Europa: oltre i “principi non negoziabili”

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Un’Europa dei valori più che delle istituzioni, un’unità dei popoli più che la condivisione delle formali distinzioni dei poteri della democrazia: questa sembra essere la visione del futuro europeo nuovamente espressa dall’episcopato polacco dopo le recenti elezioni presidenziali (cf. SettimanaNews: Rieletto Duda; Il tormento dell’anima cattolica).

Intervenendo al quarto congresso internazionale del movimento Europa-Christi – Mundus Christi (Wigry, 17 luglio 2020), il presidente della Conferenza episcopale, mons. Stanislaw Gadecki, vescovo di Poznan, ha ripreso l’immagine del «muro invisibile» o del «muro spirituale» espressa a suo tempo da Giovanni Paolo II. «Dobbiamo costruire un’Europa che non riguardi solo l’economia, ma si riferisca ai valori inalienabili della priorità della persona umana; un’Europa che riconosce con coraggio il proprio passato e guarda con fiducia al futuro per vivere pienamente il presente. È il momento di abbandonare l’idea di un’Europa impaurita e introversa per costruire un’Unione ricca di conoscenza, arte, musica, valori umanistici e valori della fede».

Il caso polacco

Il suo intervento parte da una citazione indiretta di papa Francesco, ma si attesta sul registro di papa Wojtyla. La citazione inespressa è l’immagine delle stanze di Raffaello in Vaticano dove, nella Scuola di Atene, Platone addita il cielo mentre Aristotele indica la terra. L’immagine «dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica di affrontare le situazioni e i problemi» era evocata da papa Francesco nel discorso al parlamento europeo (25 novembre 2014).

Le citazioni dirette nel discorso di mons. Gadecki sono quelle di papa Giovanni Paolo II in due momenti distinti. Il primo, espressamente positivo, è quello dell’omelia a Gniezno (1979) nel primo viaggio in Polonia: «Non vuole forse Cristo, non dispone forse lo Spirito Santo, che questo papa polacco, papa slavo, proprio ora manifesti l’unità spirituale dell’Europa cristiana? Sappiamo che questa unità cristiana dell’Europa è composta da due grandi tradizioni: dell’Occidente e dell’Oriente». Il respiro del continente con i due polmoni chiede ai cristiani dell’Est che «nell’epoca della ricerca della nuova unità dei cristiani, nell’epoca del nuovo ecumenismo, con noi cooperino a questa grande opera nella quale è presente lo Spirito Santo».

Dopo il crollo del muro, l’unificazione tedesca e il rifiuto dei governi di inserire nel Trattato costituzionale il richiamo alle radici cristiane del continente, il giudizio del papa diventa critico. Nell’omelia a Gniezno il 3 giugno 1997 afferma: «Non sarà che dopo la caduta di un muro, quello visibile, se ne sia scoperto un altro, quello invisibile, che continua a dividere il nostro continente – il muro che passa attraverso il cuore degli uomini? È un muro fatto di paura e di aggressività, di mancanza di comprensione per gli uomini di diversa origine, di diverso colore della pelle, di diverse convinzioni religiose; è il muro dell’egoismo politico ed economico, dell’affievolimento della sensibilità riguardo al valore della vita umana e alla dignità di ogni uomo. Perfino gli indubbi successi dell’ultimo periodo nel campo economico, politico e sociale non nascondono l’esistenza di tale muro. La sua ombra si estende su tutta l’Europa. Il traguardo di un’autentica unità del continente europeo è ancora lontano. Non ci sarà l’unità dell’Europa fino a quando essa non si fonderà nell’unità dello spirito». «Le fondamenta dell’identità dell’Europa sono costruite sul cristianesimo. E l’attuale mancanza della sua unità spirituale scaturisce principalmente dalla crisi di questa autocoscienza cristiana».

