Difendere la vita, predicare il Vangelo

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L’argomento della vita e della sua difesa è ritornato con insistenza in questi ultimi decenni del magistero dei nostri vescovi. Per capire il nuovo clima e i nuovi approcci vale la pena scorrere la lettera pastorale di Lauro Tisi, arcivescovo di Trento (La vita è bella). Poche pagine che non partono dalle classiche denunce nei confronti dell’aborto e dell’eutanasia, ma dalla preoccupazione di dare un senso positivo alla vita. Identica la passione, stabile il magistero e custodita la tradizione. Diversa la modalità.

I dati pastorali di partenza e di arrivo sono il dramma dei suicidi e la benedizione di vite donate e “rapite”. «In questa nostra terra contiamo ogni anno l’equivalente (nel numero dei suicidi) di quattro squadre di calcio, uomini e donne, che decidono volontariamente di terminare prima la partita della vita e non risalire dagli spogliatoi. Provo a ricostruirne idealmente i volti. Vorrei parlare a ciascuno di loro. Vorrei chiedere scusa a nome di una comunità che forse non ha saputo fare squadra, non ha giocato d’insieme, s’è lasciata sedurre dai talenti solitari». Un vuoto di senso che una mamma di un sedicenne suicida così esprimeva: «Perdonami di non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano». E, rivolgendosi ai compagni di scuola, così continuava: «Diventate protagonisti della vostra vita e cercate lo straordinario. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi. Straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza “sei bella”, invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate».

C’è un umano comune da difendere, un passaggio dall’io al noi da proporre e testimoniare, una centralità della relazione di amore da vivere. La liturgia lo evoca nella veglia pasquale quando il lume del cero si espande nelle fiammelle delle candele dell’assemblea che celebra. «Il Dio cristiano non s’impone. Domanda di essere ospitato nel grembo di una donna». Il suo essere «per noi» vale prima, presso il Padre, nella vita di uomo e dopo, con il dono dello Spirito. Il crocifisso rivela «l’affidabilità di Dio che ama sempre ogni uomo, senza chiedergli nulla in cambio, perché egli rimane sempre fedele al suo amore».

Così si forgia la spiritualità del credente: nella sobrietà della parola umile, dell’amore per i poveri, nella pacatezza del vivere, nella scelta della nonviolenza.

Trento: il bello della vita

La benedizione delle vite donate è esemplificata dalle testimonianze di due recenti “beati”: Josef Mayr-Nusser e Mario Borzaga. Il primo, morto il 24 febbraio del 1945 nel treno che lo portava a Dachau, condannato a morte per aver rifiutato di giurare fedeltà al “signore del Reich”, Hitler. Così scriveva alla moglie e al figlio: «Tu sei una donna coraggiosa, una donna cristiana, e nemmeno i sacrifici personali che forse ti saranno richiesti, ti potranno indurre a condannare tuo marito perché ha preferito perdere la vita, piuttosto che abbandonare la via del dovere. Qualunque cosa possa avvenire, ora mi sento sollevato, perché so che sei preparata e la tua preghiera mi darà la forza di non venir meno nell’ora della prova».

P. Mario Borzaga, missionario nel Laos, è ucciso a 27 anni nell’aprile del 1960, assieme al suo catechista, Paolo, dai guerriglieri Pathet Lao. Scriveva nel diario: «Dobbiamo vivere lo strano paradosso della croce insanguinata e della gioia che trabocca dalla croce».

Il senso positivo della vita si spegne non per le inevitabili tensioni, ma per l’apatia e l’indifferenza, quando smettiamo di «cogliere negli altri e nell’Altro la vera ricchezza della vita». Essa vive anche nelle lacrime dei genitori di Carlotta che muore a sette anni per una rara patologia e di Giulia che riceve a casa la cresima, minata da una malattia inguaribile. Genitori che, pur nel dramma di una lacerante sofferenza, raccontano a tutti come la vita sia bella.

Un modo di difendere la vita e i temi morali che S. Dianich così esprime nel volume Magistero in movimento. Il caso papa Francesco (EDB, Bologna 2016): «Le preoccupazioni apologetiche, ben comprensibili di fronte a una vera e propria rivoluzione che sta sconvolgendo l’etica pubblica, ma anche la coscienza di molti fedeli cattolici, producono dentro la Chiesa resistenze a qualsiasi innovazione e creano continui fronti di conflitto con la società civile» (p. 7). «Le numerose conflittualità della Chiesa con la cultura contemporanea non vengono ignorate, ma sono affrontate con quella discrezione e quel rispetto delle posizioni contrastanti che permettono di conservare sgombre le vie del Vangelo, con la fiducia che sarà la predicazione cristiana, ben più che la discettazione razionale sulle diverse questioni, a influenzare beneficamente la società contemporanea» (p.  9).

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