Unioni civili, riflessione etica e scontro politico

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Come previsto il dibattito sulle Unioni Civili da momento di riflessione etico – sociale si è trasformato in scontro politico, quasi servisse solamente ad evidenziare i posizionamenti rispetto al Governo Renzi invece che rappresentare le ragioni delle diverse culture e sensibilità presenti su questo delicato tema nel nostro Paese.

Ed anche le argomentazioni di merito che si ascoltano paiono più improntate a ribadire posizioni monolitiche ed a volte monotematiche del tipo “famiglie arcobaleno vs family day” piuttosto che cercare effettivi argomenti di confronto. Pertanto da una parte basta dire “ho il diritto di crescere il figlio del mio partner comunque sia stato concepito”, dall’altro “la famiglia è una sola, punto e basta” senza cercare neanche minimamente di comprendere le ragioni o comunque le intenzioni dell’altro.

Ancor più risibile diventa la faccenda allorquando si dice “dobbiamo comunque fare una legge perché ce lo chiede l’Europa”, come se la decisione di affrontare situazioni comunque ampiamente presenti nella società civile derivassero da obblighi di riforme strutturali su temi come le pensioni ed il mercato del lavoro e non da un obbligo “morale” di un legislatore, per troppo tempo assente, di intervenire in questa materia. Non possiamo infatti dimenticare che già nel febbraio 2007 un accordo politico per la regolamentazione della materia, per quanto farraginoso, era stato raggiunto con il lavoro di Rosy Bindi e Barbara Pollastrini con la definizione dei cosiddetti “DICO” (“DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi”), ma, anche in quel caso, come per tante riforme annunciate dai Governi Prodi e da altri Governi e mai realizzate fino ad oggi, il tutto si arenò dopo l’ennesimo massiccio family day.

Basterebbe forse da parte dei “family day” provare a comprendere che coppie dello stesso sesso convivono con un progetto di vita che può essere talvolta molto più serio e fondato di quello di altre coppie eterosessuali e che tutelare i diritti fondamentali di questa coppie (il diritto alla salute, allo studio, alla reversibilità della pensione solo per fare degli esempi) è un atto di amore e di equità prima che di civiltà.

E basterebbe forse da parte delle “famiglie arcobaleno” comprendere che “il diritto al figlio” comunque ed a tutti i costi non è forse, anche in una società avanzata, necessariamente segno di una società evoluta, che un utero in affitto forse non è il massimo sia per l’affittante che per l’affittuario, che si può volere bene a un bambino all’interno di una coppia gay molto più che in altre coppie eterosessuali, ma a livello di genitorialità non c’è dubbio che a quel figlio in una coppia gay mancherà in qualche modo uno dei due riferimenti.

Basterebbe un po’ di sapientia cordis, o forse, per dirla come Papa Francesco, un po’ di Misericordia. Ma questo non può essere; deve prevalere l’affermazione del proprio schieramento e subito dopo il posizionamento politico.

Allora avanti con i family day, arcobaleno day, con i commenti politici sui posizionamenti trasversali e con la lente di ingrandimento su come vota Verdini, i cattolici del PD o il Movimento 5 stelle. Avanti così verso unioni certamente più civili di prima in quanto almeno un minimo regolamentate e forse tutelate ma non per questo necessariamente più evolute. “Continuiamo così, facciamoci del male” (Nanni Moretti, “Bianca”, 1983).

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Un commento

  1. don Patrizio Spina 12 febbraio 2016

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