Dieci “spunti” sulla Legge Cirinnà

di:
Monica Cirinnà

Monica Cirinnà nell’aula del Senato durante la votazione della fiducia sul ddl in materia di unioni civili, Roma, 25 Febbraio 2016. ANSA/ GIUSEPPE LAMI

Anche se non è facile, vista la corrida mediatica a cui è stato sottoposto il disegno di legge sulle unioni civili da poco approvato al Senato, sarebbe opportuno provare a lasciarsi alle spalle la confusione degli ultimi giorni e provare a riflettere su cosa può averci insegnato questa vicenda.

Ecco allora dieci punti, o meglio, dieci brevi spunti, per provare a sviluppare una riflessione che possa dirci qualcosa in più sul piano politico e dei contenuti, senza per questo avere la pretesa di fornire approfondimenti estremamente ponderati.

  1. «Ha vinto l’amore» ha dichiarato il premier Renzi all’esito del voto del Senato il 25 febbraio 2026 (173 favorevoli, 71 contrari e i 5stelle fuori dall’aula). No, non è vero; ha vinto l’egoismo di tutti i partiti che, su questo tema, hanno solo operato nella logica di uno scontro politico, non di un confronto con possibili convergenze sul piano etico e del diritto.
  2. La legge così come è non è parziale. È infatti una legge sulle unioni civili, non sulle adozioni e questo è stato il grande malinteso che ha consentito a chi voleva il rodeo politico di metterlo puntualmente in scena. E, relativamente alle adozioni, la situazione comunque non è stata modificata in peggio per i figli di uno dei due partner in quanto il testo approvato cita: «fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti…». Certo, per le coppie omosessuali lascia aperti i temi della genitorialità e dell’uguaglianza o meglio dell’equiparazione al matrimonio, ma sono temi che non sono di facile soluzione, specie per quanto riguarda la genitorialità.
  3. I tifosi del Family day come pure quelli delle famiglie arcobaleno, non hanno aiutato lo svolgimento di un dibattito sereno. I loro estremismi hanno certamente posto condizionamenti anche nel Parlamento, ma non hanno certo dato più vita, più confronto, più spessore ad un dibattito che ne avrebbe avuto davvero bisogno
  4. Sul piano politico, nulla di nuovo: l’inaffidabilità dei 5stelle finisce per essere un boomerang per lo stesso Movimento di Grillo che, per ora, in due anni, è stato decisivo solo in extremis per le nomine istituzionali irrinunciabili come quelle del Presidente della Repubblica e per i membri della Corte Costituzionale, ma ha fallito su tutto il resto, a cominciare dalle battaglie di civiltà che – come in questo caso – avrebbero dovuto vederlo come forza trainante e non come promotore di un perenne gioco del “nascondino”.
  5. Ne deriva che il pragmatismo politico del Premier, al quale si possono imputare molti difetti ma non certo che manchi di tale pragmatismo, ha riportato tutto dentro gli schemi politici noti, dimostrando che, anche quando pare che le cose scappino di mano (sembra che la step child adoption non fosse nei testi originali approvati da Renzi), alla fine, la mancanza di una vera alternativa politica riporta tutto in un equilibrio, che, per quanto precario, lo è molto meno di quanto proposto dalle opposizioni. Il che fa pensare che la fine legislatura, anche dopo questo esame delle unioni civili superato da questa maggioranza (Verdini più / Verdini meno), la proietti ragionevolmente, salvo clamorosi incidenti di percorso o cambiamenti epocali, fino al 2018.
  6. Sul piano ecclesiale anche qui poco di nuovo, anche se si è scaduti nel ridicolo allorquando il card. Bagnasco ha invocato il voto segreto al Senato sulla step child adoption. È come se Renzi avesse invocato il voto palese in un concistoro. Ma non ci rendiamo conto che non è più neanche un tema di rispetto della laicità, ma di rispetto delle barzellette?
  7. Eppure papa Francesco era già andato oltre allorquando, il 28 luglio 2013, di ritorno da Rio de Janeiro pronunciò la famosa frase: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». L’approccio ecclesiale giusto al tema era quello improntato sulla misericordia o sui sistemi di voto in Parlamento?
  8. Ad ogni modo, non sarebbe guastato in questo contesto, invece delle esibizioni dei tifosi o dei cow boy nel rodeo parlamentare, un forte e radicale richiamo ad un umanesimo che superi il discrimine sessuale per cogliere anche in questi non facili percorsi delle unioni civili una dimensione spirituale. «Come ha scritto il filosofo Karl Jaspers: “l’essere uomo esige la preminenza sull’essere-sesso; maschio e femmina sono, in primo luogo, uomini e sesso solo in secondo luogo. Il che significa che ogni visione del mondo e di se stessi a partire dalla condizione sessuale – che sia etero oppure omo non importa – è necessariamente parziale e va integrata in una più ampia visione spirituale”» (Vito Mancuso, Io amo, pp. 156, Garzanti, 2014).
  9. Nella vita di tutti i giorni è cambiato qualcosa con questa legge? Per molti no, ma per alcuni la vita cambia radicalmente in meglio: non c’è più la necessità o di nascondersi o per comprensibile reazione di esibire/provocare, ma c’è la possibilità, per chi ha una dimensione di amore omosessuale, di vivere una vita di coppia molto più normale, di non avere paura del futuro, anche quando il futuro si fa difficile per la malattia o l’invalidità o la morte del partner, perché ci saranno i riconoscimenti e le tutele del caso. E fino a ieri non era così, va ricordato.
  10. Alla fine ci siamo tutti riempiti la bocca con termini inglesi a cominciare da step child adoption. Pochi sono andati a vedere come si traduceva step child e chi lo ha fatto ha scoperto – se non lo aveva già dedotto lessicalmente – che step child significa di fatto “figliastro”. Sorge allora un dubbio amletico. Per caso, Alfano ha proposto così vigorosamente lo stralcio della step child adoption perché non voleva che si facessero differenze tra figli e “figliastri”?… Mah!

 

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Un commento

  1. Silvano 1 marzo 2016

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