Monreale: 96 parrocchie aperte ai carcerati

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Doveva tenersi il 7 luglio scorso l’incontro sul tema “Espiazione della pena e diritti fondamentali della persona – Una riflessione sulla situazione carceraria italiana”, organizzato dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Monreale, dal Movimento cristiano dei lavoratori e dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Palermo. Si è tenuto invece il 12 luglio al Castello di Carini alla presenza del ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

Non si è trattato solo di ascoltare interventi e relazioni, sia pure altamente qualificati (hanno parlato, oltre al ministro, il vescovo di Monreale, Michele Pennisi, e i massimi vertici della magistratura, dell’avvocatura e dell’amministrazione delle carceri); è stato firmato, infatti, un protocollo di intesa tra la diocesi di Monreale e il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia, in ordine recupero e al reinserimento dei detenuti con residui di pena o sottoposti a pene alternative. Tale iniziativa intende:

  • «promuovere azioni concordi di sensibilizzazione nei confronti della comunità locale rispetto al sostegno e al reinserimento di persone in esecuzione penale;
  • promuovere la conoscenza e lo sviluppo di attività riparative a favore della collettività;
  • favorire la costituzione di una rete di risorse che accolgano i soggetti ammessi a misura alternativa o ammessi alla sospensione del procedimento con messa alla prova che hanno aderito ad un progetto riparativo».

Per raggiungere questi obiettivi, la diocesi si dichiara disposta ad accogliere nelle sue 96 parrocchie coloro che potranno e vorranno usufruire di questa opportunità. In alcuni casi questo avveniva già, ma ora è l’intero territorio diocesano che si apre all’accoglienza di questi fratelli. Annotava l’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro nell’annunciare l’incontro del 12 luglio: «Nella nostra diocesi non c’è il carcere; quindi tale opportunità ci permetterà di vivere quest’opera di misericordia, di «proclamare ai prigionieri la liberazione» e di accoglierli, come Gesù». E sottolineava come tutto questo avvenisse proprio nell’anno giubilare della misericordia, «offrendo una mano d’aiuto a chi ha necessità di risollevarsi», concedendo loro «la possibilità di integrarsi nella vita delle nostre comunità». Come? Con i servizi che possono prestare: aprire e chiudere la chiesa, fare le pulizie, dedicarsi alla manutenzione…

Un modo per “umanizzare la pena”, come spesso si è ripetuto negli interventi. Un modo per evitare il sovraffollamento delle carceri e porre riparo alla lentezza dei procedimenti penali.
Interessanti le parole del ministro Orlando, secondo il quale, così com’è organizzato in Italia, il carcere «non serve neanche a garantire la sicurezza», mentre abbiamo «la recidiva più alta d’Europa». «Il lavoro dei detenuti all’esterno – ha dichiarato il guardasigilli – ha abbattuto il tasso di recidiva, ma la gente ha ancora paura». È urgente pensare ad un carcere che non solo punisca in ragione del reato commesso, ma commisuri la pena rispetto al percorso riabilitativo del detenuto. Ecco perché – ha concluso il ministro – «noi stiamo lavorando per costruire l’accesso alle possibilità di studio e lavoro per i detenuti».

L’arcivescovo Michele Pennisi, da parte sua, ha ribadito che «la Chiesa vuole contribuire alla redenzione di chi ha sbagliato infrangendo la legge, invitando alla conversione, al pentimento e a una riparazione costruttiva del male fatto». Per fare questo le comunità cristiane sono chiamate «a educare, ad aiutare, a riabilitare, a far sentire ciascuna persona degna di essere amata e di essere promossa nella vita sociale».

A settembre, secondo l’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Monreale, verranno diramate indicazioni concrete per l’attuazione del protocollo d’intesa stipulato al Castello di Carini.

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