Raccordare gli enti accademici ecclesiastici

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accademie ecclesiastiche

Nella festa dell’Immacolata, lo scorso 8 dicembre 2020, la Congregazione per l’educazione cattolica ha emanato tre Istruzioni parallele, che stabiliscono le linee guida circa l’affiliazione, l’aggregazione e l’incorporazione di un Istituto di studi superiori ad una Facoltà ecclesiastica.

Le tre Istruzioni muovono dal principio di favorire la collaborazione tra diversi enti accademici per aumentare sia il livello della ricerca scientifica sia la qualità della proposta formativa. Infatti, ognuna delle Istruzioni si apre con un esplicito richiamo al documento Veritatis gaudium di papa Francesco, il quale al n. 4 richiama «la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse Istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione le opportune sinergie».

Affiliazione, aggregazione e incorporazione

Affiliazione, aggregazione e incorporazione sono tre parole tecniche utilizzate per individuare la tipologia dell’Istituto che viene collegato alla Facoltà e stabilire ordinamenti coerenti con essa. In tutti e tre i casi, la Facoltà ecclesiastica che accoglie la richiesta di affiliazione, aggregazione o incorporazione rimane l’ente accademico di riferimento: essa ha il compito di vigilare sulla qualità accademica dell’Istituto a lei collegato e, per fare questo, gli statuti definiscono ruoli specifici che le autorità accademiche della Facoltà svolgono nella vita dell’Istituto.

Nel caso dell’affiliazione, l’Istituto collegato potrà rilasciare lauree di primo livello (baccalaureato): la situazione tipica è quella di Istituti che formano i futuri presbiteri e che vengono affiliati ad una Facoltà di teologia.

Nel caso dell’aggregazione, invece, si riconosce che l’Istituto ha un livello accademico tale da promuovere anche specializzazioni particolari: esso infatti può rilasciare lauree di primo e secondo livello (baccalaureato e licenza).

Infine, nel caso dell’incorporazione, si riconosce all’Istituto la capacità di sviluppare la ricerca scientifica in campi di alta specializzazione: esso si collega ad una Facoltà allo scopo di rilasciare titoli di laurea di secondo e terzo livello (licenza e dottorato).

Le tre Istruzioni si sviluppano in modo parallelo, così da definire una normativa organica per regolare i rapporti tra le Facoltà e i vari Istituti ad essa collegati. Ad es. in tutte e tre le tipologie, è sempre la Facoltà a conferire i gradi accademici di laurea, benché a livello operativo il percorso di studi sia realizzato presso l’Istituto ad essa collegato; così come in tutte e tre le tipologie di legame, l’Istituto che si lega ad una Facoltà deve avere una personalità giuridica pubblica a livello di diritto canonico.

Le tre Istruzioni cercano anche di sviluppare una normativa coerente con lo scopo dichiarato di sostenere la crescita del livello scientifico: chiaramente, trattandosi di documenti che riguardano tutta la Chiesa cattolica, esse stabiliscono principi generali e alcuni punti di riferimento, rimandando poi agli statuti delle Facoltà e dei singoli Istituti le norme specifiche.

Ad es., tutte e tre Istruzioni definiscono una procedura per l’erezione dell’Istituto e richiamano il principio generale di non disperdere energie e risorse in una eccessiva frammentazione: «bisogna riflettere accuratamente circa la necessità – o quantomeno la reale utilità – dell’erezione dell’Istituto, a cui non sia possibile provvedere in altri modi».

Non mancano le aporie

La lettura delle Istruzioni non può tuttavia che sollevare alcune domande e perplessità in chi da anni è coinvolto nella vita accademica delle istituzioni ecclesiastiche. Solo a titolo di esempio, ne segnalo tre che a mio parere indicano compiti ancora inaffrontati.

  • La forte disomogeneità tra il baccalaureato in teologia e gli altri corsi di laurea. La Chiesa cattolica ha aderito già da anni a vari percorsi internazionali che vogliono favorire l’integrazione tra i saperi e la collaborazione tra enti accademici diversi. Tra i più rilevanti ricordiamo ad es. i descrittori di Dublino circa le competenze che aiutano a delineare il profilo in uscita dello studente che si laurea e il processo di Bologna con i relativi standard per definire i piani di studio.

Alla luce di questi percorsi, la gran parte dei corsi di Laurea in Europa è oggi strutturata secondo la scansione 3+2: la laurea di primo livello richiede un percorso minimo di 3 anni accademici per un totale di 180 crediti formativi universitari e la laurea specialistica un approfondimento di almeno 2 anni accademici per ulteriori 120 crediti formativi universitari.

