Cina-Santa Sede: rinnovato l’Accordo

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Manca l’ufficialità, ma l’Accordo sino-vaticano è stato rinnovato dopo l’incontro delle due delegazioni, avvenuto la settimana scorsa a Pechino.

Pochi i dubbi in merito vista la conferma di interesse da parte di papa Francesco espresso in un’intervista alla Reuter (luglio 2022) – e in precedenza alla radio spagnola Cope – e dopo i pareri favorevoli – seppur carichi di prudenza – espressi dai massimi esponenti della diplomazia pontificia (Parolin, Gallagher) e dal portavoce del ministro degli esteri cinese (l’Accordo è stato «attuato con successo per gli sforzi di entrambi le parti»).

I rigidi protocolli anti-Covid hanno reso complicato il dialogo delle due delegazioni, ma è confermato il tono rispettoso e cordiale. Senza che questo abbia addolcito le differenze, espresse con grande chiarezza e decisione.

Impercettibili miglioramenti

Finora la materia del testo è rigorosamente limitato alla nomina dei vescovi (ne sono stati nominati 6 e altri 6 si sono giovati di esso per entrare in diocesi; sembra che una proposta suggerita dalla Cina sia stata rimandata al mittente), ma le nomine vanno a rilento rispetto alla quarantina di diocesi ancora vacanti (sono in tutto 104 secondo i nuovi confini civili).

Non è ancora avvenuto il riconoscimento di tutti i vescovi “illegali”. Restano molto lontani altri temi di grande interesse per Roma: dalla definizione concordata delle diocesi alla formazione dei preti, dal riconoscimento dei religiosi (monaci e di vita attiva) alla possibilità di relazione con le altre Chiese cattoliche nel mondo, fino al contenimento delle soffocanti e onnipresenti vessazioni amministrative (norme per la partecipazione al culto, controllo degli edifici sacri, violenze sulle comunità “illegali” ecc.).

Dal punto di vista diplomatico è in discussione la presenza dell’ufficio vaticano a Hong Kong che i cinesi vorrebbero venisse chiuso. Il principio di “non interferenza” su cittadini cinesi da parte di qualsiasi autorità esterna è declinato in forma parossistica, in contrasto persino con l’evidenza dell’Accordo e il ruolo che in esso è riconosciuto al papa nella nomina dei vescovi.

I cinesi affermano di rispettare l’autonomia dottrinale del cattolicesimo, senza rendersi conto che essa è implicata in molte forme concrete della vita ecclesiale. Il dialogo dovrà continuare anche se i miglioramenti appaiono talora impercettibili.

Per il governo e il partito cinese la conferma dell’Accordo è un successo da esibire all’ormai imminente ventesimo congresso del partito comunista (16 ottobre). Lì verrà deciso se il presidente Xi Jinping riceverà piena sanzione del suo potere o meno.

Il rallentamento della crescita economica, le enormi tensioni con gli USA e molti dei paesi dell’Asia, in particolare attorno all’autonomia di Taiwan, la gestione poco brillante della pandemia e le purghe imposte agli oligarchi e all’aristocrazia “rossa” potrebbero avere un riscontro nelle nomine che l’assemblea voterà senza discussioni.

La “sinizzazione” delle fedi fa parte del “pacchetto” da approvare. In esso è compresa la normalizzazione brutale del buddismo tibetano e l’assimilazione violenta dell’islam uiguri, operazione denunciata recentemente da un rapporto dell’ONU. La dura repressione a Hong Kong, in violazione di accordi internazionali, sarà esibita come una vittoria.

Un pertugio prezioso

Nella vicenda di Hong Kong si registra anche l’insensato accanimento delle forze di polizia verso l’anziano cardinale J. Zen che andrà a processo fra il 19 e il 23 settembre.

In un recente incontro con Giovanni Criveller ha detto: «“Ho perso tutte le battaglie, ma sono felice”. Mi ha raccontato con naturalezza del suo arresto e delle udienze in corte, ma soprattutto del bene che fa visitando le carceri. Incontra persone che vivono vicende di trasformazione interiore lontano dai riflettori, ma non per questo meno straordinarie» (Mondo e Missione, 5 settembre).

La sua possibile condanna peserà sulla ricezione mediale del prezioso lavoro diplomatico della  Santa Sede che ha recentemente accolto le positive nomine che il congresso dell’associazione patriottica cattolica ha compiuto. Hanno colpito favorevolmente le nomine al vertice sia dell’Associazione patriottica, sia della Conferenza episcopale (Wuhan, 18-20 agosto): Giuseppe Li Shan (Pechino) e Shen Bin (Hainmen).

I due organismi, non riconosciuti dal Vaticano per la politicità del primo e la non universalità del secondo, hanno conosciuto uno sviluppo contrapposto. In seguito all’accordo sino-vaticano del 2018, l’Associazione patriottica ha perso potere non gestendo autonomamente le nomine episcopali, mentre è in crescita la Conferenza episcopale dove tutti i vescovi sono ora riconosciuti da Roma.

In un contesto di crescente e pericolosa tensione internazionale, il pertugio tenuto aperto da Roma ha un significato ben più ampio dei suoi contenuti diretti.

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2 Commenti

  1. anima errante 8 settembre 2022
  2. Gian Piero 8 settembre 2022

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