi che rappresentano tutti minoranze come la sua.

Nel viaggio per sfuggire ai cacciatori assoldati dagli ex imperiali per recuperare il bambino, incontriamo infatti personaggi che hanno costituito i reietti per eccellenza della vecchia saga, ma che vengono qui mostrati sotto una nuova luce. Tra questi ad esempio i Jawa, piccoli arrivisti sempre pronti a smontare e rubare pezzi di astronavi, oppure i predoni Tusken. In particolare questi ultimi, da sempre presentati nei vecchi film come feroci banditi, li scopriamo fedeli ad un codice d’onore e capaci, se approcciati nel modo giusto, di diventare preziosi alleati.

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L’unica vera forza che cambi il mondo

Gli stessi co-protagonisti di Din sono rappresentanti di minoranze: Kuiil, ex schiavo dell’Impero dedito al lavoro manuale; Cara Dune, ex soldato della ribellione in cerca di un posto in cui stare; e infine il bambino stesso che Din dovrà proteggere e di cui diventerà padre, che rappresenta la minoranza per eccellenza e insieme la speranza di un mondo diverso.

Letto sotto questa luce The Mandalorian si presenta come un degno erede di tutta la saga delle guerre stellari, portandone avanti l’amore per la frontiera che è fondativo nell’immaginario americano e l’attenzione verso il multiculturalismo e la necessità di entrare in comunione con l’altro, il diverso, l’emarginato, per trovare modi per capirsi e venirsi in aiuto.

Questa è in sintesi la vicenda del mandaloriano Din Djarin, un esploratore di mondi che prima ancora di essere un guerriero e un padre è un uomo che usa la parola per evitare lo scontro e creare situazioni favorevoli alla riuscita del suo obiettivo; che è costretto a tornare sui suoi passi, cambiare opinione verso persone o esseri di cui non si è mai fidato.

Pur nella sua apparente semplicità e linearità e con i toni tipici della fiaba, The Mandalorian ci invita dunque a uscire da quelle concezioni del mondo che ci hanno resi duri e miopi nei confronti degli altri, ad abbandonare le nostre zone di comfort, a esercitarci a quell’«essere per l’altro» che costa fatica, ma che rappresenta anche l’unica vera forza per migliorare sé stessi e il mondo che ci circonda.

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