8. L’obiezione di Dante

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In un commento arguto, un bravo osservatore di cose vaticane, che tiene il blog www.rossoporpora.org, dopo aver ricostruito le prime reazioni ad AL con buona documentazione, e aver costatato – forse con un onesto pizzico di malincuore – l’obiettiva evoluzione della disciplina ecclesiale in materia di “amore”, pone una questione curiosa – forzata, ma non troppo – che mette addirittura sulle labbra di Dante Alighieri. La riproduco nel suo cuore qui di seguito, traendola dal blog all’indirizzo: http://www.rossoporpora.org/rubriche/papa-francesco/584-amoris-laetitia-gaudio-progressista-e-una-domanda-di-alighieri-dante.html. Poi replico, sulla base di un “sogno francescano”.

Per vie misteriose e celestialmente traverse ci è giunta a questo punto una domanda eterea posta da Alighieri Dante fiorentino: proprio lui, il sommo poeta, che non manca di seguire – presumibilmente dall’alto – le vicende politiche, sociali ed ecclesiali della varia umanità in cui siamo immersi. Non poteva, gran lettore che è restato, non essere attirato dall’Amoris lætitia, un testo già dal titolo assai  accattivante. Presa poi nota delle interpretazioni date all’esortazione da diversi  illustri pensatori e da cardinali e da vescovi e da parroci – alcuni dei quali in stretta amicizia con l’estensore del testo – l’autore della Divina commedia non ha potuto trattenersi dal porsi qualche domanda e inoltrare (per le vie misteriose e celestialmente traverse già accennate) una prima, fondamentale richiesta, giustificata dalla simpatia che in vita ha sempre dimostrato per una particolare coppia in situazione di vita irregolare.

Quale richiesta? Considerata l’evoluzione palesemente in corso nella Chiesa di Roma, non si potrebbe riconsiderare la collocazione di Paolo Malatesta e Francesca da Polenta? Oggi sono ancora lì, nel secondo girone infernale, cacciativi dal ringhioso Minosse (che giudica e manda secondo ch’avvinghia): e soffrono la pena riservata ai lussuriosi che, trascinati in vita da una passione sfrenata (hanno sottomesso la ragione al talento), sono in balia della bufera infernal che mai non resta. Paolo e Francesca non sono divorziati risposati, ma comunque una coppia irregolare: lei, moglie di Gianciotto Malatesta, si è innamorata, ricambiata, del fratello di lui, Paolo. Corrisponde ancora alla retta prassi pastorale che tali amanti siano fatti oggetti della persecuzione eterna,infernale? Se, osserva il sommo poeta, “discernimento” deve essere, allora discerniamo seriamente. Siamo oggettivi, qui le attenuanti non mancano. La povera Francesca è stata data in moglie per ragioni politiche (pace tra le casate dei da Polenta e dei Malatesta) a Gianciotto Malatesta. Poi: Gianciotto in verità era, riportano le cronache, di aspetto decisamente sgradevole. Ancora: la responsabilità personale di Francesca e di Paolo per l’adulterio va sicuramente ridimensionata. Si sa che, come scrive il sommo poeta, Amore è assai furbetto e ti colpisce rapidamente e di sorpresa: Amor ch’al cor gentil ratto s’apprende… Non solo, c’è di peggio: Amore non sopporta che chi è amato non riami… Amor ch’a nullo amato amar perdona… Insomma: come si può sostenere che Paolo e Francesca potessero resistere allo strapotere di Amore? Il quale poi, per piegare del tutto i due al loro destino e renderli pienamente consapevoli del loro legame che a quel punto erano coscienti fosse peccaminoso, ne aveva pensata una irresistibile: li aveva spinti a leggere il romanzo di Lancillotto, che si era innamorato, ricambiato, della regina Ginevra, moglie di Artù… anche le pagine fatali in cui, scrive Dante, il disiato riso di Ginevra fu baciato da cotanto amante… Un trappolone amoroso in cui cascarono appieno Paolo e Francesca, emulando le gesta di chi li aveva preceduti… quel giorno più non vi leggemmo avante.

Si chiede allora a ragione il sommo poeta – fermo all’ultimo Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica, approvato e promulgato con un motu proprio da papa Benedetto XVI il 28 giugno 2005, in cui l’adulterio era ancora segnalato come «peccato grave» – se la nuova “pastorale” cattolica, imperniata sulla misericordia, non giustifichi anche il trasferimento (eccezionale, certo… ma ormai domina il “caso particolare”) di Paolo e Francesca perlomeno in purgatorio, quasi alla sommità del monte, laddove si purificano tra le fiamme i lussuriosi  in  attesa di salire in paradiso. Avrà risposta il sommo poeta da qualcuno degli interpreti più accreditati dell’Amoris lætitia?

Trovo bella l’idea di mettere “in bocca a Dante” una obiezione di senso comune, che riguarda appunto la naturale sorpresa di fronte ad una “evoluzione” della disciplina ecclesiale, che si rischia di interpretare come “tradimento della dottrina”.