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Ascoltare i sovranisti

Lo spazio critico per l’assenza di attenzione ai temi spirituali e morali, entro il quadro dei cosiddetti principi “non negoziabili”, è stato più volte espresso dall’episcopato polacco e da quello dei paesi dell’Est, e interpretato, più o meno correttamente, come parte del movimento politico-sociale del sovranismo.

Come ha fatto notare mons. Celestrino Migliore, attuale nunzio a Parigi dopo un’esperienza polacca e russa, c’è nell’Europa una «policrisi» (economica, migratoria, legata alla Brexit, al confronto con i paesi di Visegrad e ora per le conseguenze del Covid-19), «ma c’è anche una crisi di valori liberali su cui l’Unione si è costruita e porta avanti con assolutezza. C’è una crisi non solo istituzionale ed economica, ma anche una competizione di idee e impostazioni che crea una nuova linea di divisione, un nuovo sipario, che rischia di riecheggiare in qualche maniera l’antica cortina di ferro» (cf. Le ragioni dei sovranisti dell’Est).

Volere imporre indirizzi legislativi liberali in ordine all’aborto, alle convivenze etero e omosessuali, alle pratiche eutanasiche «fa perdere ad essi il sapore della libera conquista culturale», come ha detto mons. Claudio Guggerotti, ex nunzio in Ucraina. I diritti non suonano bene se percepiti come imposizioni. «È evidente che l’atteggiamento servile nell’acquisire i valori su cui si basa la convivenza della società non può costituire un segno di progresso, anche se (alcuni) dei contenuti possono essere oggettivamente validi».

Gadecki e i valori

L’intervento di mons. Gadecki sviluppa i temi della famiglia, della scuola, dei migranti come emblematici dei problemi da affrontare. La famiglia unita, feconda e indissolubile, contiene gli elementi fondamentali per dare futuro. «Senza questa solida base la società è costruita sulla sabbia, con gravi conseguenze» che condizionano non solo i figli ma anche gli anziani.

Le istituzioni educative, scuola e università in particolare, sono chiamate non solo a fornire conoscenze tecniche e informazioni puntuali, ma debbono favorire il complessivo processo di sviluppo umano. «Esiste un grande potenziale creativo in Europa in vari settori della ricerca scientifica, alcuni non ancora adeguatamente esplorati. Penso, ad esempio, alle fonti energetiche alternative» e alla protezione dell’ambiente. Uscire dalla dipendenza del carbone verso altre fonti energetiche è una priorità del paese.

Molto viva la discussione sull’emergenza migratoria che il governo e l’opinione pubblica che lo sostiene ritiene adeguatamene affrontata dalla presenza nel paese di 1.200.000 ucraini, ma anche bielorussi, georgiani e moldavi, mentre si chiudono le porte ai rifugiati medio-orientali, asiatici e africani, che l’Unione vorrebbe distribuire per non fare esplodere i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Mons. Gadecki tiene il punto sul diritto di chi «lascia la propria patria in ragione della minaccia alla sua vita, salute o libertà», di chi affronta difficoltà e disagi rischiando anche la propria vita per una prospettiva migliore per sé e la sua famiglia.

«Allo stesso tempo, si dovrebbe tenere presente la differenza fondamentale che esiste tra i rifugiati che fuggono dal paese per motivi politici, religiosi, etnici in contesti di persecuzioni e guerre, e chi invece cerca semplicemente l’ingresso illegale nel paese, coloro che fuggono solo per migliorare la propria situazione finanziaria». «Qui i singoli governi hanno il diritto di agire contro l’immigrazione clandestina nel rispetto dei diritti umani». Anche se la sicurezza nazionale non può essere invocata come il punto di riferimento più importante.

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Russia – Polonia – Visegrad

Il sostanziale consenso all’indirizzo del governo di orientamento conservatore è inteso dentro un rapporto della Chiesa sulla società che si rifà ai “principi non negoziabili”, al diritto ecclesiale di condizionare il legislatore e non solo di partecipare alla discussione civile. Lo stesso presule aveva scritto nel 2019: «Sono consapevole del fatto che, per quanto riguarda l’ordine delle questioni mondane, potrebbero esserci anche legittime differenze di opinioni tra i cattolici. Il pluralismo tuttavia non può significare relativismo morale. I principi etici fondamentali – a causa della loro natura e del loro ruolo nella vita sociale – non possono essere oggetto di negoziati».

