Una locandiera a Emmaus

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Il poeta britannico George Mackay Brown (1921-1995) immagina che sia una locandiera a riproporci la vicenda dei discepoli di Emmaus.

Stavo proprio pensando: «Spero che Tom e Ed non siano finiti dentro».
(Sapevo che da un po’ andavano agli incontri
E quando avevano tempo
seguivano questo predicatore nei villaggi,
andando in giro con il loro furgone)
quando ho sentito Tom bussare alla porta
(conosco il tocco di Tom, è diverso
da quello dei soldati o dell’esattore).
Sono sincera, ho tirato un sospiro di sollievo…

Ora il predicatore è morto, lui
che portava tanta agitazione nel paese,
e strappava Tom dalla forgia e dall’incudine,
e Ed dalle sue pecore, per giorni e giorni,
forse ora si calmeranno,
si sposeranno, e metteranno qualcosa da parte
per prendere una casa e un giardino e fare le brave persone,
secondo quanto ci si aspetta da loro.
Non mi stancavo mai di dirglielo.
Questo ho pensato appena ho sentito la notizia alla radio.

Tom e Ed mi piacciono, sono due anni che stanno a pensione
in questa casa, ma da quando il predicatore
è giunto in città sono rimasti in camera
una sera su sette, e forse neanche.
E non sono più quelli che erano, non so come,
ma sono diversi, più gioiosi e spensierati
e non vengono mai a casa ubriachi
e si fermano per parlare a un bambino o a un uccello nella polvere
una volta li ho visti con il cieco
che ora (dicono) ha gli occhi pieni di luce.
Beh, pensavo, andare a quegli incontri
è meglio che stare con i teppisti allo stadio.

E poi il titolo del giornale: LEADER TERRORISTA ARRESTATO,
i blocchi stradali, il blackout, carte di identità,
soldati dappertutto, la città nel marasma,
un giorno tutto bandiere e canti, il giorno dopo
nero di fucili, altoparlanti, lamenti,
e uomini che si disperdono nelle cantine e verso grotte lidi amari.
Poi il processo e la sentenza, e l’esecuzione sulla collina
(si è visto tutto in TV, con teologi e politici
che ci hanno spiegato tutto).
È stato allora che mi sono preoccupata per i miei pensionanti.
«Sono al massimo solo dei tirapiedi», pensavo,
«le autorità non se la prenderanno certo con quelli come loro»…
E però, non si sa mai, quando ci sono disordini
i colpevoli restano liberi, gli innocenti sono presi nella rete.

Quella sera ho preparato la cena per tre, non per due,
una bottiglia di vino e un pane fresco,
proprio come piaceva sempre a Tom e Ed,
dopo un lungo giorno di sole e di polvere,
una che veniva dalla sua officina, l’altro dall’ovile.
La cosa non mi piaceva, uno sconosciuto
cui avevano dato uno strappo sulla strada buia.
Non sai mai chi è una spia o un informatore
di questi tempi, e la testa dell’uomo era incappucciata
e l’unica candela (avevano tolto anche l’elettricità)
scavava il suo volto, e illuminava
soltanto la sua bella bocca forte.
Tom disse, «Benvenuto tra noi. Spezza il pane».
Le parole della benedizione
suonarono come la prima musica e l’ultima.
Allungò una mano ferita
Versò il pane nel piatto.
Il cappuccio cadde. Vidi allora
il magma incrostato e rubini alle tempie.

emmaus la locandiera

Commento

La storia dei due discepoli è ben nota, e dal punto di vista letterario è un vero capolavoro della bravura stilistica dell’evangelista Luca. E però, la trovata di Mackay Brown di far raccontare la vicenda da un’estranea, che vede il tutto da lontano e lo racconta per sentito dire è davvero geniale e ci offre l’opportunità di infilare in quelle che amo definire le “fessure” delle narrazioni evangeliche, sensazioni e percezioni che a prima vista forse non avremmo mai pensato.