Esistono anche corsi di laurea a ciclo unico (es. medicina) che prevedono un primo ciclo di 5 o 6 anni al termine del quale lo studente consegue direttamente il titolo di laurea di 2° livello. Questa scansione è stata accolta anche in molte Facoltà ecclesiastiche e ha reso più facile il riconoscimento di esami e titoli tra studenti di diverse università, siano ecclesiastiche, statali o di altra natura purché riconosciute.

Alla luce di questo quadro appare quantomai “curioso” che il primo ciclo del percorso in teologia si configuri come un ciclo di 3 anni che tuttavia richiede previamente 2 anni di filosofia per poter accedere. Il risultato è che gli studenti di teologia, dopo cinque anni di studi, conseguono un titolo di laurea di 1° livello, mentre tutti i loro colleghi di altre Facoltà, negli stessi anni, hanno conseguito un titolo di 2° livello. Questa discrepanza genera notevoli difficoltà quando si tratta di collaborazioni, riconoscimento di titoli, passaggi da una Facoltà ad un’altra…

  • La normativa attuale continua a collocare le scienze religiose, e i relativi Istituti superiori che le insegnano, su un percorso parallelo e ben poco integrato rispetto alle Facoltà di teologia, nonostante le evidenti analogie dei piani di studi.

È una situazione, questa, che va in direzione opposta rispetto al principio di favorire sinergie tra gli enti accademici. È evidente il dispendio di risorse quando ad es. si chiede a un docente di sacra Scrittura di fare un corso per gli studenti di teologia e di ripeterlo il semestre successivo per gli studenti di scienze religiose.

Si vengono inoltre a creare situazioni complicate e ingiuste. Ad es. uno studente che, per cinque anni, studia teologia consegue un titolo di 1° livello, che però gli consente l’accesso alla licenza in teologia; il suo collega, che ha studiato cinque anni scienze religiose, ha invece già un titolo di 2° livello che tuttavia in ambito ecclesiastico non gli consente l’accesso al 3°livello (dottorato) e nemmeno al 2° livello di teologia (licenza).

  • L’esperienza dell’epidemia ha costretto tutti gli enti accademici a investire ingenti risorse, prima per attivare modalità di lezioni online, poi per creare online anche diverse possibilità di interazione necessarie alla vita accademica come riunioni, collegi, collegamenti alle biblioteche, seminari di studio, convegni…

Cosa succederà una volta che la pandemia sarà finita? Sarebbe sciocco disperdere il patrimonio di competenze che docenti, personale e studenti stanno acquisendo in questi mesi. Come non pensare a sfruttare le potenzialità della tecnologia e le strutture che già sono state create in questi mesi per future collaborazioni tra atenei diversi?

Ad es. si potrebbe favorire una maggiore differenziazione tra i corsi di specializzazione delle università ecclesiastiche, giovando di collaborazioni per singoli insegnamenti da parte di esperti di alto livello che risiedono geograficamente anche molto lontano.

Proporre sperimentazioni

Le Istruzioni della Congregazione nascono dal documento Veritatis gaudium di papa Francesco, il cui proemio descrive i principi di fondo per orientare il cammino degli enti accademici nella Chiesa e costituisce quindi un punto di riferimento imprescindibile.

Chiaramente il compito dell’innovazione non può essere attribuito alle congregazioni della Santa Sede, le quali sono invece chiamate a dare ordine attraverso le funzioni normativa e di controllo.

È invece proprio delle Università e dei vari enti accademici, a misura delle loro capacità, essere coraggiosi nel proporre sperimentazioni e piste di ricerca che consentano non solo di avanzare nell’elaborazione teorica degli argomenti, ma anche di stabilire una configurazione pratica che dia forma e sostenibilità agli ideali proclamati.

L’evento dell’epidemia è emblematico: costretti dalla necessità, tutti gli atenei si sono attivati, in modo differente a seconda delle capacità e delle risorse a disposizione, per dare una risposta significativa ai problemi emergenti e trovare modi nuovi per continuare a perseguire con qualità il proprio mandato. Speriamo di poter riscontrare un simile coraggio anche nell’affrontare gli altri compiti di riforma necessari a promuovere un vero innalzamento della qualità accademica.

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2 Commenti

  1. AC 16 dicembre 2020
    • Marcello Neri 16 dicembre 2020

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