Ma a conforto di questa esitazione, ho avuto anch’io il mio bel aiuto dall’alto: mi è apparso in sogno Francesco, il santo di Assisi, che ha dato una risposta al dubbio di Dante, con queste parole, che trascrivo per la memoria che ne ho conservato al risveglio…

«L’altro giorno ho sentito l’Alighieri che lo diceva, in un piccolo gruppo, e a bassa voce. “Ora dovrei cambiare il mio testo…ora nessuno lo capirà più…” Anche Virgilio lo ascoltava – Virgilio, che da 50 anni ha traslocato qui, dopo Ad gentes – e Virgilio subito prese a parlare così: “Dante, Dante, tu non ricordi quante volte, ormai, ti sei dovuto convertire? Non ricordi quando, d’un tratto, si iniziò anche quassù a sentir parlare di America? Tu dicevi: non può essere. E Ulisse allora – dicevi – dovrò cambiare il finale? Dopo le colonne d’Ercole c’è “il nulla”, non può esserci un continente. Questo nuovo mondo mi sembra contrario alla ragione… E poi, non ricordi quando iniziò a sentirsi prima sussurrare e poi affermare che nella “armonia delle sfere” la terra non era più al centro? Anche in quel caso tu protestavi con forza e volevi avere un colloquio con le autorità…E quando gli uomini cominciarono a pensare di essere “tutti uguali”? Oh, quante notti hai passato insonne! Non lo ricordi più? E nel momento in cui gli schiavi non furono più tali, e tutti cominciarono ad avere stessi diritti e doveri, non sentisti crollare qualcosa dentro di te? E le donne? Non ricordi quanto patisti anche questa novità dei “diritti alle donne”? Non temesti, forse, che anche Beatrice non fosse più quella di prima? Non sentisti tremare la terra sotto i tuoi piedi? Eppure, come vedi, il mondo non è crollato, ma ha trovato la sua strada, strada che muove anche verso Dio, anche senza una gerarchia incontestabile, anche senza gli onori a cui noi tutti, in quella vita, tenevamo così tanto… Io ho cantato i pascoli, le campagne e i condottieri, ma non mi stupisco di questo grande cambiamento…’

Così parlò Virgilio, e Dante lo ascoltò in silenzio, meditando. E io, Francesco,mi limitai ad aggiungere, rivolto al poeta: «Dante fiorentino, tu senti parlare così il tuo maestro, sulla base della sua grande esperienza degli uomini, che brilla anche in Dio. Ma è lo stesso Dio che vuole le sue creature capaci di intendimento e di libertà. Laudato sia Dio per tutte le sue creature. Tra esse c’è anche questa vita di amore che chiamiamo matrimonio e famiglia. È una creatura che cammina, che però non è sempre la stessa. Nel tempo conosce gioie e dolori, la Chiesa la accompagna sempre, ma non può mai sostituirla. Se tu hai scritto di Paolo e Francesca hai dato voce a quello che uomini e donne vivevano al tuo tempo. Ma prima non era sempre stato così e dopo può ben esser diverso da così.

Questo non significa che ciò che è grave non sia più grave. No, Dante, non è questo il punto. Il punto è come la Chiesa reagisce davanti alla gravità delle rotture e quali medicine e farmaci riportano la giustizia nel mondo. Guarda alla tua vita e medita su di essa: ai nostri tempi, la peggiore punizione era o la morte o l’esilio. Oggi, in molte parti del mondo, nessuno è più esiliato e nessuno è più ucciso. Non è che per questo la vita o la patria conti meno di allora. Soltanto le forme della “sanzione” non sono più le stesse.

Ma non basta. Anche il matrimonio è cambiato e non solo in peggio. Oggi sempre meno sono quelli che si maritano “per volontà di altri”. La Chiesa ha fatto tanto perché fosse così, perché ognuno avesse solo nel proprio cuore il proprio sì. Essa ha confidato nei soggetti che si sposavano. Questo è un passo rischioso, ma è l’unica via di grazia. Madonna povertà abita il matrimonio. Per questo è una cosa grande, ma tanto fragile. E non puoi guardare solo la sua ricchezza, ma devi considerare anche la sua povertà.

Così è anche per il peccato di “lussuria”. Se domani, un nuovo Paolo e Francesca, non dovranno morire per quanto hanno fatto, ma pentirsi e vivere ancora, questo non dovrà addolorarti. E il tuo capolavoro di poesia brillerà ancora più luminoso. Non leggono forse ancora Omero anche coloro che non conoscono più la guerra? Leggeranno ancora la tua Commedia anche coloro che non vivranno più lussuria e adulterio come reati per sempre e cause di morte».

Così ho sentito parlare s. Francesco d’Assisi. Era sereno, e aveva una voce dolce e chiara. Ho pensato, al primo risveglio, che in questo sogno avevo trovato altri motivi per capire perché il nostro papa Francesco abbia voluto chiamarsi proprio così.

Pubblicato il 22 aprile 2016 nel blog: Come se non

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