Una posizione largamente condivisa nell’episcopato ma che trova conferma in una singolare consonanza con la Chiesa ortodossa russa. In un testo firmato dalle due Chiese nel 2012 si dice: «I principi morali fondamentali basati sui dieci comandamenti sono messi in questione sotto il pretesto di affermare il principio del secolarismo o la protezione della libertà. Siamo di fronte alla promozione dell’aborto, dell’eutanasia e delle relazioni omosessuali, insistentemente ostentate come una forma di matrimonio; è favorito uno stile di vita consumistico, i valori tradizionali sono rigettati, mentre i simboli religiosi sono rimossi dallo spazio pubblico».

Le necessarie forme della democrazia

Posizioni legittime e utili per mostrare i limiti di un laicismo a-valoriale e ideologico che talora emerge dagli ambienti dell’Unione, ma che dovrebbe essere accompagnato da una consapevolezza istituzionale e dalla difesa di alcuni principi democratici fondamentali come il rispetto della libertà di informazione e l’autonomia della magistratura come terzo potere dello stato (oltre a quello legislativo e di governo).

È in atto in Polonia e nei paesi di Visegrad (Cechia, Slovacchia, Ungheria) un duro confronto interno sul ruolo dei media sia privati che pubblici e sulla libertà della magistratura rispetto all’intervento governativo. Ricordo le durissime e solitarie parole di mons. T. Pieronek che bollava quelle che allora erano proposte di riforma del sistema giudiziario: «questo paese cammina verso la dittatura di fatto». E un gesuita come J. Prusak dà voce a una più diffusa percezione di una alleanza indebita con la destra politica: «In questi ultimi anni è stato propagato un discorso pericoloso, sia dai responsabili ecclesiali sia dal potere attuale. E cioè che un buon cattolico non può votare che il PiS (il partito conservatore)».

Progetto europeo: fondamentale

Non contrapponibile ma di altro tono l’intervento (ultimo in ordine di tempo) di papa Francesco sull’Europa. Parlando ai diplomatici presso la Santa Sede il 9 gennaio scorso, ha parlato così dell’Europa: «Fin dai primi anni la Santa Sede ha guardato con interesse il progetto europeo, ricorrendo quest’anno il 50° anniversario della presenza della Santa Sede come Osservatore presso il Consiglio d’Europa, così come lo stabilimento delle relazioni diplomatiche con le allora Comunità Europee.

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Si tratta di un interesse che intende sottolineare un’idea di costruzione inclusiva, animata da uno spirito partecipativo e solidale, capace di fare dell’Europa un esempio di accoglienza ed equità sociale nel segno di quei valori comuni che ne sono alla base. Il progetto europeo continua ad essere una fondamentale garanzia di sviluppo per chi ne fa parte da tempo e un’opportunità di pace, dopo turbolenti conflitti e lacerazioni, per quei paesi che ambiscono a parteciparvi».

La ridefinizione dell’egemonia mondiale favorita anche dal Covid-19, la fine dell’egemonia atlantica, la nuova guerra fredda tra USA e Cina fanno dello spazio europeo uno snodo fondamentale per la salvaguardia della pace e il dialogo fra le nazioni, oltre che l’unico contesto in cui le singole nazioni possono continuare ad avere un rilievo mondiale. Ogni legittimo confronto valoriale e culturale interno dovrebbe tenere conto del rilievo delle istituzioni comunitarie per non risultare subalterno agli interessi altrui. Uscire dal quadro di una teologia “naturalistica” è condizione per la Chiesa ai fini di un contributo positivo al cammino continentale.

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2 Commenti

  1. Tullio Zanin 13 agosto 2020
  2. Giampaolo Centofanti blog 13 agosto 2020

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