Giù le mani dall’Africa

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viaggio

Papa Francesco è finalmente arrivato nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) come pellegrino di riconciliazione e di pace.

Il suo primo discorso, rivolto alle autorità politiche e diplomatiche e alla società civile, ha avuto il diamante come immagine di riferimento.

Il diamante è un minerale che occupa un posto molto significativo nella vita e nella storia della RDC. Per la sua forza e bellezza, il suo valore è infatti oggetto di desiderio di svariate multinazionali; per ottenerlo è spesso in gioco la vita di tante persone e l’autonomia della stessa nazione; da possibilità di aiutare la gente a vivere meglio, diventa causa di impoverimento…

Qui c’è già un’allusione a chi sfrutta le persone e il territorio del Congo togliendo loro gran parte delle ricchezze necessarie ad una vita dignitosa. Papa Francesco dice che i congolesi sono molto più preziosi dello stesso diamante.

Dal valore del diamante poi il pontefice sottolinea il valore della nazione stessa e, considerandone le sfaccettature, mette in rilievo l’importanza delle diversità di ciascuno, dei gruppi, delle etnie, delle culture.

Se, dunque, da una parte, assume importanza l’unità della nazione e la difesa di questa unità, affidate soprattutto alle autorità politiche, dall’altra, come sfaccettature dello stesso diamante, richiama le responsabilità di ciascuno. Ciascuno deve fare la propria parte per realizzare l’auspicio presente nell’inno nazionale, di costruire un Paese sempre più bello.

Purtroppo il nuovo colonialismo, non più solo politico ma soprattutto economico, impedisce una vera crescita integrale della nazione. Ai fattori esterni di questo impedimento, agli sfruttatori di ogni tipo, il papa dice di tenere giù le mani dal Congo e dall’Africa.

Alle autorità locali e alla gente ricorda che ciascuno ha una sua responsabilità. Il potere trova il suo senso nel servizio e deve stare vicino alla gente non per ottenere consensi, ma per servire. Ingiustizia e corruzione non producono splendore. Come dal diamante grezzo si arriva alla limpidezza, così, attraverso l’educazione dei bambini, la loro protezione e l’accompagnamento, si arriva ad uno splendore degno della dignità umana. In questo pensiero il papa inserisce uno spazio importante denunciando il lavoro minorile e lo sfruttamento delle ragazze in diversi settori della vita.

Anche la Chiesa e le altre espressioni religiose hanno le loro responsabilità e devono far risplendere la luce del Vangelo che proclamano, come la limpidezza del diamante.

La partecipazione di tutte le parti della società costituisce la base della speranza di tutto il popolo.

Infine, a partire dall’importanza mondiale della foresta equatoriale presente nel Congo, e dalla provenienza del diamante dalla terra, papa Francesco tocca il tema del rispetto del creato.

Un’ultima parola è per chi vuole aiutare lo sviluppo del Paese: non si tratta di presentare modelli che vengono da fuori, non rispondenti alla cultura locale, ma piuttosto modelli sanitari e sociali che non rispondano solamente a urgenze di un momento, ma contribuiscano ad una crescita sociale effettiva, con strutture solide e personale onesto.

La durezza del diamante suggerisce il coraggio di tutti per una ripartenza sociale inclusiva.

Con molto rispetto, in modo positivo e propositivo, papa Francesco ha toccato e sottolineato la presenza di diverse problematiche che pesano sulla storia attuale della RDC, per cui nel suo discorso si possono trovare costatazioni e parole che riguardano l’unità territoriale del Congo, le minacce dei paesi confinanti, lo sfruttamento straniero delle risorse minerarie, la colonizzazione economica, il problema atavico della lotta tra etnie diverse, la concezione del potere poco democratico, la corruzione… Ma, nonostante tutte queste problematiche, il pontefice ribadisce che tutti devono essere impegnati per rialzarsi: individui, società civile, Chiesa e gruppi religiosi, politici ed economisti.

La brillantezza e il valore del “diamante Congo” dipenderà dalla capacità di tutte queste componenti di sgrezzare ciò che ancora non lo fa brillare.

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