Burkina Faso: dopo il colpo di stato

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vescovi

Ai figli e alle figlie della Chiesa di Dio in Burkina Faso,
a tutti gli uomini e le donne di buona volontà,

dopo l’incontro, avvenuto su iniziativa delle attuali autorità del Burkina Faso, con vari leader religiosi mercoledì 26 gennaio 2022 per dare a essi ragione della loro azione del 24 gennaio, noi, vescovi del Burkina Faso, prendiamo atto dei cambiamenti che hanno avuto luogo. Cambiamenti così bruschi e incostituzionali non sono senza problemi. Se la sicurezza è la prima ragione che ha motivato questi eventi, altre questioni chiedono di essere portate alla luce del giorno: il ritorno degli sfollati alle loro case, la riconciliazione nazionale, le sfide economiche e molte altre che richiedono la partecipazione di tutti.

In questo contesto, vogliamo ricordare che l’autorità è un servizio per il bene comune. Le nuove autorità si faranno carico di organizzarsi adeguatamente per rispondere alle profonde aspirazioni del nostro popolo. Li invitiamo a garantire la sicurezza, l’integrità fisica e la dignità delle persone interessate.

Data la novità della situazione nazionale e le legittime domande che sorgono nella popolazione, possiamo solo invitare insistentemente a pregare e chiedere a Dio di illuminarci e darci il suo Spirito di saggezza, affinché possiamo progredire verso una fine definitiva della crisi e una pace duratura.

Che la Beata Vergine Maria, Regina della Pace, e San Giuseppe, Protettore della Chiesa Universale, accompagnino con la loro potente intercessione il nostro paese nella sua ricerca di riconciliazione, giustizia e vera pace.

Per i vescovi del Burkina Faso
Mons. Laurent. B. Dabire, vescovo di Dori e presidente della Conferenza episcopale Burkina-Nigeria.


Padre Paolo Motta è missionario della Comunità di Villaregia a Ouagadougou in Burkina Faso. Ci scrive questa breve testimonianza dopo il colpo di stato e la deposizione del presidente eletto Marc Christian Kaboré.

Attorno a noi missionari sembra cambiato nulla, salvo il coprifuoco notturno, a cui, peraltro, ci aveva riabituato, qualche tempo fa, la pandemia.

L’analisi politica da qui risulta ancora piuttosto incerta. C’è chi sostiene che il colpo di Stato sia una montatura che ha consentito al presidente Kaboré di uscire di scena, senza infamia e senza lode, di fronte alla crescente complessità della situazione del Paese. Secondo altre voci, invece, si tratta di un vero e proprio colpo mirato ad un netto cambio di linea nell’orizzonte internazionale.

Certamente, in questi ultimi mesi – specie attraverso i social di nostra frequentazione -, abbiamo percepito il crescente sostegno all’indirizzo seguito al colpo di Stato nel vicino Mali: là si sta optando per una definitiva indipendenza, di ogni tipo, dalla Francia, contando sull’aiuto militare della Russia.

Tradotto in concreto, qui in Burkina Faso, questo può significare un governo militare più determinato a combattere il terrorismo islamista nelle zone periferiche in cui questo è maggiormente infiltrato. Si tratterebbe quindi di una nuova versione di populismo di stampo militare, cosa che era stata frequente in vari paesi d’Africa ma che ultimamente sembrava superata; ora invece si ripresenta a causa dei nuovi problemi causati dall’evoluzione geopolitica internazionale.

È possibile che una determinazione militare di questo tipo possa effettivamente eliminare, con le armi, un certo numero di terroristi. Ma colpire nel mucchio può portare, inevitabilmente, a tanti morti tra la popolazione in zona grigia – o senza alcuna colpa alcuna – che vive nei villaggi in cui i terroristi si sono ormai ben introdotti, specie tra i giovani. L’uso delle armi, inoltre, non può certo da sé mutare le condizioni su cui il terrorismo campeggia, come, ancora recentemente, ho cercato di spiegare in un precedente contributo (qui).

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