Vescovi COMECE: Biotecnologie? Parliamone

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“È difficile emettere un giudizio generale sullo sviluppo di organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, per fini medici o in agricoltura, dal momento che possono essere molto diversi tra loro e richiedere distinte considerazioni. D’altra parte, i rischi non vanno sempre attribuiti alla tecnica stessa, ma alla sua inadeguata o eccessiva applicazione. In realtà, le mutazioni genetiche sono state e sono prodotte molte volte dalla natura stessa. Nemmeno quelle provocate dall’essere umano sono un fenomeno moderno. La domesticazione di animali, l’incrocio di specie e altre pratiche antiche e universalmente accettate possono rientrare in queste considerazioni. È opportuno ricordare che l’inizio degli sviluppi scientifici sui cereali transgenici è stato l’osservazione di batteri che naturalmente e spontaneamente producevano una modifica nel genoma di un vegetale. Tuttavia in natura questi processi hanno un ritmo lento, che non è paragonabile alla velocità imposta dai progressi tecnologici attuali, anche quando tali progressi si basano su uno sviluppo scientifico di secoli” (LS 133). Così scrive papa Francesco su un tema che non ha mancato di essere notato per la sua novità ecclesiale: quanto andavano dicendo da anni gli addetti ai lavori veniva ripreso da un pontefice con grande equilibrio.

Lo stesso equilibrio mostrato in questi anni dai vescovi accreditati presso l’Unione Europea: dalla costituzione della Commissione nel 1980 non si contano gli interventi Comece sul tema bioetico dal Working Group di etica della ricerca e della medicina (significativo quello uscito nel febbraio 2015 sulla maternità surrogata).

L’11 gennaio scorso un nuovo contributo sulla biologia sintetica che prende le mosse dalla Laudato Si’. Per biotecnologie o biologia sintetica s’intende la progettazione di componenti biologiche e di sistemi che non esistono in natura oppure la reingegnerizzazione di elementi biologici esistenti. Una nuova branca della Biologia, resa possibile oggi con le scoperte sulla struttura (1953) e sulla ricombinazione del DNA (1973). Una nuova tecnologia che dischiude grandi prospettive tanto che alcuni scienziati la definiscono già come la nuova rivoluzione industriale.
Ma, come è sempre accaduto proprio a partire dalla prima rivoluzione industriale del XVIII secolo, l’uso della tecnica richiede grande prudenza e, soprattutto nel caso in cui si tratti di giungere alle molecole stesse che costituiscono la vita degli organismi (biotecnologie), uomo compreso, i risvolti bioetici sono molteplici. Non si contano le applicazioni che consentono un miglioramento della salute dell’uomo e dell’ambiente: ringraziano i diabetici per l’insulina ottenuta grazie alla tecnica del DNA ricombinante o quanti necessitano di antibiotici e anticoagulanti, e la ricerca procede ora sulla via della lotta alle malattie neurologiche degenerative, sulla sintesi di nuovi farmaci (red biotechnologies), sul miglioramento di piante (white biotech.), sul risanamento ambientale e trattamento dei rifiuti (green biotech.).

“Il potere di trasformazione di queste tecniche oggi si può solo immaginare, scrivono i vescovi, ma certamente esso si amplierà enormemente in futuro, campo d’interesse per l’industria e la politica”. Si spalanca l’immenso campo inesplorato della “biosicurezza” non esente dai “biohacker” e dalla crescita di un “bioterrorismo”.

Se a livello europeo (Group Européen d’Ethique, EGE) e di singoli stati non mancano gli organismi di valutazione etica, la Comece sollecita le istituzioni ad un monitoraggio costante per un’accurata valutazione dei benefici e delle possibili conseguenze in termini di rischi senza dimenticare l’annosa questione dei brevetti che già oggi sta allargando il divario tra ricchi e poveri o l’interrogativo sull’espressione “materiale biologico” (un materiale è merce di scambio, ma l’informazione genetica o parti di organismi, in particolare umani, lo sono altrettanto?).

Ancora una volta l’ultima parola è al papa: “Senza dubbio c’è bisogno di un’attenzione costante, che porti a considerare tutti gli aspetti etici implicati. A tal fine occorre assicurare un dibattito scientifico e sociale che sia responsabile e ampio, in grado di considerare tutta l’informazione disponibile e di chiamare le cose con il loro nome. A volte non si mette sul tavolo l’informazione completa, ma la si seleziona secondo i propri interessi, siano essi politici, economici o ideologici. Questo rende difficile elaborare un giudizio equilibrato e prudente sulle diverse questioni, tenendo presenti tutte le variabili in gioco” (LS 135).

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