Violenza di genere

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Il 25 novembre è la Giornata contro la violenza di genere. Analisi delle sentenze italiane in ordine alle molestie perpetrate in ambito lavorativo.

Il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198), nel sancire un’equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro, definisce le molestie sessuali come discriminazioni costituite da «quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo».

Nonostante le leggi introdotte negli ultimi anni finalizzate a prevenire e a contrastare ogni forma di discriminazione di genere, il fenomeno delle molestie nei luoghi di lavoro continua ad imporsi nell’ambito non solo della riflessione civile ed etica, ma anche di quella giuslavoristica.

Alcune recenti pronunce della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, di seguito richiamate, lo stanno a dimostrare.

Ti licenzio perché ho l’obbligo di tutelare la personalità morale delle lavoratrici

Un lavoratore dipendente che pronuncia epiteti ingiuriosi nei confronti delle colleghe di lavoro, che pone in essere molestie sessuali ai danni di una di loro e che effettua un accesso non autorizzato sul conto corrente del marito di quest’ultima può essere legittimamente licenziato.

Un così grave comportamento, infatti, non solo mette irrimediabilmente a repentaglio il vincolo peculiare di fiducia che si crea tra il datore di lavoro e il lavoratore con la sottoscrizione del contratto di lavoro, ma porta anche a ritenere il licenziamento sorretto da giusta causa e derivante dall’obbligo del datore di lavoro di adottare nell’esercizio dell’impresa – ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile – le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale delle prestatrici di lavoro.

Lo afferma una sentenza (la n. 25977) della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione depositata il 16 novembre 2020.

Il richiamo all’articolo 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico delle lavoratrici, offre l’occasione per ricordare che, in attuazione di questo generale obbligo, il Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81), all’articolo 28, colloca, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli «connessi alle differenze di genere».

Ti licenzio anche se hai patteggiato la pena

Un’altra sentenza del 13 ottobre 2020 (la n. 22075) ha dichiarato giustificato il licenziamento intimato dalle Poste Italiane S.p.a. a un dipendente a seguito di sentenza di patteggiamento, in sede penale, per i reati di violenza privata continuata e di molestie telefoniche, fatti commessi al di fuori dell’ambiente di lavoro ai danni di una collega con la quale aveva intrattenuto una relazione sentimentale.

La sentenza è di notevole interesse, perché interpreta autorevolmente la previsione del Contratto collettivo nazionale di lavoro dei dipendenti Poste Italiane che contempla la possibilità che sia irrogato il licenziamento senza preavviso al lavoratore che riporta una «condanna passata in giudicato per condotta commessa non in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro, quando i fatti costituenti reato possano comunque assumere rilievo ai fini della lesione del vincolo fiduciario».

Al riguardo, la Suprema Corte afferma che, nel prevedere l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento nell’ipotesi di “condanna” del dipendente, il contratto collettivo va interpretato nel senso che è sufficiente che sia stata pronunciata, nei confronti del lavoratore, sentenza di patteggiamento, dovendosi ritenere che le parti contrattuali abbiano voluto con tale previsione dare rilievo anche al caso in cui l’imputato non abbia negato la propria responsabilità e abbia esonerato l’accusa dall’onere della relativa prova in cambio di una riduzione di pena.

Ti licenzio anche perché hai abusato della tua qualifica dirigenziale

Un’altra sentenza del 10 luglio 2020 (la n. 14811) ha ritenuto legittimo il licenziamento in tronco intimato da un Comune ad un dipendente avente la qualifica di dirigente per aver molestato sessualmente una donna nel suo ufficio dopo averla attirata, al di fuori dell’orario di lavoro, con la promessa di un lavoro.

La particolarità del caso sta nel fatto che il contratto collettivo sanzionerebbe, ad avviso del ricorrente, con misure disciplinari conservative (diverse quindi dal licenziamento) i meri atti di molestia, anche sessuale. Interpretazione, questa, che la Corte dichiara destituita di fondamento, in quanto il carattere obiettivamente grave della violazione riscontrata denotano un evidente disinteresse del dipendente al rispetto dei principi generali di correttezza e integrità nell’esecuzione del rapporto di lavoro, tanto più significativo data la qualifica dirigenziale posseduta.

Ti licenzio anche se hai posto in atto la molestia al di fuori dell’ambiente di lavoro

Con una pronuncia del 28 gennaio 2020 (la n. 1890) la medesima Corte ha stabilito che chi molesta, minaccia, diffama e calunnia una collega di lavoro solo perché non accetta la fine del rapporto sentimentale può essere licenziato dal datore di lavoro perché la sua condotta, anche se tenuta al di fuori dell’ambiente di lavoro, è tale da minare il vincolo fiduciario tra le parti del contratto lavorativo.

Interessante, in questo caso, il chiarimento offerto dalla Corte. Il giudice non è vincolato ad applicare le regole dei contratti collettivi in modo rigido. Nel valutare la proporzione tra condotta del lavoratore e licenziamento deve anche tenere conto dei principi radicati nella coscienza sociale e, quindi, di quali comportamenti sono considerati idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario.

Una nuova Convenzione dell’OIL a tutela della dignità della donna lavoratrice

Sul tema delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro, va segnalato che il 21 giugno 2019, nel centenario della creazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), è stata adottata la Convenzione sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro (Convenzione OIL n. 190).

La Convenzione, definita «storica», è stata approvata a larga maggioranza nel corso della 108ª sessione della Conferenza internazionale del lavoro (439 sì, 7 no e 30 astensioni), alla conclusione di un processo negoziale iniziato nel 2015.

Corredata da una raccomandazione esplicativa, adottata anch’essa con un’ampia maggioranza, la Convenzione rappresenta un importante passo in avanti nella lotta alle molestie nel mondo del lavoro.

Il 23 settembre 2020 la Camera ha approvato un disegno di legge di ratifica della Convenzione, che dovrà ora essere approvato dal Senato.

Sarebbe auspicabile che, in sede di ratifica della Convenzione, il legislatore riuscisse a varare un sistema organico di tutele contro le molestie e le violenze nei luoghi di lavoro, potenziando soprattutto le misure necessarie per prevenirle e contrastarle a livello culturale ed esplicitandone nel modo più chiaro possibile i profili civili, penali e amministrativi.

La repressione, pur importante in quanto anche dissuasiva, è comunque insufficiente, essendo necessaria, per marginalizzare il fenomeno, una forte, decisa ed effettiva azione preventiva. Occorre agire innanzitutto a livello culturale, prendendo le mosse dall’educazione scolastica.

Sarebbe utile, ad esempio, indagare sull’effettiva realizzazione di quanto legiferato nel 2015 dalla riforma del sistema nazione di istruzione: «Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dal Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» previsto dalla legge 15 ottobre 2013 n. 119 recante Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.

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