L’attacco ci mette subito nel contesto e nel retroterra della storia. Questa locandiera anonima si presenta come un’affittacamere che ha in casa due giovani a pensione, dai nomi assolutamente ordinari, ridotti a monosillabi affettuosi, Ed e Tom, che da un po’ avevano l’abitudine di seguire un «predicatore» che si spostava nei villaggi della Palestina, «andando in giro con il loro furgone».

Ma in più ci dice che i tempi sono cattivi, che l’atmosfera è pericolosa (deve aver sentito qualche cosa proveniente da Gerusalemme), tanto che, quando sente bussare alla porta, tira un sospiro di sollievo, perché dal tocco si rende conto che alla porta non ci sono né soldati né l’esattore delle imposte.

La locandiera sa che il «predicatore» è morto, «lui che portava tanta agitazione nel paese, / e strappava Tom dalla forgia e dall’incudine / e Ed dalle sue pecore, per giorni e giorni». Tornerà la calma – dice – e da buona “mamma” si augura che ora si calmino anche i due giovani, mettano su casa e si mettano a «fare le brave persone». Questo è quanto dice a se stessa «appena ha sentito la notizia alla radio».

Il dettaglio della radio, oltre al furgone nominato sopra, ci porta di colpo a rivivere la storia ai nostri giorni. A questo punto abbiamo una descrizione più dettagliata dei due: sono persone che alla locandiera piacciono, anche se c’è un “ma”. Ed è che, da quando hanno conosciuto il predicatore, non sono più quelli di prima: sono in casa una sera su sette, sono «più gioiosi e spensierati», non si ubriacano più, e tante altre cose belle. Alla fine fa i suoi conti e conclude che «andare a quegli incontri / è meglio che stare con i teppisti allo stadio».

Ma poi torna subito allo sconvolgimento che è seguito alla cattura di Gesù: titoloni sui giornali, blocchi stradali, «Poi il processo e la sentenza, e l’esecuzione sulla collina / (si è visto tutto in TV, con teologie e politici / che ci hanno spiegato tutto)». Quasi i talk-show di oggi. Per un po’ si calma pensando che «sono al massimo dei tirapiedi», ma il conforto è breve, perché sa che «quando ci sono disordini / i colpevoli restano liberi, gli innocenti sono presi nella rete».

Il racconto fa una svolta quando veniamo a sapere che le è stato chiesto di «preparare la cena per tre, non per due». E subito a dire che la cosa non le è piaciuta: «uno sconosciuto / cui avevano dato uno strappo sulla strada buia». Torna a ricordare che «di questi tempi» non ci si può fidare di persone non conosciute: possono essere spie o informatori!

Il mistero si infittisce, perché l’uomo è incappucciato, e la luce dell’unica candela «illuminava soltanto la sua bella bocca forte». E qui viene il gesto rivelatore: «Tom disse: Spezza il pane». Gesù non ha neanche bisogno di parole, o almeno quelle che dice non vengono ricordate, a sottolineare la totale rilevanza del gesto. Perché la locandiera ricorda bene «Le parole della benedizione / suonarono come la prima musica e l’ultima».

Le ultime immagini sono in sintesi quanto rimane della terribile passione subita: «una mano ferita, il magma incrostato e rubini alle tempie», apparsi quando «il cappuccio cadde», e cioè il segno dei chiodi e della corona di spine.

Come nel vangelo, la storia di Emmaus finisce qui, dopo che si è chiarito che lo «spezzare il pane» rimanda alla croce, sulla quale Cristo fece dono della sua vita, e «consegnò il suo spirito» perché il suo soffio non cessi di spirare in noi, perché ora spetta a ciascuno di noi continuare quella storia e quel gesto, che ci è stato chiesto non solo di “dire” ripetendo una formula, ma di “fare”, in memoria di lui.

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