Chi sono i miei fratelli biologici?

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«L’adottato ha diritto, raggiunta l’età di 25 anni, di conoscere le proprie origini accedendo alle informazioni concernenti non solo l’identità dei propri genitori biologici, ma anche quella delle sorelle e dei fratelli biologici adulti, previo interpello di questi ultimi mediante procedimento giurisdizionale idoneo ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della loro dignità, al fine di acquisirne il consenso all’accesso alle informazioni richieste o di constatarne il diniego, da ritenersi impeditivo dell’esercizio del diritto».

È il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con una sentenza decisa nel maggio 2017, ma le cui motivazioni sono state depositate solo il 20 marzo 2018.[1]

Il fatto

Un cittadino, adottato da neonato, propone al Tribunale dei minori di Torino istanza di acquisizione delle generalità delle proprie sorelle biologiche, a loro volta adottate, all’epoca, da una famiglia diversa, con conseguente allontanamento e perdita di ogni contatto e informazione reciproca dall’avvenuta adozione.

Il Tribunale respinge l’istanza, sulla base del dato letterale dell’articolo 28, comma 5 della legge 4 maggio 1983 n. 184 in tema di “Diritto del minore ad una famiglia”: «L’adottato, raggiunta l’età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici».

La decisione del Tribunale viene confermata dalla Corte di Appello di Torino, la quale, a sostegno della reiezione della domanda, afferma che il diritto ai legami familiari è considerato e apprezzato dal legislatore limitatamente alle origini e all’identità dei genitori biologici e non anche dei fratelli o delle sorelle. Nel caso concreto, infatti, è fatto valere il diritto alla relazione con le sorelle biologiche adottate, ma su tale diritto risulterebbe prevalente quello alla riservatezza delle sorelle, tutelato addirittura mediante la sanzione penale a carico di chiunque fornisca qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o riveli in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione.[2]

L’interessato propone ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di Appello e chiede ai giudici di legittimità di risolvere la seguente questione: «Il diritto ai legami familiari è considerato e apprezzato dal legislatore limitatamente all’origine e all’identità dei genitori biologici o anche con riferimento alla relazione con le sorelle o fratelli biologici, alla stregua dell’interpretazione sistematica delle norme sovranazionali e nazionali, confortata dai principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale nonché di legittimità e di merito?».

A sostegno del ricorso per cassazione, viene invocata l’applicazione della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989[3] – meglio conosciuta come Convenzione di New York – nonché la Convenzione dell’Aja sulla protezione dei minori,[4] laddove si impone il rispetto dei diritti del minore ivi compresi quelli volti a preservare la sua identità, il suo nome e le sue relazioni familiari. Si chiede, inoltre, l’applicazione di quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il Tribunale per i minorenni può procedere ad un bilanciamento tra il diritto al legame familiare e il diritto alla riservatezza dei fratelli biologici, che può essere tutelata mediante adeguata istruttoria tendente ad accertare quale potrebbe essere la reazione delle sorelle alla predetta richiesta.

Le motivazioni della decisione

Nell’accogliere il ricorso, i giudici della Corte di Cassazione esplicitano un punto fermo: il diritto a conoscere le proprie origini costituisce un’espressione essenziale del diritto all’identità personale.

Lo sviluppo equilibrato della personalità individuale e relazionale si realizza soprattutto attraverso la costruzione della propria identità esteriore (di cui il nome e la discendenza giuridicamente rilevante e riconoscibile costituiscono elementi essenziali), e di quella interiore, la quale può richiedere la conoscenza e l’accettazione della discendenza biologica e della rete parentale più prossima.

La sentenza rammenta poi che, al fine di temperare l’assolutezza del divieto di conoscere le proprie origini biologiche, contenuto nella legge rispetto alla madre che abbia dichiarato alla nascita di non essere nominata, è intervenuta la Corte Europea dei diritti umani con una sentenza del 2012 (condivisa dalla Corte Costituzionale con una sentenza del 2013), affermando che è necessario stabilire un equilibrio e una proporzionalità tra gli interessi delle parti in causa e che l’esclusione di qualsiasi possibilità di conoscere le proprie origini, propria della legislazione italiana, a differenza di quella di altri Paesi, costituisce una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.[5]

Analogo criterio – affermano i giudici di legittimità – può essere utilizzato per un corretto bilanciamento d’interessi tra l’adottato maggiore di età, che voglia conoscere le proprie origini al fine di aggiungere una tessera di primario rilievo al mosaico della propria identità, e i componenti del nucleo familiare biologico-genetico diversi dai genitori.

Interpretazione costituzionalmente orientata della norma

Secondo la suprema Corte, la norma che afferma che l’adottato, raggiunta l’età di 25 anni, può accedere ad informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici, va interpretata in modo estensivo.

Si tratta di stabilire se la formula legislativa («informazioni che riguardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici») possa essere qualificata come un’endiadi e, conseguentemente, esprimere un concetto unitario per il tramite di due termini coordinati, ovvero se contenga, invece, due ambiti d’informazioni non necessariamente coincidenti.

La prima opzione interpretativa, induce a ritenere che il riferimento normativo all’origine dell’adottato sia soltanto una specificazione dell’ambito delle informazioni che esso ha il diritto di conoscere, da limitarsi all’identità dei soli genitori biologici, ritenendo, di conseguenza, che questa ultima informazione sia idonea a soddisfare l’esigenza conoscitiva relativa alle origini.

La seconda, invece, autorizza a ritenere che, con la formula normativa sopra illustrata, il legislatore abbia inteso non limitare esclusivamente all’identità dei genitori biologici il diritto dell’adottato che abbia raggiunto i 25 anni di età a conoscere le proprie origini ma estenderne il contenuto all’intero nucleo familiare originario, in particolare quando questa indagine sia necessaria per integrare il contenuto del diritto che si vuole esercitare. Il riferimento alle “origini”, congiunto con quello relativo all’identità dei genitori biologici, può implicare uno spettro più esteso d’informazioni, al fine di ricostruire in modo effettivo il quadro dell’identità personale.

Nel cassare la decisione della Corte d’Appello di Torino, la suprema Corte offre un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma in grado di poter valorizzare il richiamo testuale al diritto di accedere alle informazioni sulla propria origine in modo da includervi, oltre ai genitori biologici, in particolare nell’ipotesi in cui non sia possibile risalire ad essi, anche i più stretti congiunti come i fratelli e le sorelle ancorché non espressamente menzionati dalla norma stessa.

Ma il diritto dell’adottato ad accedere alle informazioni concernenti le sorelle e i fratelli biologici adulti è possibile solo procedendo a un preventivo bilanciamento tra la posizione di chi intende conoscere le proprie origini e chi può soddisfare tale esigenza, ma ha anche diritto a non voler rivelare la propria parentela biologica.

Le modalità procedimentali adottabili per garantire l’effettività del diritto possono essere tratte dai numerosi protocolli elaborati dai Tribunali per i minorenni dei diversi distretti giudiziari.


[1] Si tratta della sentenza della prima Sezione Civile della Corte di Cassazione n. 6963 del 20 marzo 2018.
[2] Articolo 73 della legge 4 maggio 1983 n. 184.
[3] Ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176.
[4] Ratificata con legge 31 dicembre 1998 n. 476.
[5] Cf. SettimanaNews.it n. 6/2017, Vorrei sapere chi è mia madre